“Avevo coltivato fin da
bambino il desiderio di vendetta, e il momento di metterlo in atto era arrivato
poco dopo il mio diciassettesimo compleanno. Ormai ero grande, sapevo
maneggiare una pistola e non avevo paura di uccidere un uomo. Ho almeno, così
credevo. In realtà il 26 marzo 1966, quando andai ad aspettare l'assassino di
mio padre in via Buonriposo, ero molto agitato. Anche se ero cresciuto fra i
ladri e i mafiosi dei quartieri più malfamati di Palermo, non avevo fatto che
pochi furtarelli.
Quando Puccio uscì di casa sotto la pioggia e si incamminò davanti a me con il figlio in braccio, pensai che sarebbe stato più facile colpirlo alle spalle.
Gli andai dietro silenziosamente. Il bambino mi fissava con curiosità, ipnotizzato dalla mia pistola. Forse pensava che fosse un giocattolo. Temevo che si mettesse a ridere, costringendo il padre a voltarsi. Dovevo fare in fretta. Il colpo era già in canna, bastava che premessi il grilletto. D'un tratto il bambino si rabbuiò, allarmato dalla cupezza del mio sguardo. In quel momento capii che stavo per fare a lui ciò che suo padre aveva fatto a me. L'avrei reso orfano, aggiungendo un anello a quella catena di odio che aveva funestato la mia infanzia.
Un killer, ecco cosa stavo per diventare. Avrei rovinato la mia vita per sempre con un omicidio compiuto per sete di vendetta a diciassette anni. Non era quello il futuro che desideravo. Gettai un'ultima occhiata al bambino, mi misi in tasca la pistola e mi allontanai a grandi passi nella direzione opposta”.
Quando Puccio uscì di casa sotto la pioggia e si incamminò davanti a me con il figlio in braccio, pensai che sarebbe stato più facile colpirlo alle spalle.
Gli andai dietro silenziosamente. Il bambino mi fissava con curiosità, ipnotizzato dalla mia pistola. Forse pensava che fosse un giocattolo. Temevo che si mettesse a ridere, costringendo il padre a voltarsi. Dovevo fare in fretta. Il colpo era già in canna, bastava che premessi il grilletto. D'un tratto il bambino si rabbuiò, allarmato dalla cupezza del mio sguardo. In quel momento capii che stavo per fare a lui ciò che suo padre aveva fatto a me. L'avrei reso orfano, aggiungendo un anello a quella catena di odio che aveva funestato la mia infanzia.
Un killer, ecco cosa stavo per diventare. Avrei rovinato la mia vita per sempre con un omicidio compiuto per sete di vendetta a diciassette anni. Non era quello il futuro che desideravo. Gettai un'ultima occhiata al bambino, mi misi in tasca la pistola e mi allontanai a grandi passi nella direzione opposta”.
Francesco Viviano, Io, Killer mancato (Ed.Chiarelettere - 2014)
Canzone del giorno: Goodbye Killer (2010) - Pernice Brothers
Clicca e ascolta: Goodbye....