Tre attentati negli ultimi giorni. Dopo Istanbul e Mogadiscio, ieri sera l'Isis ha direzionato la sua ferocia omicida a Dacca, la capitale del Bangladesh.
Morti, feriti, ostaggi...
Una catena di attentati che fanno capo all'Isis e alla sua follia che cerca, come è stato detto, di sviluppare un "franchising del terrore”, tenuto conto delle tante organizzazioni terroristiche che, sparse in tutto il mondo, rivendicano in suo nome questi vili massacri.
Stamani Franco Venturini, sul Corriere della Sera, parla di un Califfato che reagisce con il terrore di fronte a delle parziali sconfitte che sta subendo nel suo territorio di riferimento: "Tre giorni dopo la strage all’aeroporto di Istanbul (non ancora rivendicata ma attribuita all’Isis da tutti gli esperti internazionali), il sanguinoso attacco di Dacca conferma che il Califfato reagisce con il terrore alle sconfitte parziali che sta subendo in Iraq, in Siria, e anche in Libia, dove dovrebbe essere prossima una definitiva caduta del caposaldo di Sirte. La scelta del Bangladesh offre poi un’altra indicazione: che l’Isis sta allungando i suoi tentacoli anche in Paesi che prima della seconda metà del 2015 non figuravano tra i suoi territori di presenza e di azione. E’ il caso appunto del Bangladesh ma è anche dell’Afghanistan dove esistono reparti di talebani con le bandiere nere del Califfo, ed è soprattutto il caso di varie zone dell’Africa dove l’Isis ha stretto alleanze con Al Qaeda (nel Sahel), con ribelli di vecchia data che difendono il «loro» territorio (nel Sinai egiziano), con i Shabab (in Somalia) e soprattutto con Boko Haram (in Nigeria). Oltre, beninteso, alla penetrazione in Libia che non cesserà con la caduta di Sirte.
Mantenendo l’Europa e in particolare la Turchia nel mirino, l’Isis attua così una nuova strategia per alzare il prezzo della pressione militare che subisce in Iraq e in Siria da parte della coalizione occidentale e della Russia. Un passaggio purtroppo obbligato, se si vuole battere sul campo il Califfato. Estirparne il criminale messaggio sarà poi impresa assai più ardua, almeno fino a quando esisterà un vittimismo storico dei sunniti. Anche a questa seconda e più difficile fase l’Occidente dovrebbe prepararsi".