L’inquinamento da plastica sta rapidamente diventando un problema importante a livello mondiale: detto semplicemente, abbiamo prodotto un’enorme quantità di robaccia che adesso non sappiamo più dove mettere. Dagli anni 50 sono stati prodotti nel mondo oltre 8 miliardi di tonnellate di plastica prodotta a partire da idrocarburi fossili. Di questa, il 9% è stato riciclato, il 12% è stato incenerito, il resto è ancora in giro. È quasi una tonnellata di rifiuti di plastica per ogni essere umano che vive oggi. E continuiamo a produrre plastica: oggi se ne producono circa 380 milioni di tonnellate all’anno e il totale continua ad aumentare. E’ questa l’origine della quantità di plastica che vediamo sparpagliata in giro dappertutto. Ma non è solo un problema estetico: stiamo tutti mangiando particelle di microplastica e nessuno sa che effetti avranno sulla nostra salute. A lungo andare, poi, tutta la questa plastica sarà ossidata e trasformata in CO2 gassoso che contribuirà al riscaldamento globale.
Quindi, abbiamo un grosso problema: cosa possiamo fare?
I Verdi nelle loro varie sfumature risponderanno con la parola magica “riciclare!” Ma sono anni che se ne parla e la quantità di plastica riciclata rimane una piccola frazione di quella prodotta. Ma il vero problema è un altro: non è possibile riciclare nulla per più di una quantità limitata di volte. Alla fine, anche le plastiche riciclate devono diventare rifiuti e siamo di nuovo al punto di partenza. C’è poi il partito degli inceneritoristi che già sta cominciando a urlare: “bruciamola!”. Non solo facciamo sparire questa robaccia ma, nel processo, creiamo magicamente energia! Non è una buona idea? Forse, ma se mai c’è stata una perfetta illustrazione del concetto di “nascondere il problema sotto il tappeto”, è proprio questo. Quando viene bruciato, il materiale plastico non scompare: si trasforma semplicemente in CO2 che entra nell’atmosfera per creare più riscaldamento globale. E l’energia che possiamo ottenere dal processo è ben poca ed è ottenuta in modo sporco e inefficiente.
C’è poi la possibilità della bioplastica. Sembra una soluzione perfetta: tutto rimane com’è, non ci accorgiamo di niente eccetto che le plastiche diventano magicamente biodegradabili. La bioplastica non è una cattiva idea ma, come sempre, le cose non sono così semplici. A parte che costa più cara, per sostituire la plastica da idrocarburi, dovremmo moltiplicare la produzione attuale di bioplastiche di un fattore 100 circa. Qui sta il problema: la bioplastica si produce oggi principalmente da prodotti alimentari, cereali oppure zucchero. (...)
Ma il problema dell’eliminazione della plastica non è poi così difficile. E’ solo che va affrontato nel modo giusto. Ci sono pochi usi per i quali la plastica è veramente indispensabile: applicazioni biomediche, gomme degli autoveicoli e altre cose. Ma moltissima plastica è sprecata per degli usi francamente stupidi e inutili, tipo le bottiglie usa e getta. Ne potremmo fare benissimo a meno e sostituire la plastica con metalli, carta, ceramica, tessuti naturali e altre cose. Per quello che rimane, possiamo usare la bioplastica. Non è un problema di tecnologia, è un problema di gestione. Noi (intesi come umanità) siamo stati in grado di gestire ragionevolmente bene l’eliminazione di alcune sostanze nocive dalla produzione industriale. Pensiamo al piombo come componente di vernici o benzina. Pensiamo al mercurio nei termometri, al berillio in alcune leghe, ai CFC nei frigoriferi, al DDT come insetticida e in molti altri casi. Tutte cose che sono state eliminate mediante accordi internazionali.
Ugo Bardi, Il Fatto quotidiano (26/9/2018)
Quindi, abbiamo un grosso problema: cosa possiamo fare?
I Verdi nelle loro varie sfumature risponderanno con la parola magica “riciclare!” Ma sono anni che se ne parla e la quantità di plastica riciclata rimane una piccola frazione di quella prodotta. Ma il vero problema è un altro: non è possibile riciclare nulla per più di una quantità limitata di volte. Alla fine, anche le plastiche riciclate devono diventare rifiuti e siamo di nuovo al punto di partenza. C’è poi il partito degli inceneritoristi che già sta cominciando a urlare: “bruciamola!”. Non solo facciamo sparire questa robaccia ma, nel processo, creiamo magicamente energia! Non è una buona idea? Forse, ma se mai c’è stata una perfetta illustrazione del concetto di “nascondere il problema sotto il tappeto”, è proprio questo. Quando viene bruciato, il materiale plastico non scompare: si trasforma semplicemente in CO2 che entra nell’atmosfera per creare più riscaldamento globale. E l’energia che possiamo ottenere dal processo è ben poca ed è ottenuta in modo sporco e inefficiente.
C’è poi la possibilità della bioplastica. Sembra una soluzione perfetta: tutto rimane com’è, non ci accorgiamo di niente eccetto che le plastiche diventano magicamente biodegradabili. La bioplastica non è una cattiva idea ma, come sempre, le cose non sono così semplici. A parte che costa più cara, per sostituire la plastica da idrocarburi, dovremmo moltiplicare la produzione attuale di bioplastiche di un fattore 100 circa. Qui sta il problema: la bioplastica si produce oggi principalmente da prodotti alimentari, cereali oppure zucchero. (...)
Ma il problema dell’eliminazione della plastica non è poi così difficile. E’ solo che va affrontato nel modo giusto. Ci sono pochi usi per i quali la plastica è veramente indispensabile: applicazioni biomediche, gomme degli autoveicoli e altre cose. Ma moltissima plastica è sprecata per degli usi francamente stupidi e inutili, tipo le bottiglie usa e getta. Ne potremmo fare benissimo a meno e sostituire la plastica con metalli, carta, ceramica, tessuti naturali e altre cose. Per quello che rimane, possiamo usare la bioplastica. Non è un problema di tecnologia, è un problema di gestione. Noi (intesi come umanità) siamo stati in grado di gestire ragionevolmente bene l’eliminazione di alcune sostanze nocive dalla produzione industriale. Pensiamo al piombo come componente di vernici o benzina. Pensiamo al mercurio nei termometri, al berillio in alcune leghe, ai CFC nei frigoriferi, al DDT come insetticida e in molti altri casi. Tutte cose che sono state eliminate mediante accordi internazionali.
Ugo Bardi, Il Fatto quotidiano (26/9/2018)
Canzone del giorno: Mercy Mercy Me (The Ecology) (1971) - Marvin Gaye
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