Sul Sole 24 Ore editoriale di Armando Torno su due delicate riforme nelle quali il Governo tenta di addentrarsi: "La scuola e la Rai arrivano in coppia, a poca distanza, sul tavolo delle riforme del governo. Due tasselli fondamentali della società italiana, sui quali si giocano ancora formazione e informazione. Gli errori, dati i ritardi, questa volta non sono ammessi. Costerebbero troppo. La scuola ha necessità di cambiamenti basati sulla meritocrazia, puntando sui migliori insegnanti (o che tali desiderino diventare); la Rai ha l'obbligo di modernizzarsi, al di là dei futuri assetti che avranno i canali, o rischia l'estinzione. Internet non dorme. Purtroppo, ancora una volta, non mancano buone intenzioni, ma al di là dei proclami di cambiamento, si procede ancora seguendo vecchie logiche e indulgendo a compromessi al ribasso".
Da un lato le "buone" intenzioni per una "Buona" (?) Scuola e per una buona televisione, dall'altro i compromessi, i corporativismi e quell'odore di demagogia che rischia di accompagnare la progettualità renziana.
Scrive Torno: "La Rai e la scuola hanno avuto un ruolo di primo piano nello sviluppo industriale del dopoguerra. La pubblicità, sovente vituperata, a volte invadente, ha comunque fatto conoscere la produzione; l'insegnamento ha saputo creare gli operatori per il miracolo economico. E adesso? Occorre modernizzare anche i dettagli. È giunto il tempo di dimenticare le posizioni di rendita sia nella macchina televisiva sia a scuola. (...) È il caso di aggiungere che la scuola non può scegliere la vita di rendita, perché i bambini di oggi hanno davanti a sé sfide globali da affrontare. Quando si formarono le prime classi dopo l'unità d'Italia occorreva spiegare ai ragazzi - simili a quelli di “Cuore” di De Amicis - che era nata una nuova nazione; oggi ci si deve rivolgere anche ai giovani immigrati che in talune classi costituiscono la maggioranza degli alunni. Allora bisognava imparare a tenere tra le dita la penna, oggi è urgente sapersi muovere sulla tastiera del computer.
Entrambe le realtà, comunque, devono fare i conti con un futuro meritocratico e dimenticare il buon tempo antico. I problemi si sono fatti complessi: la concorrenza globale non è nemmeno una lontana parente della rivalità nazionale".
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