"Da
quando ho l'età della ragione sento parlare o leggo della necessità che gli
italiani paghino finalmente le tasse nella misura dovuta. Ci sono state non so
quante riforme, dichiarazioni, propositi, ora si è arrivati all’abolizione di
Equitalia divenuta, a detta del presidente del Consiglio, «simbolo di approccio
vessatorio». Per giudicare questa decisione sono necessarie competenze che non
ho. So soltanto che ci sono categorie di cittadini, tra queste i giornalisti e
gli scrittori, che le tasse devono pagarle per forza — fino all’ultimo euro. A
questi, costretti volenti o nolenti all’onestà, sfugge il possibile aspetto
vessatorio di Equitalia. Deve sfuggire anche ai piccoli artigiani es- sendo
così difficile trovarne uno che rilasci fattura per i lavori eseguiti. Sfugge,
ritengo, anche alle grandi società multinazionali e ai grandi imprenditori, per
i quali abili studi commerciali trovano una qualche uscita di sicurezza prima
che Equitalia allunghi gli artigli. Insomma la solita canzone: le tasse le paga
davvero solo chi ha un reddito fisso. D’altra parte esigere tasse fa perdere
voti, dunque meglio inventare una sanatoria, un condono (palese o mascherato),
un marchingegno contabile per colmare alla meglio i buchi. Con il risultato che
l’imponibile evaso resta enorme. Dal 2010 al ‘14 si tratta di 93 miliardi
l’anno di sole entrate fiscali dirette (Irpef, Iva, Irap eccetera). Nella nuova
legge di stabilità si profila un’innovazione un po’ meno rudimentale, ovvero la
fatturazione elettronica segnalata al Fisco per i pagamenti tra imprese. Il
meccanismo, già adottato con buoni risultati in altri Paesi, si basa sull’elementare
trovata che bisogna saper utilizzare la divergenza d’interessi tra chi vende e
chi compra, come avviene per esempio negli Usa. L’azienda A non potrebbe più
nascondere allo Stato una vendita all’a- zienda B dal momento che quest’ultima
segnalerà si- curamente la transazione al Fisco quando porta l’Iva in
detrazione. Funzionerà?".
Corrado
Augias, La Repubblica (19/10/2106)