nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

sabato 20 marzo 2021

Polarizzazione

Ancora una volta dall’inizio della pandemia stiamo per cadere nella trappola della polarizzazione.
 Come sempre la posta in gioco è molto alta, in questo caso si tratta del buon esito della campagna vaccinale. Negli ultimi giorni, sui social ma non solo, è facile imbattersi in posizioni estreme: accanto ai soliti anatemi no-vax, è comparsa una nuova forma di irragionevolezza, quella di chi si dichiara così esasperato dalla situazione e così ciecamente fiducioso «nella scienza» da supplicare che gli venga iniettata qualsiasi cosa, russa cinese cubana non importa, approvata dagli enti regolatori o meno. Non voglio mettere i due estremismi sullo stesso piano (sebbene si tratti di posizioni dal simile stampo fideistico). Ma è doveroso chiedersi se il fanatismo vaccinale sia davvero la strategia più conveniente per tutti in questo momento, tenendo conto che lo scopo ultimo è chiaro: fare in modo che il maggior numero possibile di persone sia disposto a vaccinarsi al più presto. Nel tempo sono stati tentati diversi approcci per vincere le resistenze verso i vaccini: dalla spiegazione spassionata e razionale all’esaltazione enfatica di quanto nel secolo scorso abbiano allungato la nostra aspettativa di vita, dalla persuasione dolce tramite testimonial illustri con la spalla scoperta, fino alla coercizione senza se e senza ma. [...] Comunque sia, tra i no-vax e gli indignados dell’interruzione di AstraZeneca si colloca la percentuale molto più cospicua degli italiani dubbiosi. Tutte le variazioni dei «sì, ma non adesso», «sì, ma non quello», «magari tra qualche mese», «non mi convince del tutto». Timori che hanno un loro fondamento, se non di razionalità scientifica, almeno di ragionevolezza umana. La vaccinazione è un’azione molto più delicata di quanto venga normalmente proclamato, investe aree ampie dell’intimità e del credere: si tratta di farsi inoculare qualcosa, di alterare il nostro organismo, con tutte le suggestioni che ne conseguono. In più, attorno alla vaccinazione specifica per il Covid, si sono addensate delle diffidenze nuove. La rapidità con cui i vaccini sono stati resi disponibili (un successo della modernità, che per molti risulta sospetto), la varietà di vaccini, gli inevitabili aggiustamenti in corsa sui modi e i tempi di somministrazione, questo stop e gli altri che ci saranno, la quantità di sorprese spiacevoli che il Covid ci ha riservato in soli dodici mesi e che ce ne fa presagire altre, la stanchezza: tutto questo contribuisce a creare in molti delle riserve istintive più che comprensibili. E che andrebbero innanzitutto rispettate. [...] Tuttavia, oltre quella tappa fondamentale, il Covid esisterà ancora e sarà lo stesso di prima, con la sua percentuale di casi gravi e di decessi anche tra i non vulnerabili, con i suoi strascichi lunghi di spossatezza. Ci saranno ancora focolai. Sarà possibile, per molti mesi e a meno di non essere personalmente vaccinati, prendersi la malattia. La scelta, in questi termini, diventa ben posta e tutto sommato semplice, perché non riguarda più la comunità ma soltanto me: preferisco rischiare il Covid o «rischiare» il vaccino, qualsiasi cosa queste espressioni suscitino nella mia mente? La scienza e i dati non lasciano dubbi al riguardo, ma può darsi che i dubbi restino comunque. La mente umana è fatta così, valuta i pericoli a modo suo. Se i dubbi restano, vanno fugati, con pazienza e disponibilità all’ascolto. Vediamo di farlo con tutte le energie, affinché si disaccoppino al più presto le curve del contagio, ma senza disaccoppiarci noi, prima, dai timori delle persone. Perché, se accade, avremo perso tutti.

Paolo Giordano, Il Corriere della Sera (18/3/21)

Canzone del giorno: So Right, So Wrong (1982) - Paul Carrack
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