Cambio generazionale. L'argomento è stato al
centro di innumerevoli dibattiti lungo il corso di questi decenni.
Oggi su La Repubblica, Michele Serra riflette sull’elemento generazionale in campo politico e sul dovere di non sentirsi del tutto immuni degli sfaceli contemporanei, frutto (anche) dei molti errori delle generazioni precedenti.
Un senso di colpa collettivo che dovrebbe coinvolgere un po' tutti coloro nati fra gli anni ’50 e gli anni ‘60, a prescindere se nel corso del tempo si é stati più vicini ai partiti di sinistra, di destra o di centro.
Oggi su La Repubblica, Michele Serra riflette sull’elemento generazionale in campo politico e sul dovere di non sentirsi del tutto immuni degli sfaceli contemporanei, frutto (anche) dei molti errori delle generazioni precedenti.
Un senso di colpa collettivo che dovrebbe coinvolgere un po' tutti coloro nati fra gli anni ’50 e gli anni ‘60, a prescindere se nel corso del tempo si é stati più vicini ai partiti di sinistra, di destra o di centro.
“Tra amici si discute di Renzi, di Cuperlo, di Civati, delle primarie, e
mi accorgo che l’elemento generazionale diventa sempre più evidente e sempre
più ingombrante. Mette in ombra anche i programmi e le differenze politiche,
perché l’anagrafe, in questo Paese di vecchi e per vecchi, è diventata
inevitabilmente un’emergenza, una minaccia, un ricatto. Il mio coetaneo P. è il
più drastico: «Renzi mi piace poco, ma voto per lui perché è ora di abdicare.
Dobbiamo levarci dalle scatole, noi dai sessanta in su, abbiamo già fatto
abbastanza disastri». Non so quanto ragionevole e quanto utile sia, questo
senso di colpa, ma so con certezza che esiste, e non me ne sento del tutto
immune. Quando ho sentito P. usare il verbo “abdicare” ho avuto un sussulto di
ammirazione, perché la parola è perfetta. Contiene quel misto di altruismo e di
stanchezza, di generosità e di viltà che convince a passare le consegne e farsi
da parte. Quando votai Bersani, in fin dei conti votai per me stesso. Ma essere
di sinistra, una volta, voleva dire votare per gli altri. E gli altri per
eccellenza, qui e oggi, sono gli italiani giovani. Migliori o peggiori non
saprei dire. Certo, però, in diritto di scegliere la strada”.
Michele Serra, l'Amaca (la Repubblica 15/11/2013)
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