Mercoledì scorso Marco Lombardo ha dedicato, su Il Giornale, un articolo
a Jonathan Ive, per molti il vero erede di Steve Jobs. Praticamente un genio
del design industriale tenuto conto che è l'autore di alcuni dei più grandi
successi commerciali della Apple. Come ci ricorda il giornalista
"Ive è il papà dell'iPhone, colui che ha dato vita alla visione di Steve
Jobs e l'ha resa smartphone". Il famoso designer in una recente
intervista a David Remnick (Premio Pulitzer) ha parlato dell'uso smodato e improprio
dell'iPhone ricordando a tutti i noi «che essere sempre connessi sia sbagliato.
Dobbiamo esercitare un po’ di autocontrollo per cercare di trovare il giusto
equilibrio: penso che a volte sia bello avere spazio. E riempirlo perché
possiamo e non perché dobbiamo». Scrive Romano: "Jonathan Ive è stato
paragonato da Remnick a Michelangelo e questo spiega il margine sottilissimo
che divide oggi il futuro dal passato, la tecnologia dall’arte. D’altronde
«pensare differente» – come recitava la frase ad effetto di uno spot che ha
reso Apple quella che è – è una marchio di fabbrica che chiunque lavori a
Cupertino deve portare con sé. Soprattutto un designer, a maggior ragione chi
dentro a uno smartphone ci mette un’anima. Perché per Ive uno smartphone è alla
fine sempre un oggetto, ovvero «il culmine di molte decisioni di un gruppo di
persone che lavorano mettendo in campo quelli in cui credono». Non è solo un
iPhone, è quello che rappresenta.(...) La cura è parlare di futuro, dell’entusiasmo
di come l’intelligenza artificiale potrà fare il bene dell’uomo ed essere
contemporaneamente preoccupato, proprio perché «ci può esserne anche un uso
improprio». E allora, detto questo, il consiglio di Jonathan Ive non sembra più
così strano: è semplicemente logico che il papà dell’iPhone dica di usarlo un
po’ meno. E, per questo, naturalmente geniale.
Canzone del giorno: Dreams (1977) - Fleetwood Mac
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