«Già quando ho iniziato io il cinema era in mano ai filistei, però gli studios, per salvarsi la coscienza, un paio di volte l’anno ci tenevano a fare dei film di qualità. Ora i buoni film non interessano più: preferiscono fare brutti film che incassano invece che bei film che perdono. E si può capirlo, sono uomini d’affari. Il fatto, però, è che molti dei registi emersi negli anni ’70 non potrebbero più farlo, nel contesto eco- nomico e finanziario di oggi. E c’è anche la questione dei piccoli schermi che diventano sempre più grandi, della definizione dell’immagine che sarà sempre migliore... il ri- sultato è che la gente si guarderà i film a casa, senza più bisogno di uscire. Vuoi l’ultimo film di Angelina Jolie alle 8 e mezza? Chiami e alle otto e mezza il film arriva. Ma sarà un’esperienza molto diversa da quella di quando ero ragazzino io, e ti alzavi la mattina e non stavi più nella pelle perché sapevi che più tardi saresti andato al cinema. Le sale erano grandi e bellissime, la gente aspettava in coda sotto la pioggia e l’intera esperienza aveva qualcosa di magico. Ora è un’altra cosa. Parlo con gli studenti di cine- ma e mi dicono, «Sì, certo,“Lawrence d’Arabia”, l’ho visto. “Quarto Potere”? Anche». Poi scopro che li hanno visti sull’iPhone. Per uno come me è scoraggiante. Terribile».
Woody Allen (da un intervista a Lorenzo Soria) - Espresso n.34 - Agosto 2015
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