La candidatura di Crocetta era nata così: il Pd non poteva permettersi una nuova débâcle alla vigilia delle elezioni politiche del 2013 e con il Movimento 5 Stelle in crescita. Il maverick di Gela, il cavallo pazzo fuori dagli schemi, sembrava l’uomo giusto per arginare l’ondata anti-politica, come sarà qualche mese dopo Ignazio Marino a Roma.
E oggi da possibile soluzione, come Marino, è diventato per Renzi il problema. Tornare subito al voto signiica per il premier consegnare la Sicilia al Movimento 5 Stelle. Andare avanti con Crocetta signiica esporsi
al cortocircuito mediatico-giudiziario- politico. Per questo si cerca la via di mezzo, voto in primavera e nuova coalizione allargata a pezzi del centrodestra in disarmo: dal Partito della Nazione al Partito dell’Isola.
Da tempo la politica siciliana ha smesso di seguire gli schieramenti nazionali: già con Raffaele Lombardo i partiti si erano spaccati secondo logiche impossibili da decifrare da Roma. Trasformismi, alleanze friabili che si compongono e si sciolgono in poche settimane. Il sistema Crocetta, con la regia del senatore Giuseppe Lumia, la convivenza del Pd con una lista del presidente (il Megafono), ha portato la decomposizione a compimento, nell’impotenza dei vertici romani.(...)
Un’autonomia siciliana, chiamiamola così, che si è dimostrata disastrosa. Ora tramonta l’antimaia di facciata, trasformata in un neo-conformismo con cui si fa carriera, in nome dei martiri come Paolo Borsellino. Finisce la breve era del governatore Crocetta. Ma il modello siciliano resta l’immagine di cosa può diventare un sistema politico senza principio d’ordine, con un leader autocratico, le correnti di partito come capitani di ventura e i solidissimi interessi delle lobby fuori da regole e controlli. E il futuro scontro elettorale nell’isola, tutti insieme dal Pd all’Ncd di Angelino Alfano alle schegge dell’ex Forza Italia contro M5S, prefigura già la partita che si giocherà con l’Italicum. La Sicilia come metafora, diceva Sciascia. Dell’Italia, della politica che verrà.
Marco Damilano, L'Espresso
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