Il direttore del quotidiano La Stampa, Maurizio Molinari, dedica il suo editoriale a due problematiche che, in un modo o nell'altro, rischiano di assediare le basi di tante conquiste raggiunte dal mondo occidentale: "Le democrazie industriali si trovano
davanti ad una doppia temibile sfida: il jihadismo dall’esterno, il populismo
dall’interno. Diverse per genesi, identità e pericolosità entrambe tali minacce
possono indebolire in maniera strategica l’Occidente, ed hanno bisogno di
risposte urgenti capaci di respingerle e, in ultima istanza, batterle. Il
jihadismo è una minaccia alla sicurezza, si origina dalla decomposizione degli
Stati nazionali arabo-musulmani in Nordafrica e Medio Oriente ed è portatrice
di una rivoluzione sanguinaria che si propone di dominare l’Islam e
sottomettere tutti coloro che considera infedeli o apostati. Per rispondere a
tale nemico le democrazie hanno bisogno di una dottrina di sicurezza che
indichi nei jihadisti il maggiore pericolo esterno, assegnando il compito della
difesa alla Nato e siglando intese strategiche con ogni altra nazione - dal
Marocco alla Giordania, dalla Russia a Israele, dal Giappone all’Australia -
impegnata a combatterlo. Serve dunque un grande patto internazionale contro la
Jihad. Il populismo è anch’esso una minaccia alla
sicurezza ma si origina dall’interno, dalla rivolta dei ceti medi impoveriti
dalla globalizzazione e bisognosi di nuove forme di protezione economica e
sociale.
Leader e movimenti che nei Paesi
dell’Occidente si propongono di demolire l’establishment dando voce alla rabbia
popolare si giovano della carente attenzione dei partiti tradizionali per le
nuove forme di povertà. Sconfiggere tale minaccia, disinnescando la genesi del
populismo, richiede ai leader delle democrazie avanzate di dotarsi di politiche
di crescita e sviluppo capaci di sanare le diseguaglianze, aumentare il tenore
di vita e in ultima istanza ridare fiducia a milioni di famiglie sul futuro dei
propri figli. Per superare la duplice sfida il metodo
non può essere che uno: combattere il jihadismo come se il populismo non
esistesse e rispondere al populismo come se il jihadismo non vi fosse. Sono due
emergenze parallele, egualmente decisive, ma devono essere affrontate separatamente
perché in un caso si tratta di ridisegnare la sicurezza collettiva e nell’altro
di riprogettare la prosperità collettiva. I leader che sapranno raccogliere
tali sfide potranno ridefinire, rinvigorire e rilanciare il primato delle
democrazie nel XXI secolo".
Una questione, quella riassunta da Molinari nel suo articolo, di estrema delicatezza e urgenza. Il mondo è in bilico e le innumerevoli contraddizioni del nostro tempo sono ancor più amplificate dall'estremismo, dal razzismo e dall'intolleranza sempre più insidiosa: "Lo scenario peggiore è quello di
scivolare verso un confronto diretto fra jihadisti e populisti, gli uni
alimentati dagli altri e viceversa: non è scontato ma è possibile. Ecco perché
servono in fretta politiche comuni radicalmente innovative, da parte di Europa
e Stati Uniti, per disinnescare i pericoli che incombono su tutti noi".
Canzone del giorno: Under Siege (2013) - Human Fortress
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Jihad e
populismo assediano le democrazie
di Maurizio Molinari (La Stampa del 12/2/2016)
Le democrazie industriali si trovano
davanti ad una doppia temibile sfida: il jihadismo dall’esterno, il populismo
dall’interno. Diverse per genesi, identità e pericolosità entrambe tali minacce
possono indebolire in maniera strategica l’Occidente, ed hanno bisogno di
risposte urgenti capaci di respingerle e, in ultima istanza, batterle.
Il jihadismo è una
minaccia alla sicurezza, si origina dalla decomposizione degli Stati nazionali
arabo-musulmani in Nordafrica e Medio Oriente ed è portatrice di una rivoluzione
sanguinaria che si propone di dominare l’Islam e sottomettere tutti coloro che
considera infedeli o apostati. Per rispondere a tale nemico le democrazie hanno
bisogno di una dottrina di sicurezza che indichi nei jihadisti il maggiore
pericolo esterno, assegnando il compito della difesa alla Nato e siglando
intese strategiche con ogni altra nazione - dal Marocco alla Giordania, dalla
Russia a Israele, dal Giappone all’Australia - impegnata a combatterlo. Serve
dunque un grande patto internazionale contro la Jihad.
Il populismo è
anch’esso una minaccia alla sicurezza ma si origina dall’interno, dalla rivolta
dei ceti medi impoveriti dalla globalizzazione e bisognosi di nuove forme di
protezione economica e sociale.
Leader e movimenti
che nei Paesi dell’Occidente si propongono di demolire l’establishment dando
voce alla rabbia popolare si giovano della carente attenzione dei partiti
tradizionali per le nuove forme di povertà. Sconfiggere tale minaccia,
disinnescando la genesi del populismo, richiede ai leader delle democrazie
avanzate di dotarsi di politiche di crescita e sviluppo capaci di sanare le
diseguaglianze, aumentare il tenore di vita e in ultima istanza ridare fiducia
a milioni di famiglie sul futuro dei propri figli.
Per superare la duplice
sfida il metodo non può essere che uno: combattere il jihadismo come se il
populismo non esistesse e rispondere al populismo come se il jihadismo non vi
fosse. Sono due emergenze parallele, egualmente decisive, ma devono essere
affrontate separatamente perché in un caso si tratta di ridisegnare la
sicurezza collettiva e nell’altro di riprogettare la prosperità collettiva. I
leader che sapranno raccogliere tali sfide potranno ridefinire, rinvigorire e
rilanciare il primato delle democrazie nel XXI secolo.
Per comprendere
l’urgenza di assumere l’iniziativa su entrambi questi fronti bisogna prestare
attenzione alle avvisaglie di tempesta ovvero guardare a quanto avvenuto negli
ultimi giorni a Quebec City e Lione. Nella città canadese una moschea è stata
attaccata con armi da fuoco da un estremista bianco spinto da motivazioni di
matrice razzista, causando un pesante bilancio di vittime. Ed a Lione, nel Sud
della Francia, la leader del Front National, Marine Le Pen, ha lanciato la
corsa all’Eliseo sulla base di una piattaforma ultranazionalista che promette
l’uscita da Unione Europea e Nato. In entrambi i casi si tratta di espressioni
estreme, ultranazionaliste, del populismo anti-sistema destinate a giovare alla
propaganda jihadista che punta a reclutare in Europa e Nordamerica fra i
residenti musulmani per moltiplicare gli attacchi.
Ovvero, il
maggiore rischio per le democrazie è trovarsi imprigionate in una morsa di
intolleranza: da un lato i jihadisti, dall’altro l’ultrazionalismo. La presenza
di significativi flussi migratori verso Europa e Nordamerica può aggravare tale
dinamica perché i profughi vengono considerati una sorta di invasori dagli
ultranazionalisti e le tensioni che innescano vengono sfruttate - non di rado -
dalla propaganda jihadista per fomentare odio verso i Paesi di arrivo. Lo
scenario peggiore è quello di scivolare verso un confronto diretto fra
jihadisti e populisti, gli uni alimentati dagli altri e viceversa: non è
scontato ma è possibile. Ecco perché servono in fretta politiche comuni
radicalmente innovative, da parte di Europa e Stati Uniti, per disinnescare i
pericoli che incombono su tutti noi.