Quel muro cresceva infatti nella mente
delle persone da ventotto anni, circondava due generazioni, paralizzava
ambizioni, annullava speranze. Era certo una chiusura fisica, uno strumento
meccanico che occupava lo spazio per fermare il movimento e arrestare i corpi.
Ma era anche una barriera spirituale perché occludeva un pezzo di futuro,
restringeva l’orizzonte di vita, occupava la visuale come un’ossessione. Un
blocco concettuale, perché ogni giorno ricordava un confine, la soglia tra la
libertà personale e l’arbitrio del potere, tra l’autonomia e la
discrezionalità. Nascondendo l’altrove, lo mitizzava nel desiderio, rendendolo
irraggiungibile lo ingigantiva, richiamandolo in continuazione con la sua sola
presenza incombente. Così il Muro finiva per separare la vita vissuta in
pubblico, nell’obbedienza, e la vita consumata in privato, nel silenzio, tra progetti
di fuga inconfessabili e l’evidenza del limite, misurando ogni giorno la quota
di libertà vigilata che si poteva sperimentare e la confisca quotidiana di un
tratto di destino.
Ezio Mauro, Anime prigioniere. Cronache dal muro di Berlino -
2019 (Feltrinelli)
Canzone del giorno: Where Are We Now? (2013) - David Bowie
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