Lo stato delle cose è segnato dal crollo forse irreversibile di ogni diritto internazionale, anche nelle sue versioni retoriche. Quando si decise per l'invasione dell'Iraq, e si fece quella guerra prologo di altre violenze ancor più sciagurate, si pensò pure necessario un passaggio all'Onu, si mandò pure un generale in quella sede a metterci (e perderci) la faccia, si finse pure di sondare il parere degli alleati. Solo ipocrisie di Per esercitare una reale deterrenza allora dobbiamo prepararci all'economia di guerra cui sarebbe bene sbarazzarsi e basta? Non sono d'accordo; l'ipocrisia fa ancora parte di un'arte politica che non si riduce a pura esibizione di forza, è ancora un aspetto della diplomazia che cerca di scongiurare la guerra. Ora i grandi spazi imperiali sono uno di fronte all'altro e ognuno dichiara che intende muoversi senza altro obbiettivo che l'imposizione del proprio interesse. Terzietà non esiste sotto nessun riguardo; nessun organismo sovra-statuale svolge un'azione efficace di prevenzione; tantomeno esistono principi o valori che costituiscano un riferimento comune capaci almeno di contenere la volontà di potenza di ciascun, reale o preteso, impero. Il suo limite non è dettato da altro che dai mezzi di cui dispone e da quelli di cui pensa disponga l'avversario. La regola è una sola: puoi farlo? Fallo. Se questa è la situazione ed essa segna davvero un salto d'epoca, è del tutto ragionevole e legittimo che ogni spazio politico adotti proprie ed, efficaci strategie di difesa. E infatti evidente che una realistica politica di disarmo potrebbe essere soltanto la conseguenza del rafforzamento di organismi e istituzioni internazionali dotate di effettivo potere con una conseguente rinuncia di sovranità da parte degli Stati. L'Europa deve perciò perseguire questo obbiettivo. Ma è assoluto dovere delle sue classi dirigenti perseguirlo con metodo e razionalità, chiarendone i motivi e i costi a tutti i cittadini. Etica della responsabilità, si diceva una volta. Dove sei finita? Parabellum se vuoi la pace? Credo che la prima condizione per prepararlo dovrebbe essere quella di avere un esercito e un ponte di comando comuni. Mi risulta che a Roma, visto che siamo d'accordo coi romani, ci fossero. Altrimenti non si prepara la guerra né si vuole la pace, ma semplicemente si aumentano spese e debiti per aiuti di Stato a settori industriali in gravissime difficoltà. Si dice che questo non è che un primo passo. E sui successivi che si vogliono compiere e sui tempi previsti per compierli c'è qualche generale romano che cortesemente ci informa? La domanda più interessante è tuttavia un'altra. Per tutto il dopoguerra la difesa europea è stata "delegata" alla Nato e cioè agli Stati Uniti. L'autonomia in questo campo che oggi si vorrebbe costruire come si integra con la situazione in atto? L'ipotesi strategica in base alla quale ci si muove è quella di un progressivo "scioglimento" della Nato o si tratta in buona sostanza di aumentare drasticamente il nostro contributo al suo funzionamento, mantenendone il comando? Ci fu un momento, per la verità brevissimo, quando si trattava di avere il via libera del tutto pacifico da parte dell'Urss per la riunifirazione della Germania, in cui, anche da parte di qualche esponente della leadership americana, venne adombrata l'ipotesi di una graduale "dismissione" della Nato, in quanto sembrava esser venuto meno il Nemico. È evidente infatti che, anche a Roma, si preparava la guerra in base a chi si riteneva fosse il Nemico. Ci sono tante guerre quante sono i Nemici, reali o potenziali. E altrettante politiche di deterrenza. Dunque, quale Nemico rende oggi urgentemente necessario un drastico aumento di spese militari, se vogliamo la pace? Su quale Nemico dobbiamo esercitare la nostra deterrenza? Sui Galli, sui Parti, sulla regina di Palmira? In base alla risposta cambia ovviamente anche l'ordine delle spese necessarie e la compattezza dell'organizzazione militare da mettere in campo. Il Nemico è la Russia? Si ritiene seriamente che la Russia abbia oggi intenti egemonici sull'Unione europea e che la guerra in Ucraina ne sia espressione? Ma allora per esercitare una reale deterrenza su un Nemico di tali dimensioni a ben altre spese per il rafforzamento dei nostri apparati militari dobbiamo essere pronti! Allora è a una vera economia di guerra che dobbiamo prepararci. Con conseguente indebitamento e crollo di ogni residuo di Stato sociale. Poiché nulla è tanto odioso come la spudorata menzogna che si possano difendere redditi bassi, pensioni, scuole, sanità e perseguire insieme politiche di riarmo contro Nemici di dimensioni imperiali. Può darsi che Roma preparasse la guerra perché voleva la pace. Simone Weil si rovescia nel sepolcro a sentirlo, ma non importa. Quel che è certo è che Roma la preparava davvero, ne sapeva i costi e conosceva benissimo chi fossero i suoi Nemici. Le cose si fanno con metodo, gli obbiettivi si dichiarano all'opinione pubblica insieme ai sacrifici che essi comportano. Così si racconta funzionano le democrazie. È diventata una favola?
Massimo Cacciari, La Stampa (30/6/2025)
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