nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

giovedì 30 maggio 2024

C'era una volta in America

Dietro le quinte di “C’era una volta in America”, proiettato per la prima volta quarant'anni fa al Festival di Cannes, ci sono alcuni dei nomi più famosi del cinema italiano. Il progetto nacque infatti nella mente del regista Sergio Leone, che ne fece l’ultimo capitolo di una trilogia insieme a “C’era una volta il West” e “Giù la testa”. Il film fu anche il suo ultimo lavoro, dato che Leone morì solo cinque anni dopo la sua uscita. Alla direzione della fotografia ci fu il leggendario Tonino Delli Colli, mentre le famosissime musiche furono opera di Ennio Morricone.

L’attore Scott Tiler, che interpretava il giovane Noodles, raccontò che nessun componente del team sul set di “C’era una volta in America” parlava un inglese anche solo accennato. Persino Sergio Leone parlava esclusivamente italiano e aveva imparato una sola parola: “goodbye”.

“C’era una volta in America” rimase in fase di progettazione per quasi 15 anni e quando finalmente fu realizzato Leone avrebbe voluto distribuirlo in due film da tre ore ciascuno. Pressato dai produttori, il regista riuscì a ridurre il girato a 229 minuti, con i quali partecipò al Festival di Cannes del 1984.

Negli Stati Uniti il film venne considerato troppo prolisso e venne quindi letteralmente mutilato, riducendo la lunghezza a 139 minuti e ri-arrangiando le scene in ordine cronologico per evitare i flashback. Il risultato fu disastroso e al botteghino americano fu infatti un fiasco. 

Gran parte di “C’era una volta in America” fu girato sul suolo italiano, nei celebri studi di Cinecittà, ma altre scene furono invece realizzate tra Parigi, Montreal e la Florida. A New York fu invece ricostruita la Williamsburg degli anni ’30 e sempre a Brooklyn si trova Washington Street, dalla quale si può ammirare lo scorcio sul Manhattan Bridge che campeggia nella locandina del film.

Durante le negoziazioni per ingaggiare Robert De Niro in “C’era una volta in America” ci fu un incidente che rischiò di far saltare l’accordo. L’attore invitò il regista nella sua suite in un hotel di New York per discutere il progetto, ma rimase profondamente offeso da un dettaglio: nel suo bagno Leone aveva urinato sulla tavoletta. De Niro chiamò quindi infuriato il produttore Arnon Milchan, che riuscì a far rimanere l’attore nel film, nonostante la sua acuta indignazione. […] Robert De Niro è uscito dall’Actors Studio ed è un fervente sostenitore del Metodo, ovvero del calarsi totalmente nei propri personaggi fino a riuscire a viverne le vite in completa mimesi. Sul set di “C’era una volta in America” non tutti gli interpreti erano però del solito avviso. James Woods si dichiaro infatti molto infastidito dal perfezionismo del collega e non risparmiò opinioni infuocate anche nei confronti del tanto celebrato Actors Studio, che, a suo dire, “stava rovinando film da 40 anni”. In realtà anche Sergio Leone si fece notare per la quantità di dedizione riversata sul film, prima e durante la sua realizzazione. Nella fase di pre-produzione il regista incontrò infatti circa 3000 attori per assegnare le oltre 100 parti parlate dello script, mentre uno degli sceneggiatori raccontò di una scena con la folla girata almeno 35 volte. Una delle 35 fu perché il regista si era accorto che nel mucchio c’era un bambino che guardava direttamente in camera.

Eva Cabras, curiosità sul classico crime movie del 1984 - Corriere della Sera (21/5/2024)

Canzone del giorno: Night and Day (1957) - Frank Sinatra
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lunedì 27 maggio 2024

A Hard Rain's A-Gonna Fall

Il 27 maggio del 1963 la Columbia Records pubblicò “The Freewheelin' Bob Dylan”. Tre giorni prima Bob Dylan aveva compiuto 22 (Ventidue!!!) anni e l’album, il suo secondo in studio, lo avrebbe consacrato, di lì a poco, come uno dei cantautori più famosi e influenti della scena mondiale. Tredici canzoni nate dalla creatività e dalla forza narrativa del cantante. Il lato A del disco inizia con “Blowin’ in the Wind”(divenuto presto un inno pacifista) e si conclude con “A Hard Rains’ a-Gonna Fall”, una delle più celebri canzoni contro le guerre. La famosa rivista “Rolling Stone” ha definito il brano come “la più grande canzone di protesta scritta dal più grande autore di canzoni della sua epoca”.

Bob Dylan, A Hard Rain’s A-Gonna Fall (dall’Album “The Freewheelin' Bob Dylan” – 1963)

E che cosa hai visto, figlio mio dagli occhi azzurri?

Che cosa hai visto mio caro ragazzo?
Ho visto un neonato circondato dai lupi,
Ho visto un'autostrada di diamanti e nessuno che la percorreva,
Ho visto un ramo nero che stillava sangue,
Ho visto una stanza piena di uomini coi loro martelli insanguinati,
Ho visto una scala bianca tutta ricoperta d'acqua,
Ho visto diecimila persone parlare con lingue spezzate,
Ho visto pistole e lame aguzze in mano a dei bambini,


E una dura, una dura, una dura, una dura,
Una dura pioggia cadrà.

And it's a hard, it's a hard, it's a hard, it's a hard,

It's a hard rain's a-gonna fall.


Canzone del giorno: A Hard Rain's A-Gonna Fall (1963) - Bob Dylan
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domenica 26 maggio 2024

Domande a chi pensa che...

Domande a chi pensa che sia meglio smettere di sostenere militarmente l’Ucraina.

Se fossimo al posto degli ucraini non cercheremmo anche noi di difendere la nostra libertà, combattendo contro chi vuole occuparci e invocando l’aiuto del resto del mondo? 

Abbiamo il diritto di chiedere a un paese di arrendersi pur di fermare una guerra? 

È accettabile che i confini di uno stato sovrano siano modificati con la violenza? 

Una sconfitta dell’Ucraina non rischierebbe di suggerire a Vladimir Putin che sia possibile invadere anche altri paesi? 

E cedendo a Putin non c’è il pericolo che altri dittatori seguano il suo esempio? 

In Ucraina non sono in gioco anche il futuro dell’Europa e i suoi valori democratici?


Domande a chi pensa che sia meglio continuare a sostenere militarmente l’Ucraina.

Arrivati a questo punto non c’è il rischio di prolungare un conflitto il cui esito sarà comunque un negoziato in cui l’Ucraina dovrà fare delle concessioni territoriali? 

Fin dove è giusto spingersi nel sostegno all’Ucraina? Fino a mandare dei soldati e a entrare in guerra con la Russia? 

Sono state tentate tutte le soluzioni diplomatiche? 

È utile, per i paesi occidentali, isolare la Russia? 

Se la guerra va avanti, siamo sicuri che prima o poi Vladimir Putin non userà l’arma nucleare? 

Davvero gli ucraini, che tra l’altro hanno avuto finora almeno diecimila vittime tra i civili, sono ancora favorevoli alla prosecuzione della guerra? 

Come è possibile ignorare che l’industria militare e quella degli idrocarburi stanno facendo affari enormi con la guerra?

Giovanni De Mauro, Internazionale (5/4/2024)

Canzone del giorno: Unanswered Questions (1971) - John Mayall
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venerdì 24 maggio 2024

Vantaggiosa

In sé e per sé la vita offre ben poco. Anzi la vita è più nemica che amica di chi viene al mondo; per cui nascere è, in sé e per sé, più svantaggioso che vantaggioso. È il fervore, l’estro, la tenacia, la fantasia, la concentrazione e le ambizioni con cui la si vive a renderla accettabile e interessante, a farla diventare vantaggiosa. 

Dario Bernazza (1920 – 1995), O si domina o si è dominati (Mondadori – 1980)

Canzone del giorno: Life for Rent (2003) - Dido
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martedì 21 maggio 2024

Fecondità

Continuiamo a dibattere sulla bassa fecondità ancora in diminuzione. Siamo arrivati a 379 mila nati nel 2023,1,2 figli per donna. Il calo è ininterrotto dal 2008. Quindici annidi diminuzione. Non solo. L'Italia è andata sotto il livello di sostituzione e cioè 2,1 figli per donna nel 1977, anno in cui si trovava in una situazione simile alla Francia. Ma la Francia si è attrezzata e ha messo in campo politiche per creare un clima sociale favorevole alla maternità e alla paternità e ora si ritrova con 7 milioni di giovani in più. L'Italia è andata avanti, come se niente fosse, senza curarsi di un problema vitale che via via è andato aggravandosi e cioè un numero desiderato di figli superiore a quello che uomini e donne riuscivano ad avere. Questo gap avrebbe dovuto rappresentare un campanello di allarme per le politiche. Ci saremmo dovuti attrezzare, per eliminare gli ostacoli che rendevano così difficile per molti realizzare il desiderio di maternità o paternità. E invece no. Ci siamo trasformati in un Paese a permanente bassa fecondità, per inazione. Responsabilità di una non adeguata narrazione della maternità, come dice la presidente del Consiglio? No. Perché il desiderio di maternità c'è e si è espresso in tutti questi anni, ma non è riuscito a tradursi in realtà. Per responsabilità di chi non desidera avere figli? Neanche, dalle ricerche risulta essere una parte troppo piccola di uomini e donne per aver inciso a tal punto. È inutile cercare i "colpevoli" della bassa natalità, e soprattutto ideologizzare il tema. Si fanno pochi figli, perché non si è agito politicamente per creare un clima sociale favorevole alla maternità e alla paternità. E lo si continua a fare nonostante le tante parole della premier e i pochissimi fatti. Perché non si sono attivati gli strumenti per sviluppare l'indipendenza economica dei giovani. Perché le madri sono costrette a pagare un prezzo troppo alto perla maternità. Lasciano il lavoro nel 20% dei casi alla nascita del figlio. Sono costrette a prendere part time, rinunciano a incarichi e sono frenate nel percorso di carriera a causa del figlio. Si trovano troppo sole di fronte alla maternità, soprattutto se non hanno nonni vicini e disponibili, perché i servizi sono scarsi e poco flessibili, sia per i bimbi, sia per gli anziani. Per loro è difficile dover affrontare la propria condizione, senza adeguato supporto da parte del partner. Crisi economica, incertezza del futuro, difficoltà di conciliazione dei tempi di vita e di condivisione delle responsabilità genitoriali, scarsa flessibilità dell'organizzazione del lavoro, mancanza di strumenti di autonomizzazione dei giovani si sono combinati insieme e hanno contribuito alla bassa fecondità permanente, che a sua volta ha innescato un processo a catena: meno nati significa a distanza di 20-30 anni meno donne in età riproduttiva. Pensate dal 2008 le nascite si sono ridotte di un terzo, e più di due terzi del calo della fecondità è dovuto alla diminuzione del numero di donne in età riproduttiva, causate dall'abbassamento della fecondità negli anni ancora precedenti. L'analisi del calo della fecondità non è semplificabile, perché il fenomeno è assai complesso, e non sono semplificabili neanche le politiche. Non basta un bonus qua e uno là, non basta un mese di congedo parentale all'80% del salario invece che al 30%, né un secondo mese solo per i nati nell'ultimo anno. Non serve la decontribuzione per le donne solo a tempo indeterminato con tre o più figli. E le più vulnerabili? E quelle che non riescono ad averne neanche uno? Ci vuole un approccio globale. Congedo parentale all'80% per tutti i mesi, congedo di paternità per i padri, pari a quello per le madri, per coinvolgerli di più nel lavoro familiare alla nascita del figlio, nidi per tutti i bimbi, assistenza socio sanitaria degli anziani basata sulla domiciliarità, con un welfare di prossimità, per alleggerire il carico di lavoro di cura sulle spalle delle donne. Lavoro per i giovani e facilitazione per l'accesso ad abitazioni indipendenti dalla famiglia di origine. Una vera rivoluzione per un Paese che non ha mai avuto queste priorità. Basta parole e approcci ideologici.

Linda Laura Sabbadini, la Repubblica (16/04/2024)


Canzone del giorno: O Children (2007) - Nick Cave & The Bad Seeds
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domenica 19 maggio 2024

Cultura europea

Eccoci, abitanti di un’epoca segnata da una permanente campagna elettorale. Stanchi spettatori di un teatro animato da leader che si candidano nella consapevolezza che non andranno mai a Bruxelles, impegnati a trasformare il discorso sul destino dell’Europa in una querelle quasi strapaesana. Attenti soprattutto a questioni legate all’economia e alla difesa, i partiti non hanno speso neanche una parola sulla centralità della cultura. Eppure, ciò che rende il nostro continente davvero unico è proprio questa «parola», dotata una precisa e irripetibile valenza civile e identitaria. Esito di una doppia eredità — Atene e Gerusalemme — l’idea stessa di Europa si fonda, innanzitutto, sulla sua cultura. Una cultura dinamica, contaminata, porosa, aperta al «nuovo» e all’«altro», informata da una pluralità di diversità interne, intenta a celebrare la dignità dell’uomo, la realizzazione della conoscenza, la ricerca disinteressata del sapere. Si pensi a un piccolo episodio, colto da George Steiner. Mentre negli Usa streets e avenues sono indicate da numeri e da lettere, le nostre strade e le nostre piazze portano il nome di artisti, di scrittori, di scienziati, di statisti. Oltreoceano ci si muove in un presente senza radici. Da noi, la memoria dà consistenza e bellezza. La drammatica dimenticanza odierna era stata già intuita da Milan Kundera in un breve testo del 1985 (ora raccolto in Praga, poesia che scompare, Adelphi). Se nel Medioevo l’unità europea si reggeva sulla religione, nei tempi moderni arte, letteratura e filosofia hanno incarnato i «valori supremi attraverso i quali gli europei si riconoscevano, si definivano». Nella nostra età, con un atto liberatorio, il pensiero forte ha ceduto il suo posto alle prodezze della tecnica e al dispotismo del mercato. L’identikit dell’europeo di oggi: «colui che ha nostalgia dell’Europa». Dunque, addio cultura come terreno comune! Un j’accuse di dolorosa attualità. Che lascerà indifferenti attori e comparse della politica italiana.

Vincenzo Trione, Corriere della Sera (18/5/2024)

Canzone del giorno: Brothers (2013) - Ludovico Einaudi
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venerdì 17 maggio 2024

Paese di ignoranti


In questo paese di ignoranti uno che riesce a distinguere un condizionale da un congiuntivo rischia di passare per intellettuale.

Enrico Vaime (1936 - 2021) - Gli amori finiscono, non preoccupatevi. Duecento42 aforismi circa (Alberti 2015)



Canzone del giorno: Ignore The Ignorant (2009) - The Cribs
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martedì 14 maggio 2024

Quadrilatero maledetto

Alcol, droga, velocità, farsi del male. È il quadrilatero maledetto in cui restano incastrati o schiantati troppi ragazzi. Un copione uguale coi soliti ingredienti: sui vent’anni, le solitudini di massa, il sabato notte, la discoteca, la velocità, l’alcol, il crack e le altre droghe. Colpisce la serialità di questi incidenti, la tragica prevedibilità, divenuta ormai una statistica monotona. Sono morti più ragazzi così negli ultimi trent’anni che per far l’Italia unita ai tempi di Curtatone e Montanara. Le guerre di indipendenza costarono meno delle guerre di dipendenza, più o meno tossica. La droga non fa più notizia ma colpisce più di prima, in aumento i decessi, l’uso di cannabinoidi sintetici e di nuove sostanze psicoattive; tipo fentanyl, la droga degli zombie. Sono migliaia i ragazzi che ogni settimana sfidano su strada e al chiuso Signora Morte, impermeabili alle raccomandazioni pubbliche e private, materne e paterne. Non con spavaldo coraggio ma con totale inavvertenza del pericolo, come se fosse un film, un video, una second life. E sono tanti i genitori e i nonni che a ogni notizia d’incidente hanno una fitta al cuore, aguzzano l’orecchio nella speranza di sentire i nomi di altri; non è lui, anche questa volta l’abbiamo scampata, questo giro ci è andato bene… E se non si conoscono ancora i volti e le generalità si corre in camera sua per vedere se c’è qualche traccia del ragazzo, per capire dai dettagli qualcosa della sua vita, delle sue follie, della sua malattia di vivere. La domenica a prima mattina si va in camera di lui, per capire se almeno alle cinque, alle sei si è ritirato. E loro incuranti di tutto, ma non perché più tosti, più duri ma al contrario, proprio perché più delicati, più fragili. […] Come aiutarlo senza dargliene l’idea? Lasciamo stare l’ossessione della sicurezza, la sindrome mammista della maglia di lana, la paura di mandarli in giro. Liberiamoci da queste umanissime viltà, accettiamo la sfida del mare aperto. Navigare necesse est. Arrivo a dire che preferisco per loro rischi migliori. Esplorazioni ardite, avventure di cielo, di mare e di montagna, partenze volontarie per una causa degna di vita, anche se all’apparenza non ce n’è nessuna che valga una vita. Preferisco scelte consapevoli di rischio per una ragione o una passione grande. Arrivo a preferire i ragazzi che partivano volontari in guerra. Meglio i morti per ardore di fede e di patria ai morti per velocità, fumo e depressione. Meglio martiri di un’illusione piuttosto che vittime automatiche di una nottata sfatta. Forse il rimedio è ridare incanto alla vita, smetterla di considerarla solo un fatto di contabilità, di successi e consumi. Forse la matrice ultima dell’autodistruzione è proprio quello che crediamo essere il rimedio. Consumando consumando, le dosi aumentano e alla fine c’è l’autoconsumo. Forse bisogna dare libera circolazione ai miti per evitare che i ragazzi ne seguano degli altri, infami, infimi e feroci. Grandi passioni estetiche, estatiche, religiose, letterarie, storiche, esplorative, di pensiero… Non il comodo miraggio della bella vita ma lo sforzo di vivere una vita bella. Ai figli estremi del vietato vietare non servono tanto i divieti. Provate invece a sfidarli sul loro terreno: non chiedete loro di passare dall’incoscienza alla prudenza, ma dall’incoscienza al coraggio. Su, coraggio, non tornate a casa. Rendete la vita un’avventura degna di essere vissuta.

Marcello Veneziani, Panorama (5/5/2024)

Canzone del giorno: Road to Hell (1997) - Bruce Dickinson
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domenica 12 maggio 2024

Povero munno

Povero munno (2016)

N'copp' a sta terra, terra e giustizia,

tutt' currier, puttan' e vizie

n'c'è sta nu munno ca è fatto e vizie,

primmo se mangia e po te ranno o giudizio.

N'copp' a sta terra, terra e illusione

stanno appiccianno tutt' e passione,

Senza canoscere a vera ragione

mettono a riscio

stu poco d'ammore.

Povero munno, povero munno,

povero munno, ca nun trova a verità.

Povero munno, povero munno,

povero munno, ca nun trova a libertà.

Povero munno, James Senese & Napoli Centrale (testo di Enzo Gragnaniello)


Canzone del giorno: Povero munno (2016) - James Senese & Napoli Centrale
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giovedì 9 maggio 2024

Inquinamento politico

Fare politica è costoso, un po' dappertutto. Richiede un investimento iniziale, ma anche da alimentare periodicamente, non piccolo: tempo, energie e denaro. La tanto, troppo sbandierata "passione" è importante, aiuta nei momenti difficili, ma non è mai sufficiente. Fare politica può anche essere un modo per arricchirsi: fama, prestigio, riconoscimenti, persino soddisfazioni quando si ha la capacità e la possibilità di formulare e attuare politiche che giovano a una comunità, agli elettori, al sistema politico, sodale, economico (la Nazione?). Anche senza conoscerne le preziosissime teorizzazioni, molti concordano con Max weber. Magari la distinzione fra vivere per la politica e vivere di politica è troppo drastica. Certamente, però, Weber non pensava affatto e non avrebbe in nessun modo condonato chi, volendo vivere di politica, avesse utilizzato qualsiasi suo ruolo per estrarre illecitamente vantaggi personali, anche ricorrendo alla corruzione, dalle sue attività. "Politici d'affari" "Politici d'affari" fanno la loro comparsa in molti sistemi politici, non necessariamente in tutti. Nei regimi autoritari, la corruzione è insita, quasi la norma. La si scoperchia non appena cambiano i governanti. Nelle democrazie le differenze fra sistemi sono notevoli. Possono derivare sia dalle strutture: istituzioni, burocrazia, partiti, sia dalle mentalità più o meno disponibili ad accettare qualche dose di corruzione. Quindi, nei casi di frequente e diffusa corruzione in politica, non è sufficiente guardare esclusivamente alla politica, ma anche ai valori della società e relativi comportamenti. La reazione sdegnata della società italiana, ancorché nient'affatto unanime, e le inchieste della magistratura, a partire da Mani pulite portarono a una situazione nella quale la corruzione politica sembrava potesse diventare un fenomeno marginale, limitato. Di recente, invece, hanno fatto la loro comparsa casi gravi da Bari a Torino, in Sicilia e altre fattispecie (anche di ministri e sottosegretari, il conflitto di interessi è intrinsecamente portatore di corruzione), da ultimo, ieri, in Liguria dove si ipotizza una rete ampia e diversificata, quasi un sistema, che coinvolge Giovanni Toti, il presidente della regione Liguria e numerosi operatori economici anche di vertice. Per mia salvezza personale, mi cautelo subito con l'espressione "la giustizia faccia il suo corso" e completo "massima fiducia". L'orologio della giustizia funziona come può, ma gira, gira costantemente. Uomini e, in misura minore, donne, forse perché sono numericamente meno presenti e meno potenti, corrotti/e se ne trovano dappertutto, ma con enormi differenze fra paesi: quasi assenti in Scandinavia e limitati nei sistemi anglosassoni tranne che negli Usa, già non più "anglosassoni", come tutte le ricerche riscontrano e documentano. In qualche caso a tener bassa la corruzione serve il controllo politico e sociale: partiti che la ripudiano e sistematicamente escludono chi è incline a praticarla; elettori informati e indignati che la puniscono con il voto; mass media che la raccontano senza sconti e senza favori (favoreggiamenti). In altri, è l'ambiente circostante che ne rende intollerabile il costo non solo politico: esclusione rapida e definitiva dalle cariche, ma anche reputazionale: messa al bando con vergogna da qualsiasi attività pubblica. In Italia, c'è molto da fare su entrambi i terreni, a cominciare dalle interazioni sociali di partenza, in famiglia, nelle scuole, fra gruppi di pari. Coloro che corrompono e coloro che si lasciano o addirittura si fanno corrompere non sono "furbi". Sono malfattori le cui attività inquinano la vita di tutti, violano qualsiasi principio etico, mettono le fondamenta, costruiscono e perpetuano l'ingiustizia sociale. Questo è l'altissimo costo della corruzione, soprattutto quella politica.

Gianfranco Pasquino, Domani (8/5/2023)

Canzone del giorno: Passion (1980) - Rod Stewart
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martedì 7 maggio 2024

Ingiustizia

L'italiano è mosso da un bisogno sfrenato di ingiustizia.

Ennio Flaiano (1910 – 1972) – Diario degli errori (1976)


Canzone del giorno: Salve sono la giustizia (2000) - Nomadi
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sabato 4 maggio 2024

All'altezza dei fiori

All’altezza dei fiori


Canzone del giorno: Where Have All the Flowers (1955) - Pete Seeger
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giovedì 2 maggio 2024

Sicurezza sul lavoro

Nico Comix, da google.it

















Canzone del giorno: Dirty Work (1972) - Steely Dan
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mercoledì 1 maggio 2024

Playlist Aprile 2024

     1.      Antony and the Johnsons, One Dove – (The Crying Light – 2009) – La colomba

2.      The Vaughan Brothers, Telephone Song – (Family Style – 1990) – Rimossi

3.      Diodato, Di questa felicità – (Cosa siamo diventati – 2017) – Possibilità di felicità

4.      Coez, Le parole più grandi – (Niente che non va – 2015) – La Guerra delle parole

5.      Kings of Leon, Mediocre Minds – (When You See Yourself – 2021) – Saper disinnescare

6.      Bad Religion, Mediocre Minds – (No Substance – 1998) – Mediocre

7.      Shinedown, Enemies – (Amaryllis – 2012) – Due nemici

8.      Uriah Heep, Echoes in the Dark – (The Magician’s Birthday – 1972) – Echoes in the Dark

9.      Pearl Jam, Indifference – (Vs – 1993) – Accade in Iran

10.   Lenny Kravitz, Stillness of Heart – (Lenny – 2001) – Buon ascoltatore

11.   Marillon, The Great Escape – (Brave – 1994) – La fuga

12.   Gary Moore, Who Knows (What Tomorrow May Bring)? – (Scars – 2002) – Export militare

13.   Charley Pride, Old Photographs – (Amazing Loves – 1973) – Rullini