Good morning, Vietnam.
A Taranto la “bomba sociale” sta per
esplodere per 14 mila famiglie, con gli indo-francesi di ArcelorMittal che si
accingono a spegnere gli altiforni. A Roma la legge di Bilancio è sotto il
fuoco amico di mille emendamenti, con Bankitalia, Confindustria e Ufficio
Parlamentare di Bilancio che la impallinano senza pietà.
In queste ore di guerriglia
quotidiana, il quartier generale giallorosso è sede vacante.
Zingaretti è negli Stati Uniti con
Bill Clinton: deposta momentaneamente la croce, cerca spunti dal pensionato di
lusso della compianta Terza Via.
Di Maio, ostaggio della corrente
pugliese del Movimento, è missing in action : scomparso in missione, benché
nessuno abbia ben capito qual è. Resta il povero Conte, che da bravo Avvocato
del Popolo ha avuto il buonsenso di presentarsi al “fronte”, tra gli operai e i
cittadini esasperati del quartiere Tamburi, a mettere almeno la sua faccia
sulla disfatta dell’acciaio italiano. Ma adesso, senza munizioni economiche e
giuridiche, spara a salve dal fortino di Palazzo Chigi. Chi ha qualche buona
idea su come reinventare l’area siderurgica mi faccia sapere. Sulla coalizione
invita i suoi alleati a una bizzarra Gargonza natalizia: dopo il varo della
manovra ci vediamo per un bel «weekend di lavoro», dove finalmente ci parliamo
«fuori dai denti». Auguri. Il quadro politico si sta
“sfarinando”, come usava dire un grande vecchio della Prima Repubblica. E a
farlo schiantare del tutto può bastare l’eventuale presentazione di un
emendamento per il ripristino del famoso “scudo penale” sui reati ambientali
connessi al piano Ilva (prima concesso da Di Maio, poi abolito dai 5Stelle e
dalla Lega, poi ri-concesso da Di Maio, poi ri-abolito dai 5Stelle e da Pd,
Italia Viva e Leu). Ormai non serve più a nulla sul piano pratico:
ArcelorMittal se ne andrà comunque.
Massimo Giannini, Repubblica 13/11/2019
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