nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

domenica 30 dicembre 2012

Corsi e ricorsi


Canzone del giorno: New Year's Eve (2011) - Tom Waits
Clicca e ascolta: New....


L’anno che verrà” è il titolo di un editoriale pubblicato dal quotidiano La stampa.
L’autrice dell’articolo focalizza l’attenzione su alcuni “segni positivi” ma anche su tante “incertezze” e sui partiti politici delegittimati: “Anche all’ultimo giorno arrivano altre tasse, altre ingiunzioni: «L'anno vecchio è finito ormai / ma qualcosa ancora qui non va», cantava Lucio Dalla” (…). Decine e decine di amministratori e politici sono finiti in prigione o sotto inchiesta, accusati d'aver depredato lo Stato, ricattato gli imprenditori e derubato i cittadini per arricchire i propri partiti o per fare personalmente una bella vita (…). Eravamo benestanti in una delle prime potenze industriali occidentali… ci siamo ritrovati disoccupati, impoveriti, schiacciati dalle tasse in un'economia di guerra… squassati da una crisi abissale”.
I tanti mali endemici del nostro paese sono elencati: “il logoramento del sistema partitico fra immobilismo, inettitudine e arroganza, i furti dei partiti a danno dello Stato e della collettività, l'intolleranza dei politici verso il potere della magistratura e dei media, l'enormità del debito pubblico, l'usura del rapporto governanti-governati, eletti-elettori”.
Come darle torto?
Un piccolissimo particolare: l’editoriale è stato scritto e pubblicato vent’anni fa.
Il 31 dicembre del 1992 Lietta Tornabuoni, una delle firme più prestigiose del giornalismo italiano, scriveva delle parole che, anche se in un contesto diverso, sono ancor oggi di sbalorditiva attualità.
Corsi e ricorsi.
Per il resto si può soltanto augurare un buon anno a tutti e continuare a canticchiare: “L’anno che sta arrivando / fra un anno passerà / io mi sto preparando / è questa la novità". 

P.S.: di seguito pubblichiamo l’intero articolo, che invitiamo a leggere come riflessione di fine anno.

  Lietta Tornabuoni, L'anno che verrà (31 dicembre 1992) - LA STAMPA
Anche all’ultimo giorno arrivano altre tasse, altre ingiunzioni: «L'anno vecchio è finito ormai / ma qualcosa ancora qui non va», cantava Lucio Dalla. Dicono che in Italia il 1992 sia stato un anno di svolta, imprevisto e impensabile, l'anno di ogni novità: dal 1992 tutto è cambiato, dicono, e nulla potrà più essere come prima. Ma i segni positivi di novità coincidono spesso con segni di senilità morbosa: e ci lasciano, al termine di quest'anno diverso, nella palude del dubbio, dell'incertezza. Certo, i segni di novità presunta sono stati tanti. Il 5 aprile gli elettori hanno espresso con chiarezza inequivocabile il rifiuto del sistema partitico al potere. Una formazione politica nuova, la Lega, ha acquisito consistenza e forza dal voto di protesta. I partiti tradizionali hanno subito nell'opinione pubblica una radicale delegittimazione. I due leader classici, l'astuto Andreotti e il vigoroso Craxi, sino a ieri emblemi di egemonia inattaccabile e di glamour alternativo, hanno avuto un'eclissi repentina. E' caduta di colpo l'intangibilità dei potenti: decine e decine di amministratori e politici sono finiti in prigione o sotto inchiesta, accusati d'aver depredato lo Stato, ricattato gli imprenditori e derubato i cittadini per arricchire i propri partiti o per fare personalmente una bella vita. All'improvviso è diventata ufficiale la situazione economica dei Paese degli italiani: nel 1991 eravamo benestanti in una delle prime potenze industriali occidentali; ne 1992 ci siamo ritrovati disoccupati, impoveriti, schiacciati dalle tasse in un'economia di guerra, gravati ciascuno di 73 milioni di debito pubblico, allineati come a Mosca nelle code dell'assurdità burocratica (in fila durante ore per denunciare una zanna d'elefante, conoscere la classificazione d'un appartamento, comprare una marca da bollo, fumare una sigaretta), squassati da una crisi abissale. S'è aggravata, nel ceto politico colpito, quell'ostilità verso i magistrati che ha subito trasformato il giudice Di Pietro in un eroe popolare. Ma tutto questo è soltanto venuto alla luce, emerso, esploso. Erano già vecchi, noti e criticati (molto vecchi, molto noti, molto criticati) il logoramento del sistema partitico fra immobilismo, inettitudine e arroganza, i furti dei partiti a danno dello Stato e della collettività, l'intolleranza dei politici verso il potere della magistratura e dei media, l'enormità del debito pubblico, l'usura del rapporto governanti-governati, eletti-elettori. Nel 1992, mentre altre vecchie cose continuavano come prima e come prima seguitavano con Lima, Falcone e Borsellino i massacri di Sicilia, o si moltiplicavano le solite ambiguità dei servizi segreti o venivano riscosse altre tangenti a dispetto delle inchieste in corso, molto è arrivato finalmente al punto di rottura: provocando, con l'impressione che manchi un gruppo governante alternativo, smarrimento, un disordine malato, un verminaio incontrollabile, tante paure, qualche speranza. E adesso? Soltanto il 1993 potrà dire quanto i segni del '92 rappresentino una positiva novità. Non ci sarà stata novità se il ceto politico tradizionale considererà il 1992 appena un orribile anno di passaggio, una parentesi oscura, un incidente risolvibile col cambiare o ignorare la legge, col tirare a campare recitando l'autoriforma. Non ci sarà stata novità se la crisi economica si risolverà tutta nella neo-povertà della gente tartassata; né se si tenterà di ammutolire magistrati e media; né se l'inchiesta sulle mani sporche di Tangentopoli finirà in nulla, in un condono generale o in assoluzioni mascherate; né se contro la mafia seguiteranno chiassose azioni dimostrative e silenziosi patteggiamenti inconfessabili. Tra il vecchio che muore e il nuovo che stenta a nascere, il 1992 si lascia ore torbide, ansie, pericolo, l'augurio che le cose vadano meglio: altrimenti, cantava Lucio Dalla, «l'anno che sta arrivando / tra un anno passerà / io mi sto preparando/è questa la novità».