Come altre volte nella nostra storia, ce la siamo cavata nell’emergenza e rischiamo di impantanarci nella normalità. In Italia si continua a pensare al contagio mentre in molti Paesi a noi vicini si pensa già al post-contagio. Ecco perché dobbiamo smettere per un momento di seguire spasmodicamente le cifre del giorno per giorno e cominciare a riflettere sui prossimi mesi e sui prossimi anni. E qui, purtroppo, compaiono i limiti del Bel Paese, a cominciare dalla sua classe politica. La normalità da riconquistare è largamente intesa come un livello a cui ritornare e non come una pedana dalla quale saltare più in alto in un mondo competitivo; i prestiti alle imprese con garanzia dello Stato rischiano di venir considerati più come sussidi per restare in vita che come capitali per impostare un rilancio aziendale e che dovranno essere comunque restituiti come dovranno, dopo l’emergenza, ridursi il deficit e il debito pubblico. Di qui all’estate si gioca la partita del nostro futuro: non quello delle nostre vacanze e del campionato di calcio bensì quello del lavoro dei giovani e della loro qualità della vita, degli investimenti essenziali in infrastrutture, della ripartenza dello sviluppo. E si tratta di una partita che non possiamo permetterci di perdere”.
Mario Deaglio, La Stampa (17/4/2020)
Mario Deaglio, La Stampa (17/4/2020)
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