La Crimea diventa russa.
Mikhail Gorbaciov utilizza (addirittura!) il termine “ricongiungimento” per difendere l’annessione da parte di Mosca. L’ex presidente dell’Urss e premio Nobel per la pace parla di “correzione di un errore storico”, riferendosi al lontano 1954, quando l’allora segretario del partito comunista sovietico Nikita Krushov “regalò” la penisola all’Ucraina.
Gorbaciov sottolinea che «il referendum si è concluso con successo e corrisponde alle aspirazioni degli abitanti della Crimea. Se prima la Crimea fu unita all’Ucraina secondo le leggi sovietiche, senza chiedere al popolo, adesso invece è stato il popolo a decidere di correggere quell’errore, quindi bisogna plaudire anziché dichiarare le sanzioni».
Si sostiene, in pratica, il concetto sul diritto di autodeterminazione dei russi di Crimea, anche se non si riesce a capire dove stia la minaccia ucraina, tenuto conto che, al contrario degli albanesi del Kosovo, non risulta che gli abitanti della Crimea siano stati sottoposti a violenze o discriminazioni.
Mosca ha deciso, ancora una volta, di fare a modo suo senza confrontarsi con l’Unione Europea, con l’Onu o con la Nato. Putin si permette di organizzare e sostenere un referendum secessionista sul territorio di un altro Stato.
In un’intervista Andrew Bacevich, docente all’Università di Boston ed esperto di
storia militare, dichiara che: «solo una guerra può fermare l’annessione russa della
Crimea. Putin lo sa,
e sa che né gli Usa né la Ue sono pronti a combattere per la Crimea. Gli
interessi di Mosca nell’assicurarsi il controllo della regione superano quelli dell’Occidente
nell’imporre la “legge internazionale” (…). Le sanzioni economiche sono
necessarie e opportune. Resta da vedere fin dove la Ue si spingerà. È probabile
che alla fine la punizione sarà più simbolica che sostanziale. Magari le
sanzioni all’inizio saranno aspre, poi s’addolciranno o verranno aggirate».