nuovigiorni
"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".
Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)
venerdì 30 ottobre 2015
martedì 27 ottobre 2015
Transfuga
La storia sul trasformismo nostrano è sempre la stessa. Chi abbandona, in Parlamento, l'originario partito ci tiene a precisare che lo fa per sostenere i propri ideali. I suoi "vecchi amici", invece, diranno che ha preferito accomodarsi, anzi salire, sul carro dei vincitori. A periodi alterni, destra e sinistra, osannano o denigrano i deputati e senatori che decidono di passare al partito avverso.
Il costituzionalista Michele Ainis, su L'Espresso, dedica la sua rubrica settimanale al fenomeno del "transfuga" parlamentare e ci ricorda che negli ultimi due anni "i cambi di casacca" sono stati già trecento.
Fermo restando l'importanza di non stravolgere l'art.67 della nostra Costituzione che garantisce la libertà di espressione più assoluta ai parlamentari proprio perchè, rappresentando la Nazione, esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato, è fuori di dubbio che una via d'uscita sia più che mai necessaria.
Ainis invita tutti a non rassegnarci: "Il nostro paradiso, e al contempo il loro inferno, sta nei regolamenti parlamentari. Giacché se non possiamo revocarli, se non possiamo nemmeno vincolarli con un mandato imperativo, possiamo pur sempre castigarli. Come? In primo luogo, impedendo ai fuoriusciti di costituire un gruppo autonomo in corso di legislatura: tutti nel gruppo misto, dietro la lavagna. In secondo luogo, imbavagliando chi abbandona il partito col quale si è candidato alle elezioni: transfughi e trasformisti rimangano pure in Parlamento, votino pure le proposte altrui, però in silenzio, così almeno ci verrà risparmiato il turpiloquio. In terzo luogo, dimezzando a queste truppe cammellate lo stipendio. Loro ci raccontano d'aver cambiato schieramento per l'idea, anzi per l'ideale; non certo per quattrini. Vediamo un po' se è vero".
Riuscirà mai nessuno in Parlamento a proporre e attuare queste tre semplici regole all'interno dei gruppi parlamentari?
Poche le probabilità di riuscita.domenica 25 ottobre 2015
giovedì 22 ottobre 2015
Find A Way To Care
Un gradevole privilegio per gli amanti del blues. Per tre giorni, il tour di John Mayall ha fatto tappa nel nostro paese. La Spezia, Bologna e Milano le tre città che hanno ospitato il musicista e cantautore inglese.
Con la sua band gira il mondo senza pause e offre performance di grande vitalità. Armonicista, chitarrista e tastierista, John Mayall sprigiona il suo amore per il blues con micidiale energia e se ci riesce così bene all'età di 81 anni (82 il 29 novembre!) tanto di cappello.
Se a ciò si aggiunge che l'attuale tour coincide con l'uscita di un suo nuovo album in studio, l'occasione per chi lo ha ascoltato dal vivo è stata ancora più ghiotta.
Find A Way To Care è il titolo del disco che, come lo stesso bluesman ha tenuto a precisare, è il suo 63' album in poco più di 50 anni di carriera.
Dodici brani. Cinque inediti firmati da Mayall e sette covers di autori più o meno conosciuti. Consueto stile sia negli arrangiamenti che nell'interpretazione. Blues caldo con armonica e piano in evidenza in "Mother In Law Blues", tastiera Hammond in Ain't No Guarantees, voce inconfondibile per l'interpretazione della morbida Ropes And Chiens.
Blues inglese che spazia dal classico ("Long Distance Call" di Muddy Waters) fino ad arrivare a interessanti venature soul ritmate dai fiati in primo piano ("The River's Invitation" e "I Feel Bad").
Inossidabile.martedì 20 ottobre 2015
domenica 18 ottobre 2015
Truccato
"Finalmente si
è capito perché le Volkswagen sono così belle: le truccano … Talmente tanto,
che negli ultimi anni in catena di montaggio pare abbiano assunto dei
visagisti. Dal 2009 a oggi, infatti, sono state prodotte ben undici milioni di
autovetture che montano un sofisticato software grazie al quale, durante i
collaudi, si riescono a falsificare i dati sulle emissioni nocive. Ad
accorgersene sono stati gli americani, che di cose inquinanti se ne intendono
parecchio, visto che hanno riempito le banche di mezzo mondo con titoli
tossici. Dopo che è scoppiato lo scandalo, Marchionne si è affrettato a dire
che sulle auto del gruppo Fca questo tipo di software non viene montato. Se uno
lo vuole, lo deve pagare a parte come la vernice metallizzata. E dire che a noi
italiani ci hanno sempre fatto una testa così sull’ efficienza, l’ onestà e la
correttezza dei tedeschi. Ma a questo punto un dubbio mi viene: vuoi vedere che
la Germania è la locomotiva d’ Europa perché ha il motore truccato?".
Dario Vergassola, C’è vita sulla Terra? - Il Venerdì di Repubblica del 2 Ottobre 2015
venerdì 16 ottobre 2015
Due
Perché siamo due destini che si uniscono
stretti in un istante solo
che segnano un percorso profondissimo dentro di loro
superando quegli ostacoli
se la vita ci confonde
solo per cercare di essere migliori
per guardare ancora fuori
per non sentirci soli.
Ed è per questo che ti sto chiedendo
di cercare sempre quelle cose vere
che ci fanno stare bene
mai io non le perderei mai...
stretti in un istante solo
che segnano un percorso profondissimo dentro di loro
superando quegli ostacoli
se la vita ci confonde
solo per cercare di essere migliori
per guardare ancora fuori
per non sentirci soli.
Ed è per questo che ti sto chiedendo
di cercare sempre quelle cose vere
che ci fanno stare bene
mai io non le perderei mai...
Tiromancino, Due destini
martedì 13 ottobre 2015
Colpe
Nel trambusto caotico delle ultime
giornate romane, le dimissioni del Sindaco sembrano il classico finale annunciato.
Il degrado civile e amministrativo nel
quale è piombata la capitale non si può attribuire in modo totale a Ignazio
Marino ma, sicuramente, il sindaco-chirurgo non è riuscito a ben guidare la
locomotiva capitolina.
Scaricato dalla sua parte politica,
dileggiato dai tanti suoi oppositori, fra sciocchi errori e mancanza di
autorevolezza, il Sindaco di Roma si dimette.
Il senatore del pd Stefano Esposito,
che dallo scorso luglio ha avuto l’incarico di Assessore ai Trasporti della
giunta Marino, cerca di spostare l’attenzione sulle colpa della burocrazia dei
palazzi romani. Torto o ragione che abbia, è interessante leggere le sue
conclusioni nell’intervista rilasciata, venerdì scorso, a Alessandro Capponi
sul Corriere della Sera:
«La struttura amministrativa vive di
vita propria, non segue le indicazioni, cambia autonomamente il contenuto delle
delibere, a volte le scrive male proprio per farle bocciare al Tar…».
Stefano Esposito, scusi: sta dicendo
che a Roma, in Campidoglio, gli uffici non rispondono agli assessori ma ad
altri interessi?
«Gli uffici se ne strafottono di ciò che chiede la politica… quelli viaggiano con stipendi superiori
«Gli uffici se ne strafottono di ciò che chiede la politica… quelli viaggiano con stipendi superiori
ai centoventi-centosessanta mila euro e
fanno solamente finta di farti decidere, è chiaro?».(…)
«Quando sono arrivato una serie di provvedimenti del Comune, come quello
sulle strisce blu, erano stati bocciati dal Tar. Erano scritti così male che ho
pensato: li avranno scritti degli incompetenti. Invece no, professionisti
strapagati».
Potevate
fare di più?
«L’inchiesta
Mafia Capitale, per la quale Pignatone va ringraziato in eterno, portava con sé
la missione di bonificare la macchina amministrativa, e farlo, decapitare i
cattivi, sarebbe stato importante. Ma parlare di questo a Roma non ti rende
popolare nel ceto politico, perché questo metodo clientelare e consociativo è
radicato da almeno venticinque anni... chiaro? È un sistema incancrenito».domenica 11 ottobre 2015
Misericordia
Egoismo e asprezza del cuore umano. Non c'è più misericordia. La ferocia di chi decide di far esplodere delle bombe, durante una manifestazione per la pace, è inaudita.
L'attentato di Ankara è orribile e raccapricciante. Una terribile strategia rischia di far accrescere, ancor di più, le forti tensioni sul territorio turco e, di riflesso, in tanti altri paesi.
Marco Ansaldo, inviato del quotidiano La Repubblica ad Ankara, racconta i tragici momenti dell'esplosione in piazza: "Ankara Gazi. Stazione di Ankara, è scritto in alto, a lettere cubitali. La democrazia turca, oggi, ha finito la sua corsa qui, davanti a un edificio colossale, come vorrebbe essere la nuova Turchia di Erdogan, ma adesso pericolante e imbrattato di rosso per il sangue dei quasi cento pacifisti curdi morti in questa piazzola dove si staccano i biglietti ferroviari.
Ci sono per terra decine di bandiere curda, calpestate e sporche: molte sono state usate per coprire i corpi delle vittime fino all’arrivo dei soccorritori. C’è una donna che piange al telefono, e urla: «Zia, è un massacro!». Si odono, ancora nella notte, le sirene lancinanti delle ambulanze, perché 60 persone sono morte qui sul colpo, ma le altre sono decedute negli ospedali, dove i cittadini di Ankara adesso accorrono per dare il sangue.
Ankara la capitale. Il centro politico e diplomatico del paese. Una città in ginocchio. Nessuno si aspettava una strage di queste proporzioni. Nessuno qui. E il paesone anatolico diventato capitale, voluta e fondata quasi cento anni fa dal laico Ataturk, si sente adesso colpita al cuore, come oggi tutto il paese. Diyarbakir, nel sud est dell’Anatolia, è tristemente abituata al suono delle bombe. Istanbul, ora, teme l’ondata degli attacchi, prima del voto del 1 novembre. Ma Ankara no. «Il vaso di Pandora si è aperto – commenta un imprenditore straniero che ha lunga esperienza di Turchia – e in vista delle elezioni legislative massacri rischiano di accadere in altre città». (...)
Alla sera, in tv, senza immagini gli esperti si interrogano sulla ragione del massacro. «L’obiettivo era il partito filo curdo e il suo successo elettorale – dice Esra Ozyurek, pro- fessoressa di Studi turchi contemporanei al- la London School of Economics - . L’intento: quello di continuare la guerra con i curdi. Ma indipendentemente da chi sia stato, è impro- babile che lo abbia fatto senza l’approvazio- ne di qualcuno dell’intelligence turca». Nella Stazione di Ankara, per terra, le bandiere rosse, gialle e verdi sono adesso migliaia".
giovedì 8 ottobre 2015
Post Scriptum Film
Inside Out
REGIA: Pete Docter
Montaggio: Kevin Nolting
Musiche: Michael Giacchino
SCENEGGIATURA: Pete Docter
DURATA: 94'
USCITA:
La protagonista di Inside Out, il nuovo film animato della Pixar-Disnay, è una bimba che lascia malvolentieri (per problemi economici dei suoi genitori) il suo luogo d'origine. L'iperbolica fantasia degli autori è indirizzata ad analizzare psicologicamente la piccola Riley attraverso una struttura narrativa ("animata") che "personifica" le sue emozioni.
Gioia, Tristezza, Disgusto, Paura e Rabbia sono i 5 personaggi (le 5 emozioni) che albergano nella mente della bambina. Nel loro quartier generale, attraverso una particolare plancia di comando, gestiscono e azionano una buona parte dei comportamenti quotidiani di Riley. Lo fanno sin da quando è nata e la stessa cosa succede per ogni essere umano, nel cui cervello albergano questi piccoli e buffi manovratori della vita emotiva.
Il trasferimento dal gelo del Minnessota al caldo di San Francisco innesca nella bambina una serie di traumatici episodi che coincidono con il suo passaggio dall'infanzia alle complicazioni dell'adolescenza.
I tumulti della crescita sono ben delineati attraverso il labirintico viaggio che Gioia e Tristezza sono costretti a intraprendere all'interno della mente umana della bimba.
La fantasia strepitosa degli autori è eccezionale: gli "smemoratori" che eliminano i ricordi, il Treno dei pensieri, l'isola dell'amicizia, la "stupidaria", Immagilandia, la Cineproduzione dei sogni e, laggiù in basso, al buio, la Discarica dei ricordi, un luogo difficile da dimenticare poiché associato al sacrificio di Bing Bong, l'amico immaginario della bambina composto di zucchero filato.
Inside Out è un capolavoro di fantasia (lacrime di commozione comprese) che riesce a trasmettere allo spettatore (soprattutto se adulto) una miriade di emozioni.
Eccezionale e profondo come soltanto un cartone animato può riuscire ad essere.
Eccezionale e profondo come soltanto un cartone animato può riuscire ad essere.
martedì 6 ottobre 2015
domenica 4 ottobre 2015
Armi
Secondo un rapporto dell’istituto di ricerca statunitense Pew Research Center, dal 2004 al
2013 sono stati 316.545 gli americani che hanno perso la vita sul suolo nazionale a causa delle armi da fuoco, contro i 313 uccisi dai terroristi all’estero e in patria.
2013 sono stati 316.545 gli americani che hanno perso la vita sul suolo nazionale a causa delle armi da fuoco, contro i 313 uccisi dai terroristi all’estero e in patria.
Paolo Mastrolilli riporta i dati in un suo articolo su La Stampa: "negli Stati Uniti vivono 318 milioni di persone, e ci sono in circolazione fra 270 e 310 milioni di armi varie. Nel 2013 queste armi hanno fatto 33.169 vittime, fra 11.203 omicidi, 21.175 suicidi, 505 incidenti e 281 decessi ancora non classificati. Durante l’intera guerra del Vietnam, per capirsi, morirono circa 58.000 soldati americani. Dagli attentati dell’11 settembre 2001 in poi, la lotta al terrorismo ha dominato il dibattito strategico negli Stati Uniti, eppure le vittime sono molto inferiori. (...) L’emergenza diventa ancora più grave se si considerano i dati degli attacchi alle scuole e alle università, obiettivi privilegiati perché sono poco protetti, e spesso attirano le vendette degli ex alunni usciti di testa".
Negli Stati Uniti gli interessi economici che gravitano sulla vendita delle armi sono così predominanti che i dati da soli non bastano per contrastare chi commercializza pistola e fucili: "La lobby dei produttori risponde che l’attenzione dei media per queste stragi è sproporzionata. Il sito «Guns Save Lives» nota che è più facile morire per un incidente in bicicletta o una caduta di vario genere, piuttosto che per un proiettile. Lo fa usando un rapporto dell’Fbi, secondo cui dal 2000 al 2013 in America sono morte solo 418 persone in «active shooter situations», contro le 800 morte in bici o le 26.631 uccise da cadute di vario genere. Sul piano politico, poi, la National Rifle Association sostiene che ci vorrebbero più armi, per ridurre il numero delle vittime delle armi. Ad esempio, se una guardia o un professore armato avesse incontrato Chris Mercer, avrebbe potuto ammazzarlo prima che facesse una strage". È un incitamento a un Far West contemporaneo che Barak Obama non riesce, purtroppo, a contrastare.venerdì 2 ottobre 2015
giovedì 1 ottobre 2015
Playlist Settembre 2015
1.
R.E.M., Tongue – (Monster
– 1994) – Lingua
2.
Muse, Feeling Good – (Origin of Symmetry
– 2001) – Accoglienza
3.
Laura Bono, Ho perso – (La mia disceta compagnia – 2010)
– Diagnosi
4.
Serj
Tankian, Borders Are… – (Imperfect Harmonies
– 2010) – Confini
5.
Yes, Love Will Find a Way – (Big Generator – 1987) –
Viaggi
6.
Enzo Avitabile, Nun vulimm’ ‘a Luna – (Black Tatantella – 2012)
– Approdi
7.
Don
Covay, See Saw – (See Saw – 1966) – Altalena
8.
Gino
Vannelli, I Just Wanna Stop – (Brother to Brother – 1978) –
Colosseo
9.
Franco Battiato, La cura – (L’imboscata
– 1996) – Occhi
10.
Pearl
Jam, Speed of Sound – (Backspacer – 2009) – Flussi
11.
Shakira,
Fool – (Laundry Service – 2001) – Inganni
12.
Lenny
Kravitz, Where Are We Runnin? – (Baptism – 2004)
– Cigno nero
13.
Sarah
McLachlan, Ice – (Fumbling Towards Ecstasy – 2001)
– Ghiaccio
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