Scritti, commenti, pareri,
opinioni.
La carta stampata come
supporto nel tentativo di capirne qualcosa di più sulle novità che
riguarderanno, volente o nolente, quasi tutti i lavoratori e i datori di
lavoro.
Non dimenticando l’importanza
di non soffermarsi soltanto su una sola opinione!
Infranto il Grande Tabù.
Alberto Orioli (Il Sole 24 Ore del 21/3/2012): Il dialogo con imprese e sindacati perseguito dal
Governo tecnico si chiude con la presa d'atto che il consenso di tutti non ci
può essere quando la materia trattata è la più delicata perché riguarda il
lavoro. E, soprattutto, il Grande Tabù dell'articolo 18.
Quando sarà
smaltita la lettura ideologica della riforma, resterà un compromesso
equilibrato che protegge di più i giovani nella fase di ingresso nel mercato
del lavoro e tutela, senza eccessi e con strumenti di normale uso in Europa,
chi dal mercato debba uscire. L'interesse generale, suggerito come bussola dal
presidente della Repubblica, sta in questo scambio per la modernizzazione di un
mercato che, finora, ha prodotto solo un tasso di attività di dieci punti
inferiore alla media Ue e un gigantesco spreco di capitale umano (un giovane su
tre senza impiego). L'Italia - come ha sottolineato il premier Mario Monti -
risponde ora, dopo oltre un decennio, a chi chiedeva a gran voce questa
riforma: l'Europa, il Fondo monetario, i mercati. Ora gli alibi cadono.
Dovranno arrivare gli investimenti.
Il finto tonto. Marco Travaglio
(Il fatto quotidiano del 21/3/21012): E poi: perché mai sarebbe così urgente cambiare
l’articolo 18, che riguarda l’1% dei licenziamenti? E che senso ha rispondere,
come fa la sig.ra Fornero, che così si tutelano i lavoratori non tutelati? Per
tutelare i non tutelati si tolgono le tutele ai tutelati cosicché nessuno sia
più tutelato? E siamo sicuri che, in un paese dove è facilissimo uscire dal
mondo del lavoro e difficilissimo entrarvi, la soluzione sia rendere ancor più
facile uscirne? (…) E perché mai gli unici che devono rinunciare a
rivendicare i propri diritti sono i lavoratori e i pensionati, mentre la
patrimoniale non si fa perché B. non vuole e le frequenze tv non si vendono
all’asta perché B. non vuole? Il Quirinale smentisce l’indiscrezione
apparsa ieri sul Foglio, secondo cui Bersani sarebbe “sempre più insofferente
per l’interventismo del capo dello Stato” che “lo riprende e lo bacchetta” non
appena “tenta di smarcarsi dal governo o dagli alleati” (nel senso di Casini e
Alfano) “su Rai e giustizia”, per “riportare all’ovile il Pd” in nome della
“stabilità del governo”?Ma, se il Parlamento
deve ratificare senza batter ciglio i decreti del governo e i partiti e le
parti sociali devono prendere ordini dal Colle e dal governo sottostante, siamo
proprio sicuri di vivere ancora in una democrazia parlamentare? E in una democrazia?
Abolito l’articolo 18,
quasi. Vittorio Feltri (Il Giornale del 21/3/2012): Per risorgere ed essere
competitive sul mercato globalizzato, ma non disciplinato da norme comuni, le
imprese abbisognano di ben altro che non l’eliminazione dell’articolo 18, che
è soltanto l’emblema di un Paese vecchio e conservatore, quindi refrattario
se non ostile a qualsiasi cambiamento. (…) L’abrogazione del famigerato
articolo 18, pertanto, è sì necessaria per segnare una svolta di mentalità, ma
occorre sapere che non sarà determinante ai fini del rilancio economico. Per
ottenere il quale servono un mutamento radicale di abitudini, una scuola
all’altezza delle esigenze del mercato, studenti in grado di comprendere che
laurearsi in scienze politiche o in scienze della comunicazione non è utile a
loro stessi (e nemmeno alle aziende), una disponibilità generale a imparare
mestieri tecnici e artigianali che garantiscano un’occupazione. (…) Ergo,
non manca il lavoro, ma il desiderio di farlo. Ecco la differenza tra le generazioni
del passato e quelle di oggi: una volta, almeno per cominciare, si accettava
qualsiasi attività retribuita pur di non gravare su famiglie (la maggior parte)
disagiate; adesso che le famiglie hanno più mezzi, parecchi giovani preferiscono
farsi mantenere da mamma e papà piuttosto che sporcarsi le mani. È un discorso
urticante, mi rendo conto. E proprio per questo temo che non sia peregrino.
Ciò detto, va da sé che urge la riforma del lavoro spesso annunciata e mai
realizzata. Ce la faranno Mario Monti ed Elsa Fornero a portare a casa il
risultato?
La
Battaglia per cambiare. Claudio Sardo (L’Unità del 22/3/2012): Mario Monti ha
deciso lo strappo. Non era obbligato a farlo (…). Se un lavoratore viene
licenziato illecitamente, perché il giudice non può comunque disporre il
reintegro e deve limitarsi a fissare l’indennizzo? Così il datore di lavoro è
nelle condizioni di decidere in modo arbitrario la fine di un rapporto,
rischiando al massimo qualche mensilità aggiuntiva. È chiaro che ciò
modificherebbe in profondità le relazioni interne a un’impresa, in senso
sfavorevole alla dignità e ai diritti del lavoratore: e si può sostenere
credibilmente che questo sacrificio sia davvero funzionale a una crescita della
produttività, o della competitività del sistema, o degli investimenti esteri, o
della fiducia dei mercati, o delle assunzioni dei giovani? Tutti gli indicatori
dicono di no. Del resto, su basi molto empiriche, siamo già testimoni del fatto
che nelle piccole imprese italiane, nonostante la piena libertà di
licenziamento per motivi economici, non ci sia alcuna corsa a nuove assunzioni,
né migliore reattività alla crisi.