L’idea di una Europa capace di svolgere un proprio ruolo nella storia del mondo, capace di immaginare una propria missione per una pace che significasse dialogo tra culture, riconoscimento del valore di ciascuna, concordia oppositorum, è forse finita per sempre. Siamo a una svolta che non ammette più “politica delle illusioni”, che sembra ormai ridurre quella idea a chiacchiera retorica, quando non a indecente ipocrisia. Non si tratta più, infatti, come ormai accade dalla caduta del Muro, della semplice impotenza che assiste alle tragedie senza saper esprimere una sua posizione o obbedendo più o meno docilmente alla voce del più forte. Oggi siamo di fronte a qualcosa di tremendamente più serio: l’Europa tradisce. Il tradimento in politica è un atto decisivo, l’equivalente del giuramento. Il giuramento rovesciato. Con conseguenze irreparabili, poiché chi tradisce diviene un nemico per coloro che avevano creduto in lui. Il popolo curdo aveva creduto in noi. Avevamo invocato il suo aiuto e il suo sacrificio. Il terrorismo del sedicente Stato islamico colpiva l’Europa con effetti più dirompenti e destabilizzanti che in qualsiasi altro Paese, i suoi attentati assumevano da noi un significato anche simbolico quasi pari a quello delle Torri di New York, la guerra che provocava dall’Iraq alla Siria minacciava di rendere i lussi migratori una marea irrefrenabile. I curdi sono scesi in lotta anche per noi. È intervenuto un patto, evidente come la luce del sole, innegabile, non importa nulla se scritto o meno: che saremmo stati al loro fianco nella loro sacrosanta rivendicazione di uno Stato nazionale. E questo patto noi lo abbiamo stracciato. (...) Come spiegare la completa assenza oggi di una opinione pubblica di massa che esprima la propria indignazione e la propria solidarietà, mente e cuore, nei confronti della tragedia curda? (...) Non è stupefacente che milioni di giovani scendano in piazza per la salute della madre Terra e neppure mezzo sciopero per quella delle madri curde, dei loro bambini, dei migranti annegati nel Mare nostro? Può esservi salute della Terra se quella parte della natura che è l’uomo soffre inenarrabilmente in metà del pianeta? La domanda se la dovrebbe rivolgere la cosiddetta sinistra europea, che di un’idea di nuova Europa si millanta portatrice. (...) Vedete un po’ il caso: come sembra facile da noi la mobilitazione via web, media, ecc., quando si tratta di inquinamento e clima, e quanto difficile, se non impossibile, quando il problema è specificatamente politico, di lotta politica, quando cioè non si tratta di “valori universali”, ma di capire chi è l’amico e chi il nemico e organizzarsi contro quest’ultimo. Allora ci vuole appunto, o ci vorrebbe, organizzazione, informazione vera, sedi di discussione democratica, assemblee e congressi che decidano linee concrete di condotta, dirigenti autorevoli, rappresentanze forti. Ma il post-moderno insegna e impera: la politica si fa con tweet e like, insulti e idiozie in rete, fake news e piattaforme Rousseau. Il resto è passato. E i curdi crepino pure, basta che Erdogan si tenga i migranti, naturalmente a un equo canone.
Massimo Cacciari, L'Espresso
Massimo Cacciari, L'Espresso
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