nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

martedì 30 luglio 2024

Mentre dormi

Mentre dormi ti proteggo

E ti sfioro con le dita

Ti respiro e ti trattengo

Per averti per sempre

Oltre il tempo di questo momento

Arrivo in fondo ai tuoi occhi

Quando mi abbracci e sorridi

Se mi stringi forte fino a ricambiarmi l'anima

Max Gazzè, Mentre dormi (2010)

Canzone del giorno: Mentre dormi (2010) - Max Gazzè
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sabato 27 luglio 2024

Tregua

Anche quest’anno, prima delle Olimpiadi di Parigi 2024, è stata firmata la risoluzione per la Tregua olimpica. Anche quest’anno, come è sempre stato dal 1992 a oggi, nessuno nei cinquanta stati che sono in guerra, o civile o contro qualcun altro, abbasserà le armi. Va detto che funzionò poche volte anche nell’Antica Grecia. Diamo sempre troppa fiducia allo sport. Lo farciamo sempre di valori positivi, ricerchiamo belle storie dal lieto fine, come la Tregua di Natale e quella partita tra i soldati francesi e tedeschi che sino a poco prima si erano sparati e uccisi. E che hanno continuato a farlo dopo. Altri sono gli esempi di sport capace di unire le persone in guerra. Molte sono leggende, altri falsi storici, alcuni riguardano la dinamica del gioco, non certo della competizione. Il filosofo e psicologo Otto Rank scrisse già nel 1910 che “la dinamica sportiva competitiva, soprattutto sotto le effigi nazionali, è un pericoloso atto esaltatorio della volontà di dominio di un popolo che si identifica in uno stato. E tutto ciò può far esplodere pericolosi regionalismi e nazionalismi”. Come accadde con Gavrilo Princip, l’uomo che sparò all’arciduca Francesco Ferdinando: la sua intolleranza verso la madre patria Austria crebbe a dismisura in una palestra di ginnastica di Sarajevo, dove veniva propagandato il fatto che si dovesse ambire a competere per la bandiera serba e non per quella dell’Impero austroungarico. La Tregua olimpica però è stata indetta. Le Olimpiadi di Parigi 2024 sono iniziate. La speranza di una pace prossima c’è sempre. Non si rifiuta mai una corda quando si sta cercando di lottare contro la corrente di un fiume.

Giovanni Battistuzzi, Il Foglio (27/7/2024)

Canzone del giorno: What a Wonderful World (1967) - Louis Armstrong
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giovedì 25 luglio 2024

Universo


Secondo una teoria, il giorno in cui qualcuno scoprirà esattamente a cosa serve l’Universo e perché si trova là, il suddetto Universo sparirà istantaneamente per essere sostituito da qualcosa di considerevolmente più inspiegabile e bizzarro. Secondo un’altra teoria, l’evento si sarebbe in effetti già verificato.

Douglas Adams, Guida galattica per gli autostoppisti (1979)

Canzone del giorno: Edge Of The Universe (1975) - Bee Gees
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martedì 23 luglio 2024

La risposta

Con gesti lenti e solenni Dwar Ev procedette alla saldatura – in oro – degli ultimi due fili. Gli occhi di venti telecamere erano fissi su di lui e le onde subeteriche1 portarono da un angolo all’altro dell’universo venti diverse immagini della cerimonia.

Si rialzò, con un cenno del capo a Dwar Reyn, e s’accostò alla leva dell’interruttore generale: la leva che avrebbe collegato, in un colpo solo, tutte le gigantesche calcolatrici elettroniche di tutti i pianeti abitati dell’universo – novantasei miliardi di pianeti – formando il supercircuito da cui sarebbe uscita la supercalcolatrice, un’unica macchina cibernetica2 racchiudente tutto il sapere di tutte le galassie.

Dwar Reyn rivolse un breve discorso agli innumerevoli miliardi di spettatori. Poi, dopo un attimo di silenzio, disse: «Tutto è pronto, Dwar Ev».

Dwar Ev abbassò la leva. Si udì un formidabile ronzìo che concentrava tutta la potenza, tutta l’energia di novantasei miliardi di pianeti. Grappoli di luci multicolori lampeggiarono sull’immenso quadro, poi, una dopo l’altra, si attenuarono.

Dwar Ev fece un passo indietro e trasse un profondo respiro.

«L’onore di porre la prima domanda spetta a te, Dwar Reyn.»

«Grazie», disse Dwar Reyn. «Sarà una domanda cui nessuna macchina cibernetica ha potuto, da sola, rispondere.»

Tornò a voltarsi verso la macchina.

«C’è Dio?»

L’immensa voce rispose senza esitazione, senza il minimo crepitìo di valvole o condensatori.

«Sì: adesso, Dio c’è.»

Il terrore sconvolse la faccia di Dwar Ev, che si slanciò verso il quadro di comando.

Un fulmine sceso dal cielo senza nubi lo incenerì, e fuse la leva inchiodandola per sempre al suo posto.

Fredric Brown (1906 – 1972), Answer - La risposta (1954)

Canzone del giorno: Oh My God (2021) - Adele
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sabato 20 luglio 2024

Bug

Una vecchia abitudine fra chi si occupa di informatica è di non fare mai aggiornamenti di giovedì sera o di venerdì, che poi c’è il weekend di mezzo e se qualcosa va storto c’è meno tempo per intervenire. Evidentemente questa legge non può valere per i grandi produttori di software, che in effetti fanno piccoli aggiornamenti costanti, di solito senza che gli utenti se ne accorgano. Se ne sono accorti venerdì 19 luglio, quando Crowdstrike – un sistema di sicurezza che dovrebbe impedire gli attacchi cyber – ha paradossalmente bloccato per qualche ora i sistemi informatici di tutto il mondo: i server di Microsoft, i voli negli aeroporti, le banche e gli ospedali. In Italia i problemi sono stati più limitati, in genere dettati solo dalle conseguenze del caos globale. L’aeroporto di Fiumicino non aveva i sistemi in tilt, ma molti aerei non potevano comunque decollare, a causa dei problemi nelle città di destinazione. Quello che il mondo ha affrontato ieri è stato “semplicemente” un “bug”, un errore tecnico che è stato risolto nel giro di poche ore, con la “medicina” che poi in poco tempo è stata distribuita anche nei singoli sistemi. Ma, ancora di più, tutti si sono accorti di una potenziale fragilità che gli appassionati di tecnologia già conoscono. Si possono usare mille metafore, dal classico battito d’ali di una farfalla che provoca un uragano dall’altra parte del mondo, fino alla palla di neve che inizia a rotolare trasformandosi in una valanga. Ma il senso è sempre lo stesso: in un sistema fortemente connesso, e troppo dipendente da pochi grandi colossi, un singolo problema può avere conseguenze disastrose. In un libro del 2008, intitolato L’apocalisse rimandata (Guanda), Dario Fo immagina che d’improvviso il mondo viva una regressione tecnologica. In ogni città non funzionano più le lampadine, i frigoriferi, non ci sono più caffè nei bar o benzina nelle pompe. Crollano banche e assicurazioni, pure il denaro non ha più valore, si usano solo le biciclette e l’energia prodotta dal sole. Le città si svuotano e si riempiono le campagne. Nel suo stile paradossale, Fo sostiene che il nuovo mondo senza tecnologia non è poi tanto male. Al di là della finzione letteraria, e con tutte le proporzioni del caso, quello che abbiamo vissuto ieri è stato esattamente un assaggio di “apocalisse rimandata”. Singole attività che normalmente immaginiamo come scollegate – i trasporti, il sistema sanitario, i canali televisivi e le linee d’emergenza – hanno iniziato all’improvviso a non funzionare più, tutte nello stesso momento e a livello globale. Dal punto di vista tecnico il motivo era facilmente spiegabile: Crowdstrike da sola ha migliaia di clienti in tutto il mondo e soprattutto ha una piattaforma che deve essere particolarmente invasiva per permettere di intercettare le minacce informatiche. Il legame con Microsoft, l’azienda che produce il sistema operativo più utilizzato al mondo, ha fatto il resto. Dal punto di vista filosofico, invece, la questione ha sollevato dubbi maggiori: e se dovesse succedere di nuovo? E se in futuro il problema fosse più grosso ancora, più difficile da risolvere, e con conseguenze persino peggiori? Quello di ieri è stato probabilmente il più importante disastro informatico della storia recente, ma soprattutto ha reso più popolari questioni che fra gli addetti ai lavori si dibattono da decenni. Almeno dai tempi del cosiddetto “Millennium bug”, quando si temeva che allo scoccare del primo gennaio del Duemila potessero saltare i sistemi informatici di tutto il mondo. In quel caso l’allarme fu effettivamente superiore alle reali conseguenze, ma l’allora presidente di Microsoft, Bill Gates, disse alla Cnn che ci si doveva aspettare che problemi simili si sarebbero ripresentati in futuro. Durante la pandemia ci siamo accorti che un fatto inaspettato può all’improvviso sconvolgere il nostro mondo. E se succedesse lo stesso per colpa della tecnologia? Nel 2021 la giornalista spagnola Esther Paniagua ha scritto Error 404 (Einaudi), un libro in cui sostiene che l’esistenza di Internet non debba essere data per scontata. Il problema è che oggi soffriamo il peccato originale del nostro sviluppo digitale, costruito sulla dipendenza da pochi colossi digitali. In caso di una grossa crisi, come ad esempio un attacco informatico, un black out di Internet o della rete elettrica, o appunto una “bug”, l’intera infrastruttura pubblica digitalizzata sarebbe nelle mani di pochi attori privati. Siamo davvero disposti a fidarci? E se quello di ieri fosse stato solo l’assaggio di un’apocalisse rimandata?

Daniele Erler, Domani (20/7/2024)

Canzone del giorno: Broadway (2008) - Lucio Dalla
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giovedì 18 luglio 2024

Spazio

Spazio 

Spazio spazio io voglio, tanto spazio

per dolcissima muovermi ferita;

voglio spazio per cantare crescere

errare e saltare il fosso

della divina sapienza.

Spazio datemi spazio

ch’io lanci un urlo inumano,

quell’urlo di silenzio negli anni

che ho toccato con mano.

Alda Merini, da “Vuoto d’amore”, 1991


Canzone del giorno: In Your Corner (2024) - Image Dragons
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lunedì 15 luglio 2024

Questione di un millimetro

Questione di un millimetro. Fosse andato a segno il colpo di Thomas Matthew Crooks, gli Stati Uniti sarebbero precipitati in una guerra civile. Probabilmente, con il caso Biden ancora in alto mare, sarebbero andate a monte le elezioni presidenziali previste per il prossimo 5 novembre. E con il sistema statunitense paralizzato, l'intero Occidente sarebbe stato messo in ginocchio. Più di quanto non lo sia già. Impossibile, allo stato attuale, che venga alla luce qualcosa di certo circa l'identità «segreta» (ammesso che ce ne sia una) dell'attentatore. Ci verranno forniti indizi di sue passate appartenenze per giorni e giorni. Per anni, per decenni. Resta il mistero di come Crooks, dotato evidentemente di un'ottima mira e di un'indiscutibile capacità di usare le armi, abbia potuto avvicinarsi indisturbato ad una distanza di centoventi metri dal bersaglio prescelto, appostarsi e sparare. Anche qui troveremo, come sempre è accaduto, decine di persone che diranno di aver visto, previsto, avvertito e di non aver ricevuto ascolto. Un copione stranoto. Che ognuno di noi adatterà agevolmente alle proprie convinzioni preesistenti a molto prima che l'atto si compisse. Quello che ci appare chiaro è, invece, il quadro generale che sta sullo sfondo dell'attentato a Donald Trump. Da anni un Occidente sprovvisto di leader — eccezion fatta per Joe Biden al netto dei problemi ben noti — è sotto scacco di Cina, Russia e Iran che fanno proseliti a man bassa nel cosiddetto Sud del mondo. Abbiamo nominato per prima la Cina perché è con il Paese guidato da Xi Jinping che si arriverà alla sfida finale. Pechino dà le carte, acquista intere aree economiche in ogni parte del globo, accende la luce verde alle guerre da cui pensa di poter trarre convenienza. Dispone, inoltre, nello stesso mondo atlantico di personalità che in modo più o meno esplicito (sempre ben individuabile, comunque) si son messe al suo servizio. […] La partita, diciamocelo con franchezza, non è ben messa. Resta però l'incognita più importante, quella statunitense. E qui veniamo al punto. Biden, con tutti i problemi su cui torniamo per la terza volta, si è mostrato una roccia ancorché forse eccessivamente prudente nell'inviare armi a Zelensky nei tempi in cui quelle armi servivano. Con ottime ragioni, per carità. Non voleva che gli fosse imputabile lo scatenamento, magari a causa di un'avventatezza ucraina, di una guerra vera e propria con la Russia. Ma è Trump l'incognita più grande. Putin in ogni sua dichiarazione fa in modo di farcelo apparire come una sua marionetta, come se fosse una sorta di Marine Le Pen o uno di quegli europei ai quali abbiamo accennato che da tempo si sono messi a disposizione dei cinesi. Ma l'uomo, con le sue mattane, potrebbe rivelarsi una sorpresa. Non è detto che — dovesse tornare alla Casa Bianca — si trasformerebbe in un docile esecutore degli ordini russi, iraniani e cinesi. Beninteso: per quel che ci riguarda consideriamo Biden affidabile e Trump no, assolutamente no. Ma, per andare sul sicuro, a Mosca, Pechino e Teheran una guerra civile che travolga gli Stati Uniti conviene in ogni caso assai più dell'imprevedibilità di Trump. Con questo sia chiaro non intendiamo insinuare che quei tre Paesi o altre entità a loro collegate abbiano avuto niente a che spartire con l'attentato al Butler in Pennsylvania. Vogliamo solo dire che, se il colpo di Crooks fosse andato a segno, Cina, Russia e Iran avrebbero avuto di che gioirne. Può darsi che un bel caos a Washington ai loro occhi sia preferibile anche a The Donald.

Paolo Mieli, Corriere della Sera (14/7/2024)

Canzone del giorno: Time for Bedlam (2017) - Deep Purple
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sabato 13 luglio 2024

Fatica

ll miglior riconoscimento per la fatica fatta non è ciò che se ne ricava, ma ciò che si diventa grazie a essa.

John Ruskin (1819 – 1900)

Canzone del giorno: Carry On (1981) - JJ Cale
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mercoledì 10 luglio 2024

Elezioni francesi

Chi ha vinto? Chi ha perso? Dopo una campagna elettorale ricca di colpi di scena, compreso evidentemente il finale imprevisto (solo intravisto, in realtà, dai sondaggi), non è impossibile capire chi ha oggi migliori prospettive per il futuro politico. La situazione è in rapido sviluppo, ma qualche punto fermo non manca.

Emmanuel Macron

Non ha perso, ma non ha vinto. Il presidente è stato fortemente criticato per la sua decisione di sciogliere l’Assemblée, senza consultare praticamente nessuno. Oggi qualcuno rivaluta la sua scelta: l’alternativa sarebbe stata vedere il governo, di minoranza, continuamente eroso dalla propaganda dei lepenisti “vittoriosi” alle Europee. Non tutto è però andato come lui desiderava, probabilmente. Non ha previsto il cartello elettorale della sinistra, che probabilmente si scioglierà presto (ma non subito). Uno scenario che vedeva Bardella incaricato primo ministro, costretto a rinunciare subito o dopo un infruttuoso tentativo sarebbe stato, per il presidente, molto più proficuo politicamente. Ora sarà costretto, verosimilmente, a una difficile demi-cohabitation con i Républicains e una parte della sinistra. 

Gabriel Attal

Ha mantenuto la rotta, e ha avuto ragione. Il giovane primo ministro non sarà riconfermato nella carica ma ha da subito aperto la porta a una coalizione del “campo repubblicano”, dai gollisti fino alla sinistra non radicale, per il dopo elezioni. La sua vicinanza, in passato, al Parti socialiste lo ha aiutato ha tenere le porte aperte. Molti dei suoi ministri, e degli alleati di Macron non hanno capito e hanno adottato un approccio più rigido, soprattutto nel momento in cui si è trattato di decidere le desistenze, le rinunce alla candidatura per favorire lo sbarramento al Rassemblement nationale. È stato un errore: oggi la sinistra può rivendicare di aver contribuito all’affermazione del campo presidenziale e, nello stesso tempo, rimproverare ai macroniani di non aver fatto lo stesso fino in fondo. La distanza con Bardella, in termini di competenze e capacità di governare, emersa nel dibattito televisivo, ha sicuramente contribuito al risultato finale.

Marine Le Pen

Ha perso, inequivocabilmente. La vittoria alle Europee è stata la fonte della sconfitta alle Legislative e ora deve sciogliere questo paradosso per poter andare avanti. Ha sbagliato molti passaggi: ha tentato, negli ultimi giorni, di recuperare la visibilità perduta nei confronti del “delfino” Jordan Bardella, più bravo nell’intercettare il voto dei giovani (che restano però più affezionati alla sinistra) e nella de-diabolisation del partito. Ha fatto intravvedere un governo in continuo conflitto con il presidente, pronto a contestare le prassi costituzionali; ha evocato un colpo di stato amministrativo, che non c’è stato, così come nelle scorse settimane aveva parlato di un colpo di Stato di fronte alle sentenze del Conseil Constitutionnel che hanno abrogato alcune norme della legge sull’immigrazione. Sostenuta apertamente da Mosca, ha preso sull’Ucraina posizioni che, di fatto, aiutavano Putin, come il no all’uso delle armi francesi sul territorio russo. Troppi candidati, infine, «non dovevano essere candidati», come ha ammesso il vicepresidente del partito Louis Alliot: hanno ricordato che il vecchio Front national non è morto. Rispetto a Bardella è stata però più “istituzionale” nel riconoscere la sconfitta. Come se non ne fosse del tutto scontenta: «La vittoria è stata rinviata». Pensa alle presidenziali, ma il suo tempo potrebbe essere finito.

Jean-Luc Mélenchon

Vuol far credere di aver vinto, ma è destinato quasi sicuramente a perdere. Non è alla guida della coalizione della sinistra, che mal lo sopporta e, a differenza di quanto avvenne nel 2022, non lo ha indicato come candidato primo ministro e anche oggi, dopo il voto, prosegue su questa strada. Ha perso peso nella coalizione, le sue rigidità hanno allontanato diversi dissidenti – alcuni dei quali sono stati rieletti – e altri si sono sganciati dalla France Insoumise subito dopo il voto. È stato abile nel rivendicare per primo la vittoria e l’incarico di governo per il cartello elettorale del Nouveau front national, ma non può ottenere entrambi i suoi obiettivi: non restare isolato e non cedere sul proprio programma di democrazia radicale. Almeno uno dei due va abbandonato, più probabilmente il primo, anche per la situazione politica complessiva.

Marine Tondelier

È, al momento, l’astro nascente della sinistra francese. Segretaria degli Ecologistes, si è fatta notare per aver recuperato quell’approccio pragmatico che ha sempre caratterizzato i Verts, e che si era un po’ perso dopo la vittoria alle Europee del 2019 e, soprattutto, dopo le Amministrative del 2021. Nel voto per Strasburgo di giugno ha bloccato le ambizioni di Mélenchon, impedendo che si creasse un nuovo cartello delle sinistre guidato dal leader di La France Insoumise: è stata la scelta che ha poi permesso la nascita del Nouveau Front National su basi profondamente diverse dal cartello Nupes del 2022. Anche dopo il voto ha subito precisato che l’incarico di formare il governo non potesse andare all’alleato-rivale. Già in campagna elettorale ha invitato tutti a «essere adulti», senza troppo sbilanciarsi sulle possibili alleanze, ma facendo intravvedere un approccio molto aperto.

Riccardo Sorrentino, il Sole 24 Ore (8/7/2024)

Canzone del giorno: France (2004) - Keb' Mo'
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lunedì 8 luglio 2024

Ragnatele

Le leggi sono come ragnatele, che rimangono salde quando vi urta qualcosa di molle e leggero, mentre una cosa grossa le sfonda e fugge. Lo storico e filosofo greco Plutarco (I-II sec. d.C.) nelle sue Vite parallele attribuisce questa frase a Solone che di leggi s'intendeva, essendo considerato il supremo legislatore dell'Atene del VII-VI sec. a.C. Secoli dopo, in uno dei suoi tanti romanzi - per la precisione nella Casa Nucingen - lo scrittore francese ottocentesco Honoré de Balzac riprendeva l'idea così: «Le leggi sono ragnatele che le mosche grosse sfondano, mentre le piccole vi restano impigliate». È, questo, un tema di perenne attualità. Esso può suscitare uno sdegno temporaneo; ma la realtà, ben più resistente, permane. Capita talora che tra coloro che più berciano denunciando la violazione del diritto vi sia chi si prodiga ad abbatterlo a colpi d'ascia col proprio potere, la propria influenza segreta o pubblica, l'intangibilità della propria situazione. Già i profeti biblici protestavano contro «i decreti iniqui" che negano la giustizia ai miseri e frodano del diritto i poveri» (Isaia 10, 1-2). Io, però, vorrei mettere l'accento sull'immagine della ragnatela. Nel nostro Paese in particolare, le leggi sono talmente tante da far sì che non sia più necessario sfondarle per violarle: è sufficiente che ci si aggiri con passo felpato in quel labirinto che sono i codici, per uscirne in modo indenne. Il grande Tacito nei suoi Annali già ci ammoniva: «Nella somma corruzione dello Stato, infinito è il numero delle leggi» (III, 27).

Gianfranco Ravasi, Avvenire (25/10/2002)

Canzone del giorno: Il ragno (1976) - Banco del Mutuo Soccorso
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sabato 6 luglio 2024

Forcone

Esistono persone che ci piacciono a pelle, altre che pensiamo che col tempo potremmo anche riuscire a farci piacere, e altre ancora che vorremmo semplicemente tenere lontane con un forcone.

Douglas Adams (1952 - 2001), La lunga oscura pausa caffè dell'anima (1988)

Canzone del giorno: I'm Nervous (1960) - Jimmy Reed
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giovedì 4 luglio 2024

Wimbledon

Se il principale sogno di ogni tennista è vincere Wimbledon un motivo c’è. Con i suoi 147 anni di vita è il torneo più antico e prestigioso di sempre. E’ il simbolo della tradizione per antonomasia: l’ultimo Slam che ancora si disputa sull’erba, superficie ormai sempre più rara, l’unico a potersi permettere di non avere sponsor sui teloni a bordocampo e a mantenere la ferrea tradizione di costringere i giocatori a scendere in campo "prevalentemente vestiti di bianco". Come scrisse una volta Gianni Clerici: "Wimbledon è qualcosa di più di un torneo, è una religione. È il Vaticano del tennis. È come per un cattolico andare in pellegrinaggio a San Pietro". […] Per chi ha la fortuna o la tenacia di accaparrarsi un biglietto per entrare a Wimbledon è d’obbligo anche accaparrarsi una tipica coppa di fragole con panna. E’ questo, fin dal 19° secolo, il cibo tradizionale che viene servito all'All England Tennis Club. In media vengono servite oltre 110mila porzioni, per un totale di 30 tonnellate di fragole e 8mila litri di panna. Senza dimenticare le 300mila le tazze di thé bevute durante il torneo, le 90mila pinte di birra e le 12mila bottiglie di champagne, quest’ultimo servito rigorosamente con una fettine di salmone. […] La coppa destinata al vincitore del torneo maschile è alta 45,7 cm e ha un diametro di 19 cm. E’ di argento dorato e pesa 3,5 kg. Ben visibile la scritta 'The All England Lawn Tennis Club Single Handed Championship of the World', con incise anno e nome dei precedenti vincitori. Con l'edizione del 2008 vinta da Nadal, però, terminò lo spazio a disposizione per le successive incisioni, così si decise di aggiungere un basamento con una banda ornamentale argentata per continuare la tradizione anche negli anni seguenti. La caratteristica principale (e la più curiosa) è l'ananas che si trova in cima alla coppa. Non esiste una spiegazione ufficiale, ma due versioni più accreditate: c'è chi lo fa risalire al fatto che i capitani delle navi britanniche mettessero un ananas davanti alle proprie abitazioni una volta rientrati da un lungo viaggio, a testimonianza del fatto di essersi spinti lontano in nome della regina e di aver fatto ritorno in patria, e c’è invece chi ritiene che sia stato apposto affinché il trofeo avesse qualcosa di unico ed esclusivo, proprio come lo era un ananas in Inghilterra a fine '800.

Jacopo Manfredi, Repubblica (27/6/2024)

Canzone del giorno: Fresh Strawberries (2013) - Franz Ferdinand
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martedì 2 luglio 2024

Autonomia differenziata

Riccardo Marassi, da google.it

















Canzone del giorno: The Difference (2007) - Anouk
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lunedì 1 luglio 2024

Playlist Giugno 2024

     1.      Nelly Furtado, Enemy – (The Spirit Indestructible – 2012) – Urne europee

2.      Phil Collins, Hang In Long Enough – (…But Seriously – 1989) – Nulla dies sine linea

3.      Elton John, Shine On Through – (A Single Man – 1978) – Europeismo dei fatti

4.      Rodney Crowell, Forty Miles From Nowhere – (Close Ties – 2017) – Assioma di Cole

5.      Tony Bennett, Laughing at Life – (Tony Bennett on Holiday – 1997) – Ridere è un mistero

6.      Spoon, Trouble Comes Running – (Trasference – 2010) – Superbonus

7.      Motta, Dov’è l’Italia – (2019) – Tricolore

8.      Robert Palmer, Mess Around – (Don’t Explain – 1990) – Borgo Egnazia

9.      Lazza, Cento messaggi – (2024) – Accettazione

10.   Christone “Kingfish” Ingram, Another Life Goes By – (662 – 2021) – Un abisso di disumanità

11.   Edoardo Bennato, Un giorno credi – (Non farti cadere le braccia – 1973) – In cima

12.   Bryan Ferry, Taxi – (Taxi – 1993) – Taxi

13.   Electric Light Orchestra, Sorrow About To Fall – (Balance Of Power – 1986) – Il dolore dimenticato