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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

sabato 16 aprile 2016

Referendum

"Non occorre essere degli scienziati politici per prevedere che il referendum sulle trivelle molto probabilmente fallirà. In questi tempi di profonda disaffezione dei cittadini nei confronti della politica e delle sue istituzioni è azzardato ipotizzare che il 50% più uno degli elettori si rechi a votare. 
E come ben si sa questa è la condizione perché il risultato sia valido. Dovrebbero recarsi alle urne 23.452.578 elettori. Un traguardo molto difficile da raggiungere.
Tanto più che sul quesito l’informazione è scarsa e la mobilitazione è modesta. Inoltre la scelta tra il sì e il no configura un dilemma tra protezione dell’ambiente e difesa dei posti di lavoro che terrà lontano dalle urne anche una parte di coloro che sono più informati e meno distanti dalla politica. (...)
Così come è congegnato ora il referendum è diventato uno strumento inutile. In particolare occorre eliminare o modificare il quorum. Questo non farà aumentare drammaticamente l’affluenza alle urne. (...) Una soluzione più equilibrata del problema è stata inserita nella riforma costituzionale approvata definitivamente martedì alla Camera. La nuova formulazione dell’articolo della Costituzione prevede due percorsi referendari.
Il primo è lo stesso con cui si voterà domenica sulle trivelle: 500.000 firme per chiedere il referendum e quorum del 50% più uno per la sua validità. Il secondo è la novità. Infatti se le firme raccolte saranno 800.000 il quorum diventa la metà più uno degli elettori che si sono recati alle urne in occasione delle ultime elezioni politiche.
Se questo meccanismo fosse in vigore oggi basterebbero 17.635.464 di votanti, e non 23.452.57, per assicurare la validità dell’esito. In termini percentuali si passerebbe dal 50% al 37,6%.
... il nuovo meccanismo referendario renderà molto più rischiosa per i fautori del no la strategia dell’astensionismo strategico. Sono le riforme e non gli appelli che cambiano i comportamenti".
                                                  Roberto D'Alimonte - Il Sole 24 Ore (15/4/2016)

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