Lo scrittore Paolo Di Stefano, sulle pagine del Corriere
della Sera, interviene su un tema cardine dell’attuale scontro politico ossia
la disinformazione attraverso l’uso delle cosiddette “fake news”. L’argomento viene affrontato dall’autore in maniera del
tutto originale, “scomodando” (addirittura!) il sommo Poeta per ricordarci
antichi “vizi” italici: “Si parla di «fake news»
e si potrebbe parlare più semplicemente di «notizie false» o di «bufale». Già
Dante rimproverava agli italiani il vizio di rincorrere le lingue degli altri:
a quel tempo il francese. Nel Convivio innalzò una delle sue invettive «a perpetuale
infamia e depressione de li malvagi uomini d’Italia, che commendano lo volgare
altrui e lo loro proprio dispregiano». Ciò accadeva, secondo l’Alighieri, per
cinque «abominevoli cagioni». 1. La «cechità di discrezione», ovvero
l’incapacità di distinguere; 2. la «maliziata escusatione» di chi si ritiene
maestro e aggira la propria ignoranza adducendo scuse ingannevoli; 3. la
«cupidità di vanagloria» di coloro che, sapendo parlare la lingua straniera, la
lodano per essere più ammirati; 4. l’«argomento di invidia» di quelli che,
essendo incapaci di usare il proprio volgare, lo disprezzano per infangare chi
lo possiede; 5. la «pusillanimità», ovvero la viltà d’animo di quelli che
snobbano le cose domestiche per esaltare quelle degli altri. Lascio al lettore
il giudizio su quante di queste «abominevoli cagioni» siano ancora ben vive
nell’antropologia italiana anche al di là della questione linguistica. Ma
insomma, Renzi e Di Maio preferiscono parlare di «fake news» e raramente di
«bufala», parola italianissima, efficacemente utilizzata nell’accezione
metaforica della panzana: «menata per il naso come una bufala», come mostra il
linguista Massimo Arcangeli, compare già in una commedia secentesca. Dante
avverte che se qualcosa di vile ha la lingua italiana è il dover risuonare
sulla «bocca meretrice» degli «adulteri» che la odiano. Mica male. Tornando al
punto 1., l’Alighieri vide ben prima di noi non solo le «fake news» ma il
conformismo e la mancanza di spirito critico di tanti ciechi privi del «lume de
la discrezione»: sono coloro che si lasciano attrarre dal primo «gridatore» di
passaggio, non importa se cieco a sua volta o «mentitore». Il quale urlando
raccoglierà eserciti di «pecore». Perché, aggiunge Dante, «questi sono da
chiamare pecore, e non uomini; ché, se una pecora si gittasse da una ripa di
mille passi, tutte l’altre l’andrebbero dietro…». E se una pecora salta, le
altre saltano pur in assenza di ostacoli da saltare: «E io ne vidi già molte in
uno pozzo saltare per una che dentro vi saltò». Ne sappiamo qualcosa. Passati sette secoli, siamo sempre lì”.
Canzone del giorno: Fake (2003) - Simply Red
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