La top ten degli “artisti” più ascoltati dagli italiani nel 2024 su Spotify recita così: Geolier, Sfera Ebbasta, Lazza, Tedua, Anna, Guè, Kid Yugi, Capo Plaza, Shiva e Tony Effe. E la canzone più ascoltata è I p’ me, tu p’ te di Geolier. Devastante. Tutto ciò non denota solo il crollo del gusto medio musicale, ma anche lo svilimento della cultura e – conseguentemente – l’abbrutimento della società. Tutti aspetti che, poi, deflagrano (anche) quando ci sono le elezioni. Su questo argomento ho fatto anche un video su Youtube, che sta generando un bel dibattito (persino Vasco si è esposto mettendo un like). Qualche spunto. È vero che ogni epoca ha avuto classifiche di vendita pieni di obbrobri, come è vero che Spotify è usato soprattutto da adolescenti e che queste classifiche sono figlie di algoritmi paraculi e forse pure “gonfiate”. Il punto però è che, se ieri accanto alle Aserejè e ai Sandy Marton c’erano pure La cura di Battiato o Anime salve di De André, oggi il decadimento è trasversale e generalizzato. La musica di qualità ci sarebbe anche, ma non riesce a emergere, per colpa principalmente di radio (e tivù) che trasmettono quasi sempre rumenta e di un mercato discografico (o quel che ne resta) che insegue solo il venduto facile. […] Perché la musica è ridotta così male? Perché la discografia “storica” è agonizzante (infatti la bellezza di un disco splendidamente “artigianale” come Alaska Baby di Cremonini ci pare un prodigio venuto dal passato). Perché anche i live sono pieni di basi pre-registrate e di musicisti veri se ne vedono sempre meno (gli assoli di chitarra sono ormai più rari di una frase intelligente di Salvini). Perché certe generazioni sono irripetibili. Perché la fruizione della musica (ormai divenuta liquida e gratuita) è cambiata. Perché ieri i cantautori erano “fratelli maggiori” le cui parole erano importantissime, mentre oggi contano meno di un influencer scrauso. E perché la musica non è più centrale, bensì relegata a mero contorno: la si ascolta distrattamente, mentre si mangia o meglio ancora si è al cesso. Concludendo. La musica (o presunta tale) italiana vive uno dei momenti più bassi nella sua storia. E – come sempre è stato – si rivela una volta di più spietata cartina al tornasole di un Paese culturalmente esangue, catatonico, pigro, involuto e spento. Allegria!
Andrea Scanzi, Il Fatto quotidiano (10/12/2024)
Canzone del giorno: La musica che gira intorno (1983) - Ivano Fossati
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