Sul Corriere
della Sera, Sabino Cassese si pone una serie di interrogativi sul ruolo delle
comunità islamiche che vivono in Europa. Secondo il parere di tanti le varie
organizzazioni islamiche dovrebbero (e potrebbero) fare di più per aiutare le
istituzioni nella lotta contro il terrorismo islamico.
Prevenire e
impedire le reazioni terroristiche è un’impresa complicata e ardua. La
collaborazione degli ordini religiosi e delle comunità laiche è fondamentale
per strutturare una lotta efficace contro il fanatismo religioso: “C’è un
grande assente nelle vicende – tra loro intrecciate – degli attentati
terroristici islamici e del controllo statale dell’immigrazione: le comunità
islamiche. Eppure i cittadini di origine o fede musulmana, che rappresentano
circa il 7 per cento della popolazione dell’Europa (complessivamente, 49
milioni di persone, secondo stime recenti), sono danneggiati due volte dal
terrorismo. Gli attentati producono, innanzitutto, negli Stati, una reazione di
diffidenza nei confronti delle comunità islamiche già stabilite, una diffidenza
che non agevola il dialogo interreligioso, la pacifica convivenza,
l’integrazione. L’altra è una reazione di chiusura degli Stati a danno dei
migranti appartenenti alla medesima comunità, che sarebbero interessati a
entrare nei nostri Paesi. È noto, infatti, che gli immigrati non si muovono
alla cieca, hanno sempre in tasca il numero telefonico di un parente, un amico,
un correligionario, o uno sfruttatore, appartenente alla stessa comunità di
origine. Dunque, gli attentati terroristici impauriscono i cittadini europei,
ma danneggiano anche gli immigrati musulmani e coloro che aspirano a stabilirsi
sul territorio europeo”. Cassese mette in rilievo le molteplici problematicità attuali
(il senso di malessere di minoranze non integrate, i modi opposti di interpretare
il Corano, molti Imam che non aiutano nell’opera di un’integrazione pacifica), e
proprio per questo motivo risulta fondamentale il supporto delle comunità
islamiche: “Così come, in molti Paesi (innanzitutto il Regno Unito), le
comu-nità islamiche sono riuscite a guadagnare il riconoscimento di loro usi,
pratiche, istituzioni, diritti, allo stesso modo, esse potrebbero stabilire
forme e luoghi di «autogoverno», diretti sia alla formazione e alla
integrazione, sia al controllo sociale delle persone devianti, educate alla
violenza, piuttosto che al rispetto reciproco. Se, invece, continuano gli
attentati per impaurire le comunità europee e sfidare gli Stati, si corre il
rischio di aumentare le difficoltà della convivenza e di indurre gli ordini
statali a difendersi, con conseguenze difficili da calcolare. Insomma, come è
stato detto di recente da una autorevole rappresentante della cultura islamica,
tocca ai musulmani essere protagonisti del rigetto della violenza”.
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