Infobesity.
Il
termine riesce, in maniera efficace, a sintetizzare il "consumo"
eccessivo di informazioni che riguarda un po' tutti noi e, in particolar modo,
le imprese bombardate costantemente da e-mail, siti web, intranet aziendali,
messaggi vocali, presentazioni powerpoint.
Come scrive Federico Rampini su Repubblica, si tratta di una "crescita esponenziale della nostra "dieta quotidiana" di informazioni. Notizie, input, impressioni, opinioni, messaggi personali. È una materia grezza che invade la nostra attenzione, usando le tecnologie digitali, e le cifre sono da capogiro. Negli ultimi sette anni, quelli che forse separano la "prima rivoluzione digitale" dalla nuova Rete 2.0, le e-mail inviate quotidianamente sono esplose da 31 miliardi a 183 miliardi. Erano già tante nel 2007, certo, ma nel 2013 si erano sestuplicate (...). I tweet nel 2007 erano ancora agli albori: 5.000 "cinguettii" al giorno. Oggi sono oltre 500 milioni al giorno. Il volume di traffico globale che transita su Internet nel 2002 era di 8,6 milioni di gigabyte al giorno, oggi siamo a due miliardi di gigabyte quotidiani".
Una sovrabbondanza d’informazioni che, al pari dell'obesità convenzionale, intasa la nostra mente e rallenta la nostra reattività: "Il paragone alimentare calza alla perfezione. Gli esseri umani hanno abitato questo pianeta per decine di migliaia di anni in condizioni di penuria di cibo, esposti al rischio di carestie; quando il cibo è diventato abbondante, non eravamo geneticamente programmati per resistere alla tentazione. Qualcosa di simile ci sta accadendo con l'informazione nell'era della sua abbondanza digitale (...). Perfino Eric Schmidt, chief executive di Google, ammette che il bombardamento incessante di nuovi dati può avere un impatto negativo sul nostro pensiero, ostacolare le riflessioni più profonde, la comprensione, l'apprendimento, la memorizzazione".
Le grandi aziende americane stanno investendo sullo studio delle possibili autodifese contro tale forma di "bulimia dei dati". Sono in corso di elaborazione software e, oltre ai rimedi tecnologici, le ricerche sono orientate anche a sperimentare particolari tecniche di meditazione e concentrazione.
Ma al di là di ogni specifica ricerca scientifica, la ricetta di trascorrere parte della giornata scollegati dal mondo virtuale e, magari, fare una bella passeggiata (spegnendo computer e iPhone) rappresenta, sicuramente, il miglior rimedio artigianale.
Come scrive Federico Rampini su Repubblica, si tratta di una "crescita esponenziale della nostra "dieta quotidiana" di informazioni. Notizie, input, impressioni, opinioni, messaggi personali. È una materia grezza che invade la nostra attenzione, usando le tecnologie digitali, e le cifre sono da capogiro. Negli ultimi sette anni, quelli che forse separano la "prima rivoluzione digitale" dalla nuova Rete 2.0, le e-mail inviate quotidianamente sono esplose da 31 miliardi a 183 miliardi. Erano già tante nel 2007, certo, ma nel 2013 si erano sestuplicate (...). I tweet nel 2007 erano ancora agli albori: 5.000 "cinguettii" al giorno. Oggi sono oltre 500 milioni al giorno. Il volume di traffico globale che transita su Internet nel 2002 era di 8,6 milioni di gigabyte al giorno, oggi siamo a due miliardi di gigabyte quotidiani".
Una sovrabbondanza d’informazioni che, al pari dell'obesità convenzionale, intasa la nostra mente e rallenta la nostra reattività: "Il paragone alimentare calza alla perfezione. Gli esseri umani hanno abitato questo pianeta per decine di migliaia di anni in condizioni di penuria di cibo, esposti al rischio di carestie; quando il cibo è diventato abbondante, non eravamo geneticamente programmati per resistere alla tentazione. Qualcosa di simile ci sta accadendo con l'informazione nell'era della sua abbondanza digitale (...). Perfino Eric Schmidt, chief executive di Google, ammette che il bombardamento incessante di nuovi dati può avere un impatto negativo sul nostro pensiero, ostacolare le riflessioni più profonde, la comprensione, l'apprendimento, la memorizzazione".
Le grandi aziende americane stanno investendo sullo studio delle possibili autodifese contro tale forma di "bulimia dei dati". Sono in corso di elaborazione software e, oltre ai rimedi tecnologici, le ricerche sono orientate anche a sperimentare particolari tecniche di meditazione e concentrazione.
Ma al di là di ogni specifica ricerca scientifica, la ricetta di trascorrere parte della giornata scollegati dal mondo virtuale e, magari, fare una bella passeggiata (spegnendo computer e iPhone) rappresenta, sicuramente, il miglior rimedio artigianale.