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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

domenica 28 giugno 2015

Scricchiola

Il venerdì di terrorismo islamico ha sconvolto il mondo intero e, come scrive Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, “la nostra risposta è quella consueta. Ci si chiede se l’impianto a gas francese poteva essere completamente distrutto, se ci sono italiani tra i turisti ammazzati in Tunisia, se davvero l’attentato alla moschea sciita in Kuwait è opera dell’Isis, se in Somalia a suo tempo si poteva fare qualcosa di più e di meglio. Ci si sente impotenti e impauriti; ed è legittimo, è umano. Però bisognerebbe cominciare a costruire una risposta che non sia soltanto l’abituale difesa spaventata o la solita reazione retorica”.
Costruire risposte non è proprio un esercizio che riescono a fare, con determinazione e coerenza, i governi occidentali e riprendere il controllo dei territori in mano al Califfato richiede la realizzazione di un’alleanza internazionale di difficile attuazione.
È un mondo che scricchiola, come ci ricorda con lucidità Domenico Quirico nel suo editoriale su La Stampa di ieri:Apparentemente il mondo seguita nelle medesime abitudini, ma noi sappiamo che non è più vero. È passato in un anno un secolo. È arrivato l’evo nuovo, l’evo islamista e totalitario come mai nessun secolo, forse, arrivò tanto pieno di terribile avvenire. Il nostro mondo, quello a cui eravamo abituati, scricchiola sui cardini, sferragliano catene infrante, la terra intera si riempie di sibili che strisciano al suolo come serpi; e noi, pigri, rimastichiamo ancora il passato come se esistesse sempre, come il guscio di un seme di zucca ormai vuoto ma ancora saporito, tra i denti. Stupore di sentire la violenza e la strage così vicina. Non la conosciamo, non ci crediamo.  Non la aspettiamo: eravamo così potenti…. Guardiamo senza il più piccolo cenno o movimento, come si guarda un fatto della natura”. 
Il giornalista riflette sulle migliaia di chilometri che separano i luoghi colpiti dagli atti terroristici di venerdì e come, nonostante ciò, la Jihad ci faccia sembrare il mondo piccolissimo, tramortendo le nostre menti:L’islam totalitario vuole rovesciare l’ordine attuale del mondo, investe quello che siamo, ci priva dello spazio (quanti sono i luoghi in cui non possiamo più andare) e occupa il nostro tempo, costringendoci a guardare, obbligatori voyeur dell’orrore. Come si apprezzano da quando tutto questo è iniziato le cose del mondo, le ore, la luce, i libri, gli incontri, la musica, e come ci si sente diventati di colpo piccoli e vani. Potremmo fonderci in collettività, di nuovo, ancora. Dopo anni di rancori meschini potremmo scoprire che abbiamo con il resto del nostro mondo la sofferenza e la paura in comune”.  La paura e il senso d’impotenza ci rendono ancora più ciechi su come direzionarci, sopraffatti da questa forma di medioevo globalizzato che sembra senza vie d’uscita. Triste e tragica la conclusione di Quirico: “Facciamo il conto dei caduti, come collezionisti maniaci. E alla fine ci troviamo invischiati in qualcosa di terribilmente serio. Il problema non è la forza, che ci resta ma inerte. È che abbiamo perduto di fronte a popoli assetati di profezie anche sanguinarie la facoltà di dire cose sublimi, quasi ispirate, gravide di significato. Una guerra, contro di noi, è cominciata, torbida, ma ci manca la convinzione di combatterla, viviamo già con il sentimento della sua inutilità”.

Canzone del giorno:  Wake Up Dead Man (1997) - U2
Clicca e ascoltaWake Up....


Il nostro mondo scricchiola di fronte ai jihadisti
di Domenico Quirico

La Stampa del 27/6/2015

Apparentemente il mondo seguita nelle medesime abitudini, ma noi sappiamo che non è più vero. È passato in un anno un secolo. È arrivato l’evo nuovo, l’evo islamista e totalitario come mai nessun secolo, forse, arrivò tanto pieno di terribile avvenire. 

Il nostro mondo, quello a cui eravamo abituati, scricchiola sui cardini, sferragliano catene infrante, la terra intera si riempie di sibili che strisciano al suolo come serpi; e noi, pigri, rimastichiamo ancora il passato come se esistesse sempre, come il guscio di un seme di zucca ormai vuoto ma ancora saporito, tra i denti. Stupore di sentire la violenza e la strage così vicina. Non la conosciamo, non ci crediamo.  
Non la aspettiamo: eravamo così potenti…. Guardiamo senza il più piccolo cenno o movimento, come si guarda un fatto della natura. 

I soldati del Leviatano islamista, puntigliosi e malevoli, hanno colpito contemporaneamente, come accade sempre più spesso, accelerano i loro colpi, fiaccano il ferro delle corazze nemiche a martellate, si avvicinano al cuore, che giudicano infetto, della loro fede, l’Arabia con i suoi re i suoi sultani i petrodollari la corruzione. Lione, la tunisia, il Kuwait,: migliaia di chilometri separano questi luoghi, diversi gli assassini le modalità le vittime eppure unico è l’ordito. Il Jihad fa sembrare il mondo molto piccolo. Hanno riconquistato Kobane, tengono Siria Iraq Libia Sahel Sinai... Il medioevo, le invasioni barbariche, la sottomissioni dei popoli e delle nazioni possono sempre tornare nelle stesse forme. E così la prospettiva monotona e sanguinosa, di una storia di stragi, di leggi assolute, di purezze fanatiche e omicide. Il mondo è come tramortito. Stanchezza vecchiaia, rovina del mondo. Sembra impossibile che possa resuscitare. 

Nascita di religioni implacabili, trasmigrazione di popoli, tramonto di epoche, tutte le grandi crisi del passato potremmo comprenderle ora quasi le avessimo sofferte: perchè le abbiamo sofferte, le stiamo soffrendo con il Califfato. Siamo posteri e insieme contemporanei. Abbiamo veduto e vediamo, come mai accade in così breve giro di tempo, profezie e teorie divenire realtà, annunci incredibili avverarsi, minacce farsi sangue e dolore, avvertendo quasi il momento in cui si distaccano dall’immaginazione di coloro che le hanno concepite e diventano fatto.  
Dopo ogni incursione (ma quante sfuggono alla nostra percezione, ogni giorno, troppo lontani i luoghi, estranei alla nostra paura i morti?) è come dopo un bombardamento: ti prende la eccitazione di uscire per osservare con una specie di speranza se quella casa o quel monumento o quella bottega non esistono più; è come se le sbarre della prigione in cui siano chiusi e protetti finora cadessero una ad una. 

Non esiste opinione pubblica né in bene né in male. Basta al nostro desiderio di benessere non soffrire. Non si fa niente che richieda una tensione, come certe voci non arrivano all’ottava. Ci inganniamo con una bricconeria singolare, ridendo. Non si fa a chi è il più forte , ma a chi è il più fino…Dall’altra parte i vizi sono allo stato bruto perché appena usciti dal cuore umano. Loro, controllano le nostre reazioni, registrano, preparano nuovi colpi, esultano alla nostra assenza di atti e alla abbondanza di parole, che non costano niente e non producono niente. La guerra islamista è come un sogno cattivo in cui le persone più normali, il camionista di origini magrebine, il mujaheddin tunisino spuntato dal paese dei «moderati», dei «laicissimi», appaiono sotto i travestimenti più sospetti e terribili. 
Nella vicenda dello stato islamista nel vicino oriente e della sua strategia di aggressione globale noi facciamo tutto solo per far figura. Purché lo si creda. È come se quando si era ragazzi, fingersi sotto diversi travestimenti, atteggiamenti, ruoli. L’islam totalitario vuole rovesciare l’ordine attuale del mondo, investe quello che siamo, ci priva dello spazio (quanti sono i luoghi in cui non possiamo più andare) e occupa il nostro tempo, costringendoci a guardare, obbligatori voyeur dell’orrore.  

Come si apprezzano da quando tutto questo è iniziato le cose del mondo, le ore, la luce, i libri, gli incontri, la musica, e come ci si sente diventati di colpo piccoli e vani. Potremmo fonderci in collettività, di nuovo, ancora. Dopo anni di rancori meschini potremmo scoprire che abbiamo con il resto del nostro mondo la sofferenza e la paura in comune. 

Ma, in Europa e in America, tutto questo non vale. Nessuno credeva a quello che è accaduto. E sembra che sia accaduto per caso, per un errore di calcolo. Tutti giocano una parte; guerrieri con l’arma sempre al piede, e pacieri, che scommettono sui moderati, i buoni, i ragionanti. Bassezze parolaie diventano eroismi. Facciamo il conto dei caduti, come collezionisti maniaci. E alla fine ci troviamo invischiati in qualcosa di terribilmente serio. Il problema non è la forza, che ci resta ma inerte. È che abbiamo perduto di fronte a popoli assetati di profezie anche sanguinarie la facoltà di dire cose sublimi, quasi ispirate, gravide di significato. Una guerra, contro di noi, è cominciata, torbida, ma ci manca la convinzione di combatterla, viviamo già con il sentimento della sua inutilità.