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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

venerdì 11 giugno 2021

Calcio europeo

Si dice che il calcio, quando non umiliato da esplosioni di violenza e razzismo, unisca i popoli, sia messaggero di tolleranza e pace universali. I club, ma ormai anche le squadre nazionali, sono espressioni multirazziali e multiculturali, a volte rappresentative del corpo sociale più di quanto non lo siano i sentimenti collettivi. Il perno dell’Italia agli Europei è il brasiliano Jorginho. La Francia è fortissima, ma un po’ tanto «africana». La Germania, la più multietnica, ha nelle sue file polacchi, turchi, albanesi, tunisini. La Svizzera è una multinazionale con immigrati kosovari e albanesi. Un quarto dei giocatori che prendono parte al torneo ha doppia nazionalità. Se guardiamo il tabellone della competizione, il calcio «europeo» — oltre ad esaltare l’integrazione di culture diverse — ha allargato i confini dell’Europa continentale. In senso geografico e simbolico, s’intende, ma si presuppone, e si spera, anche in senso culturale e forse un giorno politico. Formalmente, il torneo si basa sulla partecipazione dei 54 Paesi membri dell’Uefa, esattamente il doppio dei Paesi membri della Ue. La maggioranza di essi (47, compresi Russia, Turchia, Azerbajgian) fa parte del Consiglio d’Europa (da non confondere con il Consiglio Europeo della Ue) che ha il compito di promozione e osservatorio di democrazia e rispetto (!) dei diritti umani. Alle porte della Ue premono, con vari livelli del processo di adesione, i Balcani del Sud, oltre a Turchia e Macedonia del Nord, che giocheranno il torneo. Ad accrescere il senso di un campionato davvero «europeo», si gioca in varie città del continente, da Baku a San Pietroburgo, ma paradossalmente la finale si giocherà a Londra che, dopo Brexit, si sente un po’ meno europea. Tra l’altro, per ragioni storiche, non esiste una Nazionale del Regno Unito, per cui giocano l’Europeo il Galles e la Scozia (che forse in Europa vorrebbero starci) e l’Inghilterra (che ormai ne resta fuori contenta e vaccinata). Il Regno Unito non fa nemmeno parte dell’Uefa, cui aderiscono le quattro federazioni di campionati divisi. Se San Marino e Andorra non fossero state eliminate, si potrebbe continuare con le suggestioni europee in chiave calcistica. Suggestioni, che tuttavia allargano i confini, in senso geografico e ideale. In fondo, potrebbe succedere che russi e ucraini si abbraccino, che Erdogan si trovi in tribuna con la Merkel e Draghi e ceda il posto a Ursula von der Layen, che i giocatori della Macedonia «del Nord» qui siano atleti soltanto macedoni e basta, che albanesi e kosovari si sentano europei non perché giocano per la Svizzera o la Germania. Il calcio è solo un gioco? Mica tanto.

Giovanni Nava, Corriere della Sera (10/6/2021)

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