Ci siamo riusciti anche stavolta, è sembrato in apparenza più difficile, ma è stato un attimo e anche la Cop26 di Glasgow si è rivelata per quello che avevamo previsto facilmente, un fallimento e una delusione. Dopo aver passato una settimana a fornire sovrabbondanza di dati scientifici su quanto sia grave il cambiamento climatico, quanto sia accelerato e diverso dal passato e quanto dipenda dall’uomo, dopo aver ribadito in ogni lingua che c’è pochissimo tempo per frenare, alla fine nessuna decisione degna di rilievo è stata presa. La deforestazione è un’emergenza planetaria? Bene, rimandiamone la fine al 2030, sperando che qualche foresta resista fino a quella data il carbone è il vero cattivo tra i fossili, quello che inquina di più? Benissimo, non lo useremo più, ma dal 2030 (e qualcuno dal 2040). Sarebbe il caso di fermare per sempre le nuove trivellazioni di idrocarburi, perché se tiri fuori gas e petrolio, prima o poi li bruci? Sarebbe il caso di impedire ogni tipo di finanziamento pubblico ai combustibili fossili al mondo (ne hanno, attualmente, per 400 miliardi di dollari, le rinnovabili per 90)? Ottimo, ma solo per qualche paese europeo più avanzato. Per non dire dei veicoli a motore endotermico, di cui si ipotizza di non fabbricarne più, però dopo il 2040, ma senza vincoli, mi raccomando. O della riduzione del 45% delle emissioni clima alteranti, ma, intendiamoci, non prima del 2040. O, ancora, delle compensazioni, che sono assolutamente dovute ai Paesi emergenti, visto che noi ci siamo sviluppati per due secoli sconvolgendo il clima e facendone pagare il prezzo soprattutto all’oro mancato sviluppo. (…) … il passaggio all’azione urgente neppure si intravede e certamente non fanno la differenza quei passettini verso obiettivi più ambiziosi, però spostati più lontani nel tempo. Altri fanno notare che il fatto di avere comunque delle dead - line è positivo, dimenticando che è dal primo summit sulla Terra del 1992 a Rio de Janeiro che si ipotizzano date al di là delle quali non si dovrebbe andare. Noi sapiens abbiamo inconsapevolmente messo in piedi un colossale esperimento con il clima, alterandolo fino a farlo diventare un problema per quello sviluppo economico che ne ha tratto vantaggio all’inizio e che oggi, invece, ne soffre le conseguenze. Ma noi più ricchi e fortunati vorremmo che a pagarne il prezzo siano sempre gli altri, come se alla fine potessimo distinguere i nostri figli dei figli loro, e non fossimo tutti sull’orlo della medesima voragine.
Mario Tozzi, La Stampa (14/11/2021)
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