Se davvero vedrà la luce, “e sottolineo se”, il colosso dello Stretto batterà due record, con una campata di oltre tre chilometri sarà il più lungo ponte sospeso finora costruito, ma anche quello che ha atteso più tempo prima che si decidesse di costruirlo. Sospeso, dunque, nello spazio e nel tempo, sospeso anche nel più ovvio dei doppi sensi. Il primo a parlarne fu Giuseppe Zanardelli nel 1876 perché non bisognava fare solo gli italiani, ma l’Italia stessa divisa anche fisicamente. “Sopra i flutti o sotto i flutti la Sicilia sia unita al Continente”, diceva il bresciano esponente di punta della Destra storica. Benito Mussolini che non era tenero con la Sicilia prometteva nel 1942 che dopo la guerra avrebbe costruito un ponte: “È tempo che finisca questa storia dell’ isola: dopo la guerra, farò costruire un ponte”. Nel 1984, Claudio Signorile, ministro per gli Interventi straordinari nel Mezzogiorno, prometteva: “Si farà entro il 1994”. Un anno dopo Bettino Craxi, capo del governo, anticipava al 1989 l’avvio dei lavori da completare nel 1995: “Sarà un’ opera da primato mondiale”. Con il nuovo millennio cambia l’umore. Dice Nino Calarco, presidente della Società Stretto di Messina: “Se la mafia è in grado di costruire il Ponte sullo Stretto, benvenuta mafia”. Ma Silvio Berlusconi non s’arrende: “Si potrà andare in Italia dalla Sicilia anche di notte, e se uno ha un grande amore dall’ altra parte dello Stretto potrà andarci alle 4 del mattino senza aspettare i traghetti”. […] Ora Matteo Salvini dice che sarà la volta buona. Si presenta in tv, piazza davanti a Bruno Vespa un plastico e assicura tutti, anche se il decreto varato dal Consiglio dei ministri è stato approvato “salvo intese” e di intese ne servono davvero parecchie, politiche, economiche, industriali e legali. Secondo molti pareri, sembra complicato ripristinare il contratto originario per la costruzione col consorzio Eurolink (guidato dalla Webuild) che aveva vinto la gara annullata dal governo Monti. Se si dovesse indire una nuova gara, sarebbe impossibile avviare i lavori entro il 2024, ma soprattutto non si sa ancora chi sborserà i soldi per la costruzione. Il decreto stanzia solo 50 milioni di euro per la Società dello Stretto (controllata dall’Anas) allo scopo di aggiornare la progettazione alle nuove normative ambientali e antisismiche. I soldi dovrebbe metterli lo Stato, ma potrebbe anche esserci una partecipazione diretta europea visto che il ponte è inserito nel “corridoio Berlino-Palermo”. E perché non coinvolgere investitori privati? Con il ponte l’alta velocità ferroviaria potrebbe arrivare in Sicilia, visto che i treni veloci non si possono spezzare per metterli sui traghetti. Eppure il potenziamento della ferrovia Palermo-Catania da 4 miliardi (220 km, per scendere da 3 a 2 ore) non prevede l’alta velocità. Parole, parole, parole, ma quanto costano? I pedaggi non basteranno anche se si prevede un traffico di seimila veicoli all’ora e 200 treni al giorno. Salvini sostiene che ci vorranno sette miliardi di euro, “meno del reddito di cittadinanza”. Erano quasi 5 miliardi di euro nel 2001 saliti a 6,3 miliardi stimati dalla Corte dei conti nel 2011 fino agli 8,5 miliardi dell’anno seguente quando il governo Monti ha avviato un’analisi puntuale che alla fine aveva sconsigliato di proseguire su quel progetto perché insostenibile anche dal punto di vista finanziario, più una serie di anomalie come l’assenza di autorizzazioni ambientali e tecniche. I ministri successivi fino a Enrico Giovannini non hanno cambiato idea. Gli ultimi pareri tecnici non negano i benefici del ponte. “Il sistema di collegamento stabile completerebbe un corridoio multimodale passeggeri e merci, aumentando l’utilità complessiva degli investimenti già fatti ed in corso di realizzazione sull’intero sistema, in primis il nuovo tunnel ferroviario del Brennero”, osserva il rapporto. L’opera “consentirebbe di realizzare una rete di collegamenti stradali e ferroviari interni al Mezzogiorno per aumentarne la connettività interregionale, incrementando il mercato interno alla macro regione con rilevanti potenzialità di sviluppo di questa parte del Paese”. Ma…ci sono parecchi ma, a cominciare da quelli tecnici. La prima obiezione riguarda la campata unica che sarebbe maggiore di circa il 50 per cento rispetto al ponte sospeso più lungo al mondo finora realizzato. Una bella sfida, non per questo bisogna ritirarsi sia chiaro. È vero che l’impatto visivo sarebbe notevole, però non ci sarebbe nessun effetto negativo sulla navigazione e il ponte avrebbe “una ridotta sensibilità sismica”, al contrario di quel che si dice nei caffè dall’una e dall’altra parte dello stretto. Esistono perplessità anche sull’ubicazione necessariamente lontana dalle due principali città. Tuttavia il costo finanziario resta il vero problema finora insormontato. La parola fine pronunciata da Monti nel 2012 non è stata indolore. Le imprese vincitrici del bando hanno chiesto danni, indennizzi e risarcimenti. In particolare Eurolink per 700 milioni di euro, Parsons Transportation per 90 milioni e persino la Società dello Stretto vuole altri 320 milioni. La vicenda giudiziaria di questi ricorsi è intricatissima: la questione dei risarcimenti è finita addirittura alla Corte costituzionale che nel 2019 ha stabilito il perimetro degli indennizzi da corrispondere alle società, maggiorato del 10 per cento. Ora il decreto-legge resuscita i vecchi accordi stabilendo la rinuncia a ogni rivalsa attraverso atti aggiuntivi e la prosecuzione dei rapporti contrattuali “caducati”. Ma di caduco finora c’è stato solo il voler fare.
Stefano Cingolani, Il Foglio (25/3/2023)
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