"L’italiano serio, in patria o all’estero, s’indigna per i luoghi comuni che strozzano l’Italia. A farlo arrabbiare sono parole come mafioso, pizza, mandolino, fascismo, grande amatore, corruzione. Il tono è sprezzante: basta con gli stereotipi, nel mondo c’è di peggio, non accettiamo lezioni da nessuno. E poi: guardate la Russia, casomai, che schifo. E che dire degli Stati Uniti dove criminalitá, finta democrazia, polizia assassina, House of cards o peggio, fanno veramente paura? Con questo – aggiunge – non voglio sostenere che va tutto bene: sicuramente certi prodotti nostrani tipo camorrismo, fascismo, berlusconismo, fasciosalvinismo non aiutano. Ma è forse quella l’Italia vera? L’italiano serio, di fronte a questa domanda retorica, s’impenna, sale di tono. Guarda me, dice, ho la coppola e la lupara io, faccio il saluto romano, prendo mazzette, sono un politico ciarlatano che va a consessi mondiali senza uno straccio di dato affidabile nella cartella, suono il mandoLino, insidio donne? No, si risponde fieramente, e con italico ottimismo di maniera propone la sua individualità esemplare quale sintesi dell’Italia che abbaglierà, già sta abbagliando il mondo. In tanto la Sicilia è sinistrata, la Calabria pure, Roma è disfatta, il nord è infetto e infettato, il Vaticano prova a celare i suoi segreti nelle segrete. Forse la mappa più affidabile dell’Italia è lo stereotipo".
Domenico Starnone, L'Italia vera (Internazionale 20/26 novembre 2015)