Per una
manciata di secondi la chitarra di Jason Aldean si mescola con il crepitio di un’arma
automatica: «Ta-ta-ta». Sempre più netto, rabbioso. Le note della musica
country, quintessenza dell’America, sono soffocate dal terrore. Oltre 22 mila
persone sono arrivate sotto questo palco per il «Route 91 Harvest Festival» di
Las Vegas. Il Mandalay Bay Hotel domina lo spiazzo: un grande edificio a forma
di libro aperto, segnato da lunghe colonne di luce dorata. È allegro, opulento,
come tutti gli alberghi che si affacciano sulla Strip. Ma alle 22.08 una
finestra laterale del trentaduesimo piano comincia a brillare in modo sinistro.
Entra in azione Stephen Paddock, 64 anni, ex contabile in pensione. L’Isis
rivendica: è uno dei nostri, ma non ci sono riscontri, farà sapere più tardi la
polizia metropolitana di Las Vegas. Si è portato dalla sua casa di
Mesquita, a un’ora di macchina, una ventina tra fucili ad alta precisione,
pistole e un martello. Rompe le due vetrate della camera, una frontale e
l’altra d’angolo. Si mette in posizione di tiro e punta verso la folla a
300-350 metri di distanza. Spara per 10-15 minuti, alternandosi tra le due
postazioni. È una carneficina: 58 morti e 518 feriti, bilancio ancora
provvisorio. La strage più grave nella storia moderna degli Stati Uniti. (...) Comincia
una notte di sirene, di lampeggianti, di pianti e di disperazione. Le barelle
si fanno largo su un tappeto di carte, bottiglie, scarpe spaiate. I resti,
purtroppo ormai familiari e inconfondibili, da Parigi a Nizza, di un massacro.
Giuseppe Sarcina, Il Corriere della Sera (2/10/2017)
Canzone del giorno: Falling World (2009) - Swallow The Sun
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