Il venerdì di terrorismo islamico
ha sconvolto il mondo intero e, come scrive Aldo Cazzullo sul Corriere della
Sera, “la nostra risposta è quella consueta. Ci si chiede
se l’impianto a gas francese poteva essere completamente distrutto, se ci sono
italiani tra i turisti ammazzati in Tunisia, se davvero l’attentato alla
moschea sciita in Kuwait è opera dell’Isis, se in Somalia a suo tempo si poteva
fare qualcosa di più e di meglio. Ci si sente impotenti e impauriti; ed è
legittimo, è umano. Però bisognerebbe cominciare a costruire una risposta che
non sia soltanto l’abituale difesa spaventata o la solita reazione retorica”.
Costruire
risposte non è proprio un esercizio che riescono a fare, con determinazione e
coerenza, i governi occidentali e
riprendere il controllo dei territori in mano al Califfato richiede la realizzazione
di un’alleanza internazionale di difficile attuazione.
È un mondo che scricchiola, come ci ricorda
con lucidità Domenico Quirico nel suo editoriale su La Stampa di ieri: “Apparentemente il mondo
seguita nelle medesime abitudini, ma noi sappiamo che non è più vero. È passato
in un anno un secolo. È arrivato l’evo nuovo, l’evo islamista e totalitario
come mai nessun secolo, forse, arrivò tanto pieno di terribile avvenire. Il nostro mondo,
quello a cui eravamo abituati, scricchiola sui cardini, sferragliano catene
infrante, la terra intera si riempie di sibili che strisciano al suolo come
serpi; e noi, pigri, rimastichiamo ancora il passato come se esistesse sempre,
come il guscio di un seme di zucca ormai vuoto ma ancora saporito, tra i denti.
Stupore di sentire la violenza e la strage così vicina. Non la conosciamo, non
ci crediamo. Non la aspettiamo: eravamo così potenti…. Guardiamo senza il
più piccolo cenno o movimento, come si guarda un fatto della natura”.
Il giornalista riflette
sulle migliaia di chilometri che separano i luoghi colpiti dagli atti
terroristici di venerdì e come, nonostante ciò, la Jihad ci faccia sembrare il
mondo piccolissimo, tramortendo le nostre menti: “L’islam
totalitario vuole rovesciare l’ordine attuale del mondo, investe quello che
siamo, ci priva dello spazio (quanti sono i luoghi in cui non possiamo più
andare) e occupa il nostro tempo, costringendoci a guardare, obbligatori voyeur
dell’orrore. Come
si apprezzano da quando tutto questo è iniziato le cose del mondo, le ore, la
luce, i libri, gli incontri, la musica, e come ci si sente diventati di colpo
piccoli e vani. Potremmo fonderci in collettività, di nuovo, ancora. Dopo anni
di rancori meschini potremmo scoprire che abbiamo con il resto del nostro mondo
la sofferenza e la paura in comune”. La paura e il senso d’impotenza ci
rendono ancora più ciechi su come direzionarci, sopraffatti da questa forma di
medioevo globalizzato che sembra senza vie d’uscita. Triste e tragica la
conclusione di Quirico: “Facciamo il conto dei caduti, come collezionisti
maniaci. E alla fine ci troviamo invischiati in qualcosa di terribilmente
serio. Il problema non è la forza, che ci resta ma inerte. È che abbiamo
perduto di fronte a popoli assetati di profezie anche sanguinarie la facoltà di
dire cose sublimi, quasi ispirate, gravide di significato. Una guerra, contro
di noi, è cominciata, torbida, ma ci manca la convinzione di combatterla,
viviamo già con il sentimento della sua inutilità”.
Canzone del giorno: Wake Up Dead Man (1997) - U2
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