Viviamo dunque nella società del rischio. Come ci aveva insegnato, già molti anni fa, il grande sociologo Ulrich Beck. Per quanto potenti e ben organizzate, anche le società avanzate rimangono vulnerabili. La novità sta nella natura e nella portata dei rischi. A differenza del pericolo, che percepiamo attraverso i sensi, il rischio è più difficile da riconoscere e valutare. Della sua pericolosità sappiamo solo grazie agli strumenti di analisi di cui disponiamo. L’esperienza – personale e collettiva – non basta. Così, è vero che grazie alla scienza sappiamo molto di più e possiamo difenderci meglio. Ma questa maggiore consapevolezza ha anche un risvolto problematico. Il singolo cittadino non è uno scienziato. Per capire cosa sta accadendo deve affidarsi agli esperti che, in genere, hanno valutazioni diverse. Ma, soprattutto, il nostro cittadino è in balia di ciò che circola nella infosfera, dove ascolta le voci (variegate) delle istituzioni, della comunità scientifica, dei media tradizionali, dei social. In un marasma di notizie, più o meno accurate, tra le quali è difficile districarsi.
Quando il rischio si fa concreto, diventa emergenza. Come in questi ultimi giorni, quando il numero delle infezioni e dei morti da Covid-19 – pur limitatissimo – ha trasformato qualcosa di lontano in un fatto tangibile e vicino. Ecco che allora la paura cresce, spingendo verso un riordino delle priorità. Fino al punto – davvero impensabile fino a qualche giorno fa – di fermare tutto il Nord Italia.
Decisione giusta o eccessiva? La discussione è aperta.
Ma al di là di come la si pensi, sorge la domanda: non è che in assenza dell’urgenza normalmente siamo portati a sottovalutare altri fattori di rischio, magari anche più pericolosi (inquinamento delle nostre città, fumo, incidenti stradali, o più banalmente la tradizionale influenza)? Comunque sia, quando si fa emergenza, il rischio porta alla ribalta il grande rimosso della nostra società: la nostra fragilità di mortali. Da sempre la morte è qualcosa che fa paura e terrorizza. Ma quanto più viene rimossa, tanto più è probabile che il suo ritorno scateni reazioni incontrollate. Che in taluni casi possono arrivare fino alla violenza.
Il riscoprirsi vulnerabili è però anche una occasione per riscoprire quello che rischiamo sempre di dimenticare. Siamo tutti legati gli uni agli altri. E la solidarietà non è una sovrastruttura ideologica, ma il fondamento della stessa vita sociale. Lo abbiamo potuto constatare con drammatica evidenza in questi giorni: il contagio si diffonde da persona a persona. Attraverso un bacio, una stretta di mano, un abbraccio. O semplicemente condividendo una sala d’attesa o il sedile di un treno. Siamo tutti legati, e lo siamo sempre di più.
Mauro Magatti, Avvenire (26/2/2020)
Quando il rischio si fa concreto, diventa emergenza. Come in questi ultimi giorni, quando il numero delle infezioni e dei morti da Covid-19 – pur limitatissimo – ha trasformato qualcosa di lontano in un fatto tangibile e vicino. Ecco che allora la paura cresce, spingendo verso un riordino delle priorità. Fino al punto – davvero impensabile fino a qualche giorno fa – di fermare tutto il Nord Italia.
Decisione giusta o eccessiva? La discussione è aperta.
Ma al di là di come la si pensi, sorge la domanda: non è che in assenza dell’urgenza normalmente siamo portati a sottovalutare altri fattori di rischio, magari anche più pericolosi (inquinamento delle nostre città, fumo, incidenti stradali, o più banalmente la tradizionale influenza)? Comunque sia, quando si fa emergenza, il rischio porta alla ribalta il grande rimosso della nostra società: la nostra fragilità di mortali. Da sempre la morte è qualcosa che fa paura e terrorizza. Ma quanto più viene rimossa, tanto più è probabile che il suo ritorno scateni reazioni incontrollate. Che in taluni casi possono arrivare fino alla violenza.
Il riscoprirsi vulnerabili è però anche una occasione per riscoprire quello che rischiamo sempre di dimenticare. Siamo tutti legati gli uni agli altri. E la solidarietà non è una sovrastruttura ideologica, ma il fondamento della stessa vita sociale. Lo abbiamo potuto constatare con drammatica evidenza in questi giorni: il contagio si diffonde da persona a persona. Attraverso un bacio, una stretta di mano, un abbraccio. O semplicemente condividendo una sala d’attesa o il sedile di un treno. Siamo tutti legati, e lo siamo sempre di più.
Mauro Magatti, Avvenire (26/2/2020)
Canzone del giorno: Take A Risk (2019) - Chris Brown
Clicca e ascolta: Take....