nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

martedì 30 marzo 2021

Sabbia

Nessuno ci crede quando lo sente dire, eppure il mondo sta finendo la sabbia. Ne abbiamo consumata troppa, ne resta poca e il processo che ne crea di nuova con l’erosione della pietra è lento, richiede molti secoli. Ogni anno ne consumiamo 15 miliardi di tonnellate e dal 1990 la domanda è cresciuta di tre volte: di questo passo arriveremo a 40 miliardi l’anno entro il 2050. La sabbia ci serve per costruire case, strade, ponti, ferrovie, pannelli solari, chip elettronici, vetro per le finestre, per gli schermi delle tv, dei computer e degli smartphone; persino nei dentifrici ce n’è un po’.La Terra ci sembra piena di sabbia: ce n’è a perdita d’occhio nel Sahara e negli altri deserti, ce n’è a volontà sulle spiagge e sul fondo del mare. Ma quella utile a fabbricare le cose di cui abbiamo bisogno è poca. I granelli di sabbia del deserto, erosi dai venti, assumono forme levigate, e non servono a niente. La sabbia marina e fluviale invece si aggrega meglio e viene usata per il calcestruzzo. Una tonnellata di cemento richiede sette tonnellate di sabbia e ghiaia, e ce ne vogliono quindi quasi 200 per costruire una casa. Per un chilometro di autostrada ne servono 30 mila. [...] La sabbia usata ogni anno dagli esseri umani è così tanta che sarebbe sufficiente a costruire un muro di 27 metri di altezza per 27 metri di larghezza intorno al pianeta, e la crescente domanda di questa materia prima ha dato vita a un fiorente mercato nero, alimentato da mafie ben organizzate. In Giamaica, meravigliose spiagge come quella di Negril sono devastate dal prelievo illegale, fatto con i secchi da manodopera locale. In Sierra Leone nei luoghi di estrazione sono sorte baraccopoli dove dilagano droga, alcol e prostituzione. In Vietnam e Cambogia è lo stesso, alle Maldive ci sono pescatori di sabbia che si immergono per pochi dollari al giorno.La percezione che la sabbia sia un bene largamente disponibile, quasi infinito, è molto forte e questa è probabilmente la ragione per la quale nessuno si occupa del problema. Eppure ci sono soluzioni già disponibili e altre se ne potrebbero trovare. La città di Zurigo sta ad esempio costruendo edifici con il 98 per cento di cemento riciclato e Amsterdam si è impegnata a dimezzare il proprio utilizzo di risorse naturali entro il 2030. Si studiano edifici fatti con materiali derivati dal riciclaggio dei rifiuti, o con paglia di riso, rivelatasi altrettanto resistente del calcestruzzo. Anche il vetro si può riciclare, si possono fare tante cose, volendo farle. Ma usare la sabbia ha un beneficio facile ed immediato; lasciarla dov’è è meglio per l’ambiente, ma costa di più. Dunque ci occuperemo sicuramente del problema, ma solo quando la sabbia sarà finita.

Vittorio Sabadin, La Stampa (7/3/21)

Canzone del giorno: Un pungo di sabbia (1971) - Nomadi
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sabato 27 marzo 2021

Tutti parlano

Tutti parlano

Non sento una parola di quel che dicono
Sento solo gli echi della mia mente 

La gente si ferma a guardare
Non posso vedere i loro volti

Vedo soltanto le ombre nei loro occhi

Fred Neil, Everybody's talkin' (1966)

Canzone del giorno: Everybody's talkin' (1966) - Fred Neil
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mercoledì 24 marzo 2021

Selezione

 «Mentre dormiamo il cervello compie un’importante operazione: taglia una buona parte dei nuovi collegamenti che si sono creati durante il giorno e cancella le informazioni considerate irrilevanti. Fa una selezione, insomma. Ogni notte, le migliaia di miliardi di sinapsi della nostra corteccia si assottigliano di circa il 20 per cento. È un’operazione indispensabile per evitare che il cervello raggiunga un punto di ingolfamento informativo».

Già. Non ci pensiamo mai ma ogni attività mentale consuma energia. È anche per questo che a volte preferiamo non approfondire la verità dei fatti e credere invece alle convinzioni, più facili e più comode?

«È un punto delicato questo: rispondo, come sempre, rifacendomi al funzionamento del nostro organo cerebrale. Sì, in effetti è vero che il nostro cervello tende a lavorare poco, ma solo perché deve risparmiare energia. Abbiamo visto quanto sia complesso il suo meccanismo, quante siano le connessioni da fare anche solo per elaborare un pensiero o una parola. Ecco allora che subentrano le convinzioni, le idee precostituite. Qualche volta è più comodo prendere delle scorciatoie, il cosiddetto pensiero rapido: non approfondire un fatto ma basarsi su una convinzione».

Quando scatta? 

«Il pensiero rapido si ha quando, davanti a valutazioni complesse e ricche di molti dati, la mente utilizza scorciatoie mentali e risponde rapidamente in modo intuitivo, evitando complicate analisi. Il pensiero razionale e lento, al contrario, nel prendere le sue decisioni vaglia tutte le diverse informazioni che provengono dai sensi e attiva meccanismi complessi che coinvolgono la memoria, l’attenzione, la volontà, in una parola il sistema nervoso nelle sue proprietà cognitive più sviluppate, la mente».

Dunque anche dimenticare è un modo per risparmiare energia.

«Sì, anche dimenticare è un modo alternativo di mantenere l’efficienza del sistema».

Con il pensiero rapido e con le scorciatoie mentali si arriva così ai cosiddetti «fatti alternativi» o fake news?

«Tenga conto che i social sono una forma perfetta di sclerotizzazione del pensiero. Restiamo nella bolla convinti di essere nel giusto, quando invece ci limitiamo ad ascoltare persone che la pensano come noi».

Giulio Maira, Neurochirugo (da un’intervista a Roberta Scorranese, Corriere della Sera – 5/12/2020)

Canzone del giorno: Roll Of The Tumbling Dice (1996) - Lonnie Brooks
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lunedì 22 marzo 2021

Zampe

Secondo una ricerca olandese dell’università di Utrecht, le zampe dei cani guida e di quelli da compagnia sono molto più pulite e igieniche delle suole delle scarpe dei loro padroni. Dallo studio è emerso che il 72% delle zampe esaminate risultava libero dalla contaminazione da enterobatteri, mentre solo il 42% delle suole delle scarpe ne era privo.

ItaliaOggi, 12/3/21


Canzone del giorno: Every Dog Has His Day (2001) - Janiva Magness
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sabato 20 marzo 2021

Polarizzazione

Ancora una volta dall’inizio della pandemia stiamo per cadere nella trappola della polarizzazione.
 Come sempre la posta in gioco è molto alta, in questo caso si tratta del buon esito della campagna vaccinale. Negli ultimi giorni, sui social ma non solo, è facile imbattersi in posizioni estreme: accanto ai soliti anatemi no-vax, è comparsa una nuova forma di irragionevolezza, quella di chi si dichiara così esasperato dalla situazione e così ciecamente fiducioso «nella scienza» da supplicare che gli venga iniettata qualsiasi cosa, russa cinese cubana non importa, approvata dagli enti regolatori o meno. Non voglio mettere i due estremismi sullo stesso piano (sebbene si tratti di posizioni dal simile stampo fideistico). Ma è doveroso chiedersi se il fanatismo vaccinale sia davvero la strategia più conveniente per tutti in questo momento, tenendo conto che lo scopo ultimo è chiaro: fare in modo che il maggior numero possibile di persone sia disposto a vaccinarsi al più presto. Nel tempo sono stati tentati diversi approcci per vincere le resistenze verso i vaccini: dalla spiegazione spassionata e razionale all’esaltazione enfatica di quanto nel secolo scorso abbiano allungato la nostra aspettativa di vita, dalla persuasione dolce tramite testimonial illustri con la spalla scoperta, fino alla coercizione senza se e senza ma. [...] Comunque sia, tra i no-vax e gli indignados dell’interruzione di AstraZeneca si colloca la percentuale molto più cospicua degli italiani dubbiosi. Tutte le variazioni dei «sì, ma non adesso», «sì, ma non quello», «magari tra qualche mese», «non mi convince del tutto». Timori che hanno un loro fondamento, se non di razionalità scientifica, almeno di ragionevolezza umana. La vaccinazione è un’azione molto più delicata di quanto venga normalmente proclamato, investe aree ampie dell’intimità e del credere: si tratta di farsi inoculare qualcosa, di alterare il nostro organismo, con tutte le suggestioni che ne conseguono. In più, attorno alla vaccinazione specifica per il Covid, si sono addensate delle diffidenze nuove. La rapidità con cui i vaccini sono stati resi disponibili (un successo della modernità, che per molti risulta sospetto), la varietà di vaccini, gli inevitabili aggiustamenti in corsa sui modi e i tempi di somministrazione, questo stop e gli altri che ci saranno, la quantità di sorprese spiacevoli che il Covid ci ha riservato in soli dodici mesi e che ce ne fa presagire altre, la stanchezza: tutto questo contribuisce a creare in molti delle riserve istintive più che comprensibili. E che andrebbero innanzitutto rispettate. [...] Tuttavia, oltre quella tappa fondamentale, il Covid esisterà ancora e sarà lo stesso di prima, con la sua percentuale di casi gravi e di decessi anche tra i non vulnerabili, con i suoi strascichi lunghi di spossatezza. Ci saranno ancora focolai. Sarà possibile, per molti mesi e a meno di non essere personalmente vaccinati, prendersi la malattia. La scelta, in questi termini, diventa ben posta e tutto sommato semplice, perché non riguarda più la comunità ma soltanto me: preferisco rischiare il Covid o «rischiare» il vaccino, qualsiasi cosa queste espressioni suscitino nella mia mente? La scienza e i dati non lasciano dubbi al riguardo, ma può darsi che i dubbi restino comunque. La mente umana è fatta così, valuta i pericoli a modo suo. Se i dubbi restano, vanno fugati, con pazienza e disponibilità all’ascolto. Vediamo di farlo con tutte le energie, affinché si disaccoppino al più presto le curve del contagio, ma senza disaccoppiarci noi, prima, dai timori delle persone. Perché, se accade, avremo perso tutti.

Paolo Giordano, Il Corriere della Sera (18/3/21)

Canzone del giorno: So Right, So Wrong (1982) - Paul Carrack
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giovedì 18 marzo 2021

Ricomincio da tre

Gaetano (Massimo Troisi): Io dimane parto. Cioè dimane me ne vaco a Firenze, addu...addu zia Antonia...

Lello (Lello Arena): E 'n'ata vota Firenze, e 'n'ata vota zia Antonia, e poi nun parte maje.

Gaetano: Cioè, se ti sto dicendo che parto, parto... e po' me ne vaco, Rafe', nun 'nce 'a faccio cchiù! Cioè, chello che è stato è stato, basta! Ricomincio a tre!

Lello: Da zero!

Gaetano: Eh?

Lello: Da zero! Ricominci da zero!

Gaetano: Nossignore, ricomincio da... cioè, tre cose me so' riuscite dint' 'a vita, pecché aggia perdere pure chelle? Che aggia ricomincia' da zero?! Da tre!... 

Massimo Troisi, Ricomincio da tre (marzo 1981)

Canzone del giorno: Notte che se ne va (1981) - Pino Daniele
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martedì 16 marzo 2021

Sospensione

Una volta che sarà chiaro quello che potrà fare l’Ema per provare a sedare il panico generato dalla sospensione improvvisa in diversi paesi europei del vaccino AstraZeneca bisognerà fermarsi un attimo e chiedersi, dopo esserci leccati ancora una volta le ferite generate da un principio di precauzione che tiene purtroppo in ostaggio l’Europa, cosa potrà fare un paese come l’Italia per evitare di trasformare la paura, la paura del vaccino, in un virus non meno pericoloso rispetto a quello pandemico. L’Ema giovedì (faster, please) emetterà una raccomandazione sul vaccino AstraZeneca che i governi di Italia, Germania, Francia e Spagna – che ieri hanno sospeso in via precauzionale la somministrazione del più europeo tra i vaccini in circolazione – si augurano sia sufficiente per ritornare a vaccinare a pieno regime. Ma la verità è che su questo tema per combattere il sentimento di sfiducia non è sufficiente affidarsi a ciò che può fare l’Europa e non è sufficiente interrogarsi su quanto sia disastrosa la comunicazione di AstraZeneca. E’ necessario invece fare un passo in avanti e chiedersi cosa possa fare per se stesso un paese come l’Italia per provare a non alimentare la spirale del panico Il primo problema riguarda la capacità del governo di rassicurare i cittadini su questo tema e il problema ha a che fare anche con lo stile della comunicazione scelto da Mario Draghi. Scegliere un profilo sobrio aiuta a dare più peso alle parole. Ma quando un paese viene travolto da un’ondata di panico scegliere di non comunicare significa comunicare smarrimento. È stato un errore per esempio quello fatto ieri dal ministro della Salute e dal direttore dell’Aifa, che non hanno convocato all’istante una conferenza stampa per spiegare cosa stesse succedendo. E continua a essere un errore, da parte del governo, non avere una voce istituzionale autorevole, credibile, chiara e convincente che possa servire da riferimento quotidiano per spiegare ai cittadini a che punto è la pandemia (serve con urgenza in Fauci a Palazzo Chigi). Il secondo problema, non meno grave, ha a che fare con una buona parte il sistema mediatico italiano, che sendo abituato da tempo a trasformare con disinvoltura ogni problema in un’emergenza (tutti i farmaci e vaccini possono avere effetti collaterali, purtroppo) fa fatica oggi a trovare un equilibrio giusto tra la necessità di informare e il dovere di non allarmare.


Claudio Cerasa, Il Foglio (16/3/21)

Canzone del giorno: I'dn Rather Not (2016) - Emeli Sandé
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domenica 14 marzo 2021

Monopoli

Un anno dopo l’impressione è ricominciare da capo, come quando a Monopoli si ritorna in prigione senza passare dal via. La paura si è trasformata in rabbia e stanchezza, e le dimensioni del disastro sono più chiare. I morti sono già 100 mila, uno ogni seicento italiani, come se in ogni scuola fosse morto un bambino. Aspettiamo i vaccini scrutando l’orizzonte come i pionieri dei film western assediati dagli indiani aspettavano il Settimo cavalleggeri. [...] L’epidemia è stata una lente che ha mostrato quello che stavamo già diventando. Processi in corso da decenni, ma che consideravamo futuro, si sono all’improvviso mostrati come parte del presente. Sono apparse nuove divisioni sociali, a integrare o sostituire le vecchie. La prima è quella tra giovani e anziani, tra quelli che si sentono vivi se possono uscire e quelli che restano vivi solo se rimangono in casa. [...] Eravamo così abituati al ritmo del Novecento – otto ore di lavoro, otto di consumo e otto di sonno – da considerarlo naturale, anche quando lo schema era già saltato. L’epidemia ha dimostrato che quella scansione è finita per sempre. Il tempo nuovo si presenta come un impasto in cui sonno/lavoro/consumo sono indistinguibili. Abbiamo fatto la spesa lavorando, lavorato dal letto o dal bagno e consumato sempre, anche di notte, comprando su Amazon o guardando serie su Netflix (non è un caso che il Ceo di Netflix, Reed Hastings, abbia detto in passato: «Il nostro unico competitor è il sonno»). Non si tornerà indietro, almeno non del tutto, anche perché le aziende hanno capito che da casa la produzione non cala e in compenso si può risparmiare sulle sedi e le spese. Ma erano processi già in corso, appunto, che l’epidemia ha accelerato e reso evidenti. Tutte queste novità e rivelazioni non cancellano, però, la sensazione di essere precipitati in un immobile deja-vu. Gli ultimi dodici mesi sono un fermo-immagine in cui sfilano virologi, camion carichi di bare, riaperture, richiusure, scoperte, zone rosse, gialle e arancioni – ma la Sardegna è bianca! – numeri, curve, vaccini e varianti. Davanti a un presente così sconfortante non è facile sorridere, ma due modi per consolarsi ci sono: rimpiangere il passato e ricordare la vita di prima oppure immaginare il futuro e confidare in quello che accadrà dopo.

Giacomo Papi, la Repubblica (10/3/21)

Canzone del giorno: In Prigione In Prigione (1977) - Edoardo Bennato
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sabato 13 marzo 2021

Incertezza


"Di nulla sono certo, neppure della mia incertezza". 

Jorge Luis Borges (1899 - 1986)



Canzone del giorno: Doubt (2014) - Mary J. Blige
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martedì 9 marzo 2021

La Ditta

Un giorno Palmiro Togliatti chiese a un compagno dirigente del partito: “Quanto ha fatto ieri la Juve?”. L’interlocutore non seppe rispondere. Togliatti lo gelò: “Tu pretendi di fare la rivoluzione senza sapere i risultati della Juve?”. Questo piccolo aneddoto spiega l’attuale travaglio del Pd forse più di tante analisi apparse in questi giorni. Togliatti fu il capo, anzi il Capo, del Partito Comunista Italiano: che dell’attuale Pd – e quindi di quello che è nato dalla varie trasformazioni: Pci, Pds, Ds – è “La Ditta”, per usare la definizione di Pier Luigi Bersani. E forse non fu quel Migliore narrato dalla propaganda: ma Togliatti sapeva che la sua Ditta aveva dei dipendenti che coincidevano con i clienti. E cioè gli operai. Gli Agnelli, che erano allora – e di gran lunga – i più grossi industriali italiani, e quindi la quintessenza del “Padrone”, sapevano bene quanto era importante il calcio per il popolo: al punto che negli anni Settanta imbottirono la loro Juventus di calciatori meridionali per rendere orgogliosi i propri operai emigrati a Torino dal Sud. Dopo Togliatti ci fu Berlinguer, e la Ditta di quello continuava a vivere: della classe operaia. Quell’Italia è però sparita da un pezzo, forse già da quando Giorgio Bocca venne a Carpi per fare un reportage sulla “via emiliana al comunismo” e uno dei suoi intervistati gli spiegò: “La novità è che qui i capitalisti siamo noi comunisti”.  Il Pci-Pds-Ds-Pd viene da una lunga storia di difesa degli “sfruttati”, come si diceva una volta: ma la storia cambia. Perfino la Juventus è un’altra cosa. E gli sfruttati oggi sono altri, che più facilmente votano Lega. Finita l’epopea delle masse operaie, al Pd sono rimaste battaglie civili – e borghesi – già fatte e già vinte, da un pezzo, dai radicali; e un elettorato di intellettuali e classe media. Resta anche, in posti dove si è governato a lungo, una tradizione di buona amministrazione, certo. Ma la crisi c’è, e non dipende da Zingaretti, dipende dal fatto che la Ditta non sa più quale sia la propria ragione sociale. Il Pci non era un partito con un’ideologia: era una chiesa con un suo dio. Oggi il mondo è cambiato – pure grazie ai comunisti, va detto – e in quel dio non v’è più bisogno di credere. Resta, in chi vi aveva creduto, quello smarrimento cantato anni fa da Gaber e balbettato oggi da un segretario amareggiato e dalle sue piccole, litigiose correnti.

Michele Brambilla, Quotidiano Nazionale (7/3/21)

Canzone del giorno: Brothers of the Road (1981) - The Allman Brothers Band
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domenica 7 marzo 2021

Zitti e buoni

E non c’è vento che fermi

La naturale potenza

Dal punto giusto di vista
Del vento senti l’ebrezza
Con ali in cera alla schiena
Ricercherò quell’altezza
Se vuoi fermarmi ritenta
Prova a tagliarmi la testa
Perché
Sono fuori di testa ma diverso da loro
E tu sei fuori di testa ma diversa da loro
Siamo fuori di testa ma diversi da loro
Siamo fuori di testa ma diversi da loro

Parla la gente purtroppo
Parla non sa di che cosa parla
Tu portami dove sto a galla
Che qui mi manca l’aria

Maneskin, Zitti e buoni

Canzone del giorno: Zitti e buoni (2021) -Maneskin
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giovedì 4 marzo 2021

Perversità

Qualsiasi società che avesse un debito pari o addirittura superiore al 160% del suo fatturato sarebbe già fallita. Invece, lo Stato italiano continua a ottenere credito e anzi, grazie all’arrivo alla presidenza del Consiglio di Mario Draghi, lo ottiene anche a tassi inferiori all’1%. Le aziende del Paese e i cittadini invece sono costretti a sottostare, per finanziarsi, alle regole imposte dalla vigilanza della Bce, un organo autonomo rispetto al consiglio d’amministrazione della Banca centrale europea; e se il consiglio della stessa ritenesse non accettabili le regole e i provvedimenti imposti dalla Vigilanza (chiamata Meccanismo unico di vigilanza) dovrebbe avviare un conflitto di interessi davanti al Parlamento europeo, come ebbe la cortesia di spiegarmi cinque anni fa proprio Draghi. Ma ciò, rispetto ai problemi dell’Italia, è un problema collaterale anche se molto importante, visto che a differenza degli altri Paesi la liquidità alle aziende e agli individui arrivava per circa il 90% dal sistema bancario, a sua volta messo in croce dalle regole del Meccanismo unico di vigilanza. Il paradosso e la perversità dell’Italia sono altri e cioè essere allo stesso tempo il Paese con uno dei più straordinari patrimoni immobiliari e artistici del mondo, come eredità dell’Impero Romano, del Rinascimento e delle altre formidabili fasi storiche, ed essere il Paese con il più alto risparmio dei cittadini e delle aziende, ma appunto avere anche un indebitamento stratosferico rispetto agli altri Paesi europei. Naturalmente, il Covid ha esasperato e drammatizzato questa situazione che ora, pro bono, gli organismi di Bruxelles e Francoforte e gli altri Paesi europei non attaccano più con la veemenza del passato, ma il giudizio è sempre lo stesso: un Paese dissoluto e perverso. Basta leggere, per comprenderlo, cosa scrive regolarmente la Faz, il quotidiano economico-politico più importante di Germania. Pertanto, il compito che Draghi ha davanti è sì di emergenza, ma è anche, probabilmente come estrema chance, quello di impostare una resurrezione del Paese avendo presente i tre fattori chiave per non far precipitare l’Italia in una crisi irreversibile, appena finirà la tolleranza da Covid degli altri Paesi e dell’Europa. I tre fattori sono: l’enorme debito dello Stato, l’enorme patrimonio pubblico, il grande risparmio degli italiani.

Paolo Panerai, Italia Oggi (27/2/2021)

Canzone del giorno: Sky Is Falling (1999) - Beth Hart
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martedì 2 marzo 2021

Tonno

Marassi, da google.it
















Canzone del giorno: Headaches To Heartbreaks (2000) - Joe Bonamassa
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lunedì 1 marzo 2021

Playlist Febbraio 2021


1.      Kat Riggins, Wicked Tongue – (Cry Out – 2020) – Le consultazioni

2.      AC/DC, High Voltage – (T.N.T. – 1975) – Big Bang

3.      Black Sabbath, Into the Void – (Master of Reality – 1971) – Il Vuoto

4.      Francesco Gabbani, La mia versione dei ricordi – (Magellano – 2017) – Sopportabile

5.      Long John Hunter, Time And Time Again – (Swinging From the Rafters – 1997) – Medio termine

6.      Jakson Browne, Colors of The Sun – (For Everyman – 1973) – Similitudini

7.      Joe Cocker, Heart Of The Matter – (Cocker – 1986) – Settarismi

8.      Etta James, Damn Your Eyes – (Seven Year Itch – 1988) – Sguardi

9.      Marina Rei, Primavera – (Donne – 1997) – A scuola

10.  Rush, Before And After – (Rush – 1974) – Prima

11.  Marracash, Trappole – (Marracash – 2008) – Datificati

12.  Element Eighty, War – (The Bear – 2005) – Guerra di Vaccini