L’economista
Lucrezia Reichlin, sul Corriere della Sera di venerdì scorso, analizza il voto
siciliano dal punto di vista delle strategie che dovrebbero urgentemente
adottarsi per tentare di arrestare il progressivo impoverimento di una regione
che, come avvenuto in tutto il Mezzogiorno, ha visto una problematica emigrazione
(più del 50% giovani, di cui circa il 20% laureati): “Emigrano i residenti con
una maggiore propensione al rischio, i più ambiziosi e i più qualificati. Molti
di questi sono siciliani. In Sicilia questo si accompagna ad un drammatico calo
degli occupati nell’industria. Dal 2000 al 2016 questi ultimi sono diminuiti
del 21.5%, contro un dato italiano dell’11% e, nel periodo 2015-2016, del 3.8%
contro il 0.3% nazionale. Si
vede, invece, un aumento dell’occupazione nei servizi a basso contenuto di
specializzazione e quindi un calo di produttività del lavoro che, nel periodo
2000-2016, è stato del ben 9.6% (quasi il doppio del dato italiano, pertanto
anch’esso allarmante)”.
È necessario
investire sul capitale umano concentrando gli sforzi sulla qualità della
formazione scolastica e sul tipo di competenze che è necessario acquisire per
approcciarsi allo sviluppo contemporaneo e, sul lato della domanda “è cruciale
la presenza sul territorio di settori ad alto valore aggiunto che possano
beneficiare di personale qualificato e che abbiano interesse a fare della
formazione aziendale un perno del loro sviluppo e competitività. Per
questo preoccupano non solo i dati sull’abbandono scolastico, la percentuale di
coloro che decidono di proseguire dalle secondarie all’università (in calo
vertiginoso dal 2003 al 2013), l’emigrazione dei laureati — cioè l’offerta — ,
ma anche i dati della domanda, che vedono una regione concentrata sempre più su
settori a basso valore aggiunto, bassa produttività e basse retribuzioni”. Lucrezia Reichlin evidenzia la necessità di lanciare un efficace progetto: "che agisca su tutti gli
elementi elencati, sia quelli che hanno effetto sulla domanda, che quelli che impattano l’offerta. La dote settennale dell’ultimo ciclo di fondi europei è di 17,6 miliardi di euro. Un’occasione da non perdere. Ma, attenzione. Occorre evitare la dispersione e concentrare i fondi in pochi progetti strategici. Ci vuole un ripensamento totale del come i fondi sono distribuiti ed amministrati. Non sono la prima a dirlo, ma facciamolo. Non sarebbe questo un modo per riportare un po’ di contenuto nella discussione politica post-elettorale?".
elementi elencati, sia quelli che hanno effetto sulla domanda, che quelli che impattano l’offerta. La dote settennale dell’ultimo ciclo di fondi europei è di 17,6 miliardi di euro. Un’occasione da non perdere. Ma, attenzione. Occorre evitare la dispersione e concentrare i fondi in pochi progetti strategici. Ci vuole un ripensamento totale del come i fondi sono distribuiti ed amministrati. Non sono la prima a dirlo, ma facciamolo. Non sarebbe questo un modo per riportare un po’ di contenuto nella discussione politica post-elettorale?".
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