Contemporaneamente, due soggetti fanno irruzione nella nebbia della crisi italiana, il presidente della Repubblica e l’Europa. La risultante, quasi obbligatoria e comunque naturale, è Mario Draghi, incaricato di formare un governo istituzionale: ultima spiaggia per evitare lo scioglimento delle Camere in questa fase d’eccezione, dopo il fallimento della politica, incapace di trovare una maggioranza con le sue forze e nel suo perimetro, dentro il quale la crisi di governo si sta avvitando fino a diventare crisi di sistema. […]. Tutto ciò che è successo in questi ultimi due giorni, infatti, concorre a spiegare lo stato d’emergenza che il Quirinale ha certificato scendendo in campo nella crisi con l’appello alla responsabilità del parlamento e dei partiti. I 209 miliardi destinati all’Italia dal Recovery non tollerano altri ritardi nella presentazione dei piani d’intervento e nella definizione delle riforme che devono accompagnare il progetto europeo di sostegno; il piano di vaccinazione va rafforzato e garantito, rassicurando e proteggendo tutte le fasce di popolazione; le misure del contenimento del virus devono continuare, in un rapporto di fiducia tra il governo e i cittadini; il lavoro e la produzione sono il vero buco nero della crisi, e insieme la chiave di ogni possibile ricostruzione del Paese. […] . L’ingresso in campo di un soggetto forte può alterare i fragili equilibri politici su cui si reggono oggi la destra e la sinistra. Nell’ex maggioranza di governo, è scontato l’appoggio di Italia Viva, per ovvie ragioni, del Pd, che ha fatto dell’europeismo la sua cultura e della responsabilità il suo metodo, e di Leu. Zingaretti, che vuole evitare isolamento e solitudine, sta cercando una linea comune con i Cinquestelle, dove però si scaricano tensioni, dubbi, ribellioni e resistenze. […]. A destra entra in crisi la parola d’ordine unitaria che chiede il voto. L’unità era di convenienza, obbligata: dietro la sua sottile superficie urgono e spingono le identità distinte e difficilmente conciliabili del sovranismo radicale e del moderatismo popolare, che l’opzione Draghi fa riemergere, irrisolte. Il nome di Draghi, testimoniando una storia e una politica, agisce infatti come un cuneo tra i moderati e gli oltranzisti, accentua le differenze tra Meloni (contraria), Salvini (negativo ma realista, e tentato di entrare in gioco) e Berlusconi (aperturista). In queste condizioni è molto probabile che se il governo Draghi si farà sarà un agente politico naturale di scomposizioni e ricomposizioni, come capita nelle fasi di interregno, quando un campo disarticolato deve improvvisamente fare i conti con una nuova presenza culturale forte, capace di dare un nome alle cose indistinte e confuse. Può darsi che l'inerzia italiana avviluppi anche questo tentativo costringerlo a giocare al ribasso, con un semplice esecutivo di scopo, per fare poche cose in breve tempo, e andare al voto, perché non c'è governo possibile per l'Italia di oggi. Ma è più probabile che l'ingresso dell'Europa in Italia costringa i due campi della politica a fare i conti troppo a lungo rinviati con se stessi, risolvendo la,loro identità, mentre i due populismi devono risolvere addirittura il loro destino. Il Big Bang è appena incominciato.
Ezio Mauro, La Repubblica (4/2/2021)
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