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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

mercoledì 30 ottobre 2013

Intercettazioni

Giuseppe Marino su Il Giornale ha definito l'affare Datagate come uno "scandalo di plastica".
Non ha tutti i torti: "tutti spiano tutti, lo sapevamo, lo sappiamo, continuerà cosi. Ma è interessante notare quanti falsi miti e contraddizioni abbia svelato questo scandalo di plastica. Già nello scorso giugno le rivelazioni del Guardian e di altri quotidiani europei ci avevano confermato che siamo tutti spiati da Prism e altri simili sistemi tecnologici, che sostanzialmente raccolgono dati a strascico. I leader europei all’epoca si erano limitati a dichiarazioni di circostanza, Angela Merkel in Germania era addirittura stata accusata di sottovalutare la questione. Appena si scopre che intercettano pure il suo cellulare scoppia una crisi diplomatica".
Ascoltare le conversazioni dei diplomatici o intercettare il contenuto delle telefonate dei leader internazionali non sempre riesce a conciliarsi con gli obiettivi di sicurezza internazionale e di lotta al terrorismo ma ogni Stato europeo é al corrente di come funziona il sistema. Una rete di cavi sottomarini a fibra ottica transita per tutto il Mediterraneo e trasporta miliardi di byte stracolmi di comunicazioni in chiaro, compresi segreti politici e industriali.
Chi si scandalizza più di tanto e parla di violazioni, si addentra su terreni cosparsi d'ipocrisia più che di tutela della privacy. 
Scrive Marino: "Viene il dubbio che stavolta ci si sia accalorati così tanto sul Datagate soprattutto perché ha consentito di deviare l’attenzione dai ben più importanti temi sul piatto del vertice di Bruxelles che, come tutti gli ultimi summit europei, difficilmente riesce a produrre decisioni importanti sui dossier reali, quelli dove gli interessi nazionali sono in conflitto. A pensar male, ai leader farebbe comodo un Datagate per ogni vertice, negli ultimi tempi. Infine l’ultima nota stonata. Ma non ci avevano detto che bisognava assolutamente salvare l’italianità di Telecom, perché era un asset strategico e perché le nostre conversazioni altrimenti sarebbero state a rischio intercettazioni? Addio a un’altra foglia di fico: siamo spiati già benissimo così".


Canzone del giorno:  Cell Phone Blues (2010) - Nnenna Freelon
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LA CASTA CHE SI INDIGNA
SOLO SE È INTERCETTATA

Giuseppe Marino

Il Giornale del 26 10 2013

Bastano tre frasi, tre dichiarazioni dei Grandi d’Europa per capire di cosa parliamo davvero quando parliamo di Datagate e di «reazioni dell’Ue». Monsieur Hollande: «L’Europa all’unanimità dice basta allo spionaggio americano». Il signor Letta: «Contro il Datagate c’è un’iniziativa di Francia e Germania in cui ci sentiamo sostanzialmente coinvolti». Frau Merkel: «Non Francia più Germania, ma ogni Paese individualmente si metta in contatto con gli Usa per accordarsi individualmente in materia di intelligence».
Europa avanti in ordine sparso, tanto per cambiare. E non c’è da stupirsi, a Bruxelles non si trova la quadra su questioni serie, sarebbe una sorpresa se si facesse fronte comune sulla farsa chiamata Datagate: tutti spiano tutti, lo sapevamo, lo sappiamo, continuerà così. Ma è interessante notare quanti falsi miti e contraddizioni abbia svelato questo scandalo di plastica. Già nello scorso giugno le rivelazioni del Guardian e di altri quotidiani europei ci avevano confermato che siamo tutti spiati da Prism e altri simili sistemi tecnologici, che sostanzialmente raccolgono dati a strascico. I leader europei all’epoca si erano limitati a dichiarazioni di circostanza, Angela Merkel in Germania era addirittura stat accusata di sottovalutare la questione. Appena si scopre che intercettano pure il suo cellulare scoppia una crisi diplomatica. Gli sguardi torvi e le frasi di fuoco di questi giorni fanno l’effetto di una specie di «effetto casta». Se a essere ascoltati sono cittadini e aziende, i governanti sbuffano scocciati, se invece sono i politici, bisogna convocare l’ambasciatore e rompere i rapporti diplomatici. E le sorprese non sono finite qui. Già oggi il tono delle proteste dei potenti d’Europa si va affievolendo. Viene il dubbio che stavolta ci si sia accalorati così tanto sul Datagate soprattutto perché ha consentito di deviare l’attenzione dai ben più importanti temi sul piatto del vertice di Bruxelles che, come tutti gli ultimi summit europei, difficilmente riesce a produrre decisioni importanti sui dossier reali, quelli dove gli interessi nazionali sono in conflitto. A pensar male, ai leader farebbe comodo un Datagate per ogni vertice, negli ultimi tempi. Infine l’ultima nota stonata. Ma non ci avevano detto che bisognava assolutamente salvare l’italianità di Telecom, perché era un asset strategico e perché le nostre conversazioni altrimenti sarebbero state a rischio intercettazioni? Addio a un’altra foglia di fico: siamo spiati già benissimo così.