Una volta che sarà chiaro quello che potrà fare l’Ema per provare a sedare il panico generato dalla sospensione improvvisa in diversi paesi europei del vaccino AstraZeneca bisognerà fermarsi un attimo e chiedersi, dopo esserci leccati ancora una volta le ferite generate da un principio di precauzione che tiene purtroppo in ostaggio l’Europa, cosa potrà fare un paese come l’Italia per evitare di trasformare la paura, la paura del vaccino, in un virus non meno pericoloso rispetto a quello pandemico. L’Ema giovedì (faster, please) emetterà una raccomandazione sul vaccino AstraZeneca che i governi di Italia, Germania, Francia e Spagna – che ieri hanno sospeso in via precauzionale la somministrazione del più europeo tra i vaccini in circolazione – si augurano sia sufficiente per ritornare a vaccinare a pieno regime. Ma la verità è che su questo tema per combattere il sentimento di sfiducia non è sufficiente affidarsi a ciò che può fare l’Europa e non è sufficiente interrogarsi su quanto sia disastrosa la comunicazione di AstraZeneca. E’ necessario invece fare un passo in avanti e chiedersi cosa possa fare per se stesso un paese come l’Italia per provare a non alimentare la spirale del panico Il primo problema riguarda la capacità del governo di rassicurare i cittadini su questo tema e il problema ha a che fare anche con lo stile della comunicazione scelto da Mario Draghi. Scegliere un profilo sobrio aiuta a dare più peso alle parole. Ma quando un paese viene travolto da un’ondata di panico scegliere di non comunicare significa comunicare smarrimento. È stato un errore per esempio quello fatto ieri dal ministro della Salute e dal direttore dell’Aifa, che non hanno convocato all’istante una conferenza stampa per spiegare cosa stesse succedendo. E continua a essere un errore, da parte del governo, non avere una voce istituzionale autorevole, credibile, chiara e convincente che possa servire da riferimento quotidiano per spiegare ai cittadini a che punto è la pandemia (serve con urgenza in Fauci a Palazzo Chigi). Il secondo problema, non meno grave, ha a che fare con una buona parte il sistema mediatico italiano, che sendo abituato da tempo a trasformare con disinvoltura ogni problema in un’emergenza (tutti i farmaci e vaccini possono avere effetti collaterali, purtroppo) fa fatica oggi a trovare un equilibrio giusto tra la necessità di informare e il dovere di non allarmare.
Claudio Cerasa, Il Foglio (16/3/21)
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