Un anno fa, papa Francesco celebrava la risurrezione di Cristo rivolgendo il proprio pensiero a tutti coloro che erano stati direttamente colpiti dal coronavirus: i malati, i morti, i familiari che piangevano per la scomparsa dei cari, cui spesso non erano nemmeno riusciti a dare un ultimo saluto; e poi, ovviamente, i medici e gli infermieri che stavano ovunque dando testimonianza di amore e cura fino allo stremo delle forze. Il Papa parlava della paura e della vulnerabilità delle nostre vite, invitandoci a risorgere insieme al Signore e a mettere da parte egoismi e divisioni, indifferenza e dimenticanze. [...] Oggi, è l’anima che soffre e che fatica a trovare le parole giuste per nominare questa sofferenza e questo vuoto, e disperdere così le tenebre della nostra povera umanità. Ma Cristo risorge anche quest’anno. E forse mai come oggi abbiamo bisogno di risorgere con lui. Risorgere dentro e sperare. Credere che la vita sia più forte della morte non perché la morte non faccia parte dell’esistenza, ma perché ci sono strade da percorrere e eventi da attraversare e sogni da realizzare e poi l’amore, che sopravvive anche quando si è perso tutto il resto. Intendiamoci. Anch’io sono stanca, anzi, stanchissima. Spesso scoraggiata. A tratti persino disperata. Quella disperazione che forse conosce davvero solamente chi, un giorno, ha pensato che il dolore della propria esistenza fosse troppo grande per continuare a battersi, andare avanti, non tentare il suicidio. Quella disperazione che pensavo che non avrei mai più sentito, ma che è lì, perché ci sono cose del nostro passato che non passano mai, e quando il presente assomiglia di nuovo a una stanza senza porte e senza finestre, è difficile trovare all’interno di sé quella forza e quell’energia che sono necessarie per buttare il cuore al di là dell’ostacolo. È per questo che mi permetto di parlare di speranza. E di quell’amore che resta. E della vita che è più forte della morte. E della risurrezione di Cristo che ci invita a risorgere insieme a lui. Cose che, con la resilienza di cui tanti, troppi, parlano di continuo, non c’entrano nulla. Perché non è vero che dobbiamo per forza imparare ad assorbire gli urti senza romperci. Il punto non è questo. Sono convinta che abbiamo tutti il diritto di non essere capaci di affrontare come si dovrebbe gli eventi traumatici della nostra esistenza, e a volte anche di romperci. Il punto è la capacità di rialzarsi in senso anche psichico: accettare di cadere e di sbriciolarsi, ma poi ricominciare.
Michela Marzano, La Repubblica (4/4/2021)
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