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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

mercoledì 26 febbraio 2020

La società del rischio

Viviamo dunque nella società del rischio. Come ci aveva insegnato, già molti anni fa, il grande sociologo Ulrich Beck. Per quanto potenti e ben organizzate, anche le società avanzate rimangono vulnerabili. La novità sta nella natura e nella portata dei rischi. A differenza del pericolo, che percepiamo attraverso i sensi, il rischio è più difficile da riconoscere e valutare. Della sua pericolosità sappiamo solo grazie agli strumenti di analisi di cui disponiamo. L’esperienza – personale e collettiva – non basta. Così, è vero che grazie alla scienza sappiamo molto di più e possiamo difenderci meglio. Ma questa maggiore consapevolezza ha anche un risvolto problematico. Il singolo cittadino non è uno scienziato. Per capire cosa sta accadendo deve affidarsi agli esperti che, in genere, hanno valutazioni diverse. Ma, soprattutto, il nostro cittadino è in balia di ciò che circola nella infosfera, dove ascolta le voci (variegate) delle istituzioni, della comunità scientifica, dei media tradizionali, dei social. In un marasma di notizie, più o meno accurate, tra le quali è difficile districarsi.
Quando il rischio si fa concreto, diventa emergenza. Come in questi ultimi giorni, quando il numero delle infezioni e dei morti da Covid-19 – pur limitatissimo – ha trasformato qualcosa di lontano in un fatto tangibile e vicino. Ecco che allora la paura cresce, spingendo verso un riordino delle priorità. Fino al punto – davvero impensabile fino a qualche giorno fa – di fermare tutto il Nord Italia.
Decisione giusta o eccessiva? La discussione è aperta.
Ma al di là di come la si pensi, sorge la domanda: non è che in assenza dell’urgenza normalmente siamo portati a sottovalutare altri fattori di rischio, magari anche più pericolosi (inquinamento delle nostre città, fumo, incidenti stradali, o più banalmente la tradizionale influenza)? Comunque sia, quando si fa emergenza, il rischio porta alla ribalta il grande rimosso della nostra società: la nostra fragilità di mortali. Da sempre la morte è qualcosa che fa paura e terrorizza. Ma quanto più viene rimossa, tanto più è probabile che il suo ritorno scateni reazioni incontrollate. Che in taluni casi possono arrivare fino alla violenza.
Il riscoprirsi vulnerabili è però anche una occasione per riscoprire quello che rischiamo sempre di dimenticare. Siamo tutti legati gli uni agli altri. E la solidarietà non è una sovrastruttura ideologica, ma il fondamento della stessa vita sociale. Lo abbiamo potuto constatare con drammatica evidenza in questi giorni: il contagio si diffonde da persona a persona. Attraverso un bacio, una stretta di mano, un abbraccio. O semplicemente condividendo una sala d’attesa o il sedile di un treno. Siamo tutti legati, e lo siamo sempre di più.

Mauro Magatti, Avvenire (26/2/2020)

Canzone del giorno: Take A Risk (2019) - Chris Brown
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