Commentatori, economisti e politologi
non si stancano di ripetere che l’Italia (e quindi l’Europa) ha bisogno di
svolte rapide e riformiste per ridurre l’esercito di milioni di disoccupati.
L’economista Alberto Quadrio Curzio, su
Il Sole 24 Ore di ieri, scrive che «La disoccupazione in Europa
ed in Italia ha raggiunto davvero livelli impressionanti che dimostrano come
siamo alla terza fase della grande crisi iniziata nel 2008. Dopo la fase
finanziaria si è passati a quella economica ed ora siamo a quella sociale senza
che le due precedenti siano state risolte. L'ultima fase, che speriamo non si
verifichi mai, potrebbe essere una crisi istituzionale dell'Unione Europea e di
qualche suo Stato membro tra cui l'Italia che in questo periodo vive una
situazione molto difficile. Nella Ue i disoccupati sono 26 milioni con
un aumento di quasi 9 milioni dal 2008 il che porta il tasso di disoccupazione
vicino al 12%. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è al 23,5%
pari a circa 5,7 milioni di persone e i Neet (giovani disoccupati scoraggiati e
al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione) sono 7,5 milioni».
Riforme necessarie ma difficilissime da
attuare in periodo di recessione.
L’autore dell’editoriale ritiene al
limite della pazzia l’impostazione delle istituzioni europee basata sul
concetto di “rigore fiscale” e parla di necessità di «una pressione politica
sulla Ue nella quale anche le Associazioni di imprese e sindacali dovrebbero
svolgere una azione costante sia direttamente che indirettamente attraverso il
Parlamento europeo e i Governi nazionali».
La nostra situazione è ancora più allarmante e l’assenza
di un governo non aiuta. Esistono delle linee d’azione per correggere il tiro e
Quadrio Curzio elenca cinque mosse per dare scacco alla crisi: «ricontrattare
con la UE gli obblighi italiani al fine
di ottenere una par condicio di politiche fiscali», «recupero della
disoccupazione giovanile», «rilancio degli investimenti ad alto contenuto di tecno
scienza che sarebbe utile in particolare ai giovani laureati», «una quarta
azione riguarda il Mezzogiorno dove bisogna dare un forte e prolungato nel
tempo credito di imposta per gli investimenti innovativi e accentuati benefici
fiscali per le imprese che sottoscrivono contratti di rete», «infine bisogna
semplificare la burocrazia delegando una serie di adempimenti, attraverso
l'applicazione del principio di sussidiarietà, alle associazioni d'impresa,
agli ordini professionali, alle Camere di Commercio. Altrimenti le inefficaci
complicazioni normativo-burocratiche soffocheranno l'Italia».
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La disoccupazione in Europa ed in Italia ha raggiunto davvero livelli impressionanti che dimostrano come siamo alla terza fase della grande crisi iniziata nel 2008. Dopo la fase finanziaria si è passati a quella economica ed ora siamo a quella sociale senza che le due precedenti siano state risolte. L'ultima fase, che speriamo non si verifichi mai, potrebbe essere una crisi istituzionale dell'Unione Europea e di qualche suo Stato membro tra cui l'Italia che in questo periodo vive una situazione molto difficile.
Nella Ue i disoccupati sono 26 milioni con un aumento di quasi 9 milioni dal 2008 il che porta il tasso di disoccupazione vicino al 12%. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è al 23,5% pari a circa 5,7 milioni di persone e i Neet (giovani disoccupati scoraggiati e al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione) sono 7,5 milioni.
È davvero inconcepibile che di fronte a questa situazione l'impostazione ufficiale delle istituzioni Ue continui ad essere solo quella del rigore fiscale che, associato alle riforme strutturali, dovrebbe rilanciare, ad un anno futuro imprecisato, la crescita e l'occupazione. Non c'è dubbio che in molti Paesi (tra cui, ma non solo, l'Italia) le riforme siano necessarie ma la loro attuazione in recessione diventa molto, troppo, difficile. La Ue dovrebbe perciò privilegiare subito alcuni progetti selezionati tra quelli inclusi nei due grandi programmi poliennali (Connecting Europe Facility ed Europa 2020) di più rapida esecutività per rilanciare la crescita e l'occupazione, per valorizzare di più l'industria e le imprese potenziando ulteriormente la Bei. Inoltre a livello dei bilanci dei singoli stati va introdotta la regola aurea per l'eliminazione dai deficit delle spese per investimenti certificate dalla Ue. Clausola che potrebbe scattare solo quando si superano certi livelli di disoccupazione.
Tutto ciò richiede una pressione politica sulla Ue nella quale anche le Associazioni di imprese e sindacali dovrebbero svolgere una azione costante sia direttamente che indirettamente attraverso il Parlamento europeo e i Governi nazionali.
È interessante al proposito segnalare la determinazione con la quale David Cameron (anni 47) ha configurato, nell'intervista di ieri a questo giornale, il ruolo dell'Inghilterra a difesa dei propri interessi nella Ue affermando anche che sono pro-Ue. Nei suoi primi tre anni di Governo ha creato un milione di posti di lavoro nel settore privato, in larga parte nell'industria dei servizi finanziari che ha un ruolo guida nell'economia nazionale. Anche l'Italia dovrebbe fare altrettanto puntando sull'industria manifatturiera.
Questo è impossibile oggi all'Italia priva di un governo politicamente legittimato. La nostra situazione è ancora più pesante visti i dati sulla disoccupazione usciti nei giorni scorsi che sono peggiori della media europea anche perché noi abbiamo un tasso di attività e di occupazione più bassi di circa 10 punti. Ciò vuol dire che rispetto alla popolazione in età lavorativa abbiamo meno occupati e più persone che non cercano lavoro. Tra i dati italiani ricordiamo che il totale dei disoccupati è di quasi 3 milioni ai quali vanno aggiunti i cassintegrati (oltre 2 milioni) e gli scoraggiati (quasi 3 milioni) computando i quali si arriva a 8 milioni di persone. Il tasso di disoccupazione è salito dall'8,5% del 2008 a quasi il 12% del 2012 con quella giovanile ben oltre il 35%. Il 2012 è stato per molti versi l'annus horribilis per i lavoratori e le imprese che chiudono e che non riapriranno. Di fronte a questa emergenza sono necessarie varie linee di di azione che richiedono subito un Governo, rispettabile e competente, determinato e durevole. Ricordiamone cinque.
Un'azione va condotta a livello europeo per ricontrattare con la Ue gli obblighi italiani al fine di ottenere una par condicio di politiche fiscali come quelle della Spagna. Inoltre bisogna chiedere alla Bce la predisposizione dell'ombrello OMTs perché il mercato dei nostri titoli di Stato potrebbe improvvisamente peggiorare. Una seconda azione riguarda un recupero della disoccupazione giovanile. Tra disoccupati (600mila) e Neet (1,5 milioni) ci sono più di 2 milioni di giovani. Stiamo buttando non una generazione ma più generazioni considerato che le difficoltà non sono minori per chi ha più di 25 anni. Bisogna inserire queste persone in percorsi formativi , di passaggio tra formazione e lavoro, di lavoro andando oltre le rigidità che le recenti norme hanno aggravato.
Una terza azione riguarda il rilancio degli investimenti ad alto contenuto di tecnoscienza che sarebbe utile in particolare ai giovani laureati e che incentiverebbe gli stessi e i tecnici diplomati (che sono pochi in Italia) a migliori qualificazioni. Colpisce che nel 2012 sono aumentati del 30% gli italiani emigrati (iscritti Aire) e di questi una quota significativa sono i laureati. Per contrastare queste dinamiche bisogna introdurre un credito di imposta del 10% almeno per gli investimenti in ricerca e sviluppo e ridurre i tempi di ammortamento dei beni strumentali ad alta tecnologia e per la ricerca.
Una quarta azione riguarda il Mezzogiorno dove bisogna dare un forte e prolungato nel tempo credito di imposta per gli investimenti innovativi e accentuati benefici fiscali per le imprese che sottoscrivono contratti di rete.
Infine bisogna semplificare la burocrazia delegando una serie di adempimenti, attraverso l'applicazione del principio di sussidiarietà, alle associazioni d'impresa, agli ordini professionali, alle Camere di Commercio. Altrimenti le inefficaci complicazioni normativo-burocratiche soffocheranno l'Italia.
Scacco alla crisi in cinque mosse
di Alberto Quadrio Curzio, Il Sole 24 Ore, 9 aprile 2013
Nella Ue i disoccupati sono 26 milioni con un aumento di quasi 9 milioni dal 2008 il che porta il tasso di disoccupazione vicino al 12%. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è al 23,5% pari a circa 5,7 milioni di persone e i Neet (giovani disoccupati scoraggiati e al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione) sono 7,5 milioni.
È davvero inconcepibile che di fronte a questa situazione l'impostazione ufficiale delle istituzioni Ue continui ad essere solo quella del rigore fiscale che, associato alle riforme strutturali, dovrebbe rilanciare, ad un anno futuro imprecisato, la crescita e l'occupazione. Non c'è dubbio che in molti Paesi (tra cui, ma non solo, l'Italia) le riforme siano necessarie ma la loro attuazione in recessione diventa molto, troppo, difficile. La Ue dovrebbe perciò privilegiare subito alcuni progetti selezionati tra quelli inclusi nei due grandi programmi poliennali (Connecting Europe Facility ed Europa 2020) di più rapida esecutività per rilanciare la crescita e l'occupazione, per valorizzare di più l'industria e le imprese potenziando ulteriormente la Bei. Inoltre a livello dei bilanci dei singoli stati va introdotta la regola aurea per l'eliminazione dai deficit delle spese per investimenti certificate dalla Ue. Clausola che potrebbe scattare solo quando si superano certi livelli di disoccupazione.
Tutto ciò richiede una pressione politica sulla Ue nella quale anche le Associazioni di imprese e sindacali dovrebbero svolgere una azione costante sia direttamente che indirettamente attraverso il Parlamento europeo e i Governi nazionali.
È interessante al proposito segnalare la determinazione con la quale David Cameron (anni 47) ha configurato, nell'intervista di ieri a questo giornale, il ruolo dell'Inghilterra a difesa dei propri interessi nella Ue affermando anche che sono pro-Ue. Nei suoi primi tre anni di Governo ha creato un milione di posti di lavoro nel settore privato, in larga parte nell'industria dei servizi finanziari che ha un ruolo guida nell'economia nazionale. Anche l'Italia dovrebbe fare altrettanto puntando sull'industria manifatturiera.
Questo è impossibile oggi all'Italia priva di un governo politicamente legittimato. La nostra situazione è ancora più pesante visti i dati sulla disoccupazione usciti nei giorni scorsi che sono peggiori della media europea anche perché noi abbiamo un tasso di attività e di occupazione più bassi di circa 10 punti. Ciò vuol dire che rispetto alla popolazione in età lavorativa abbiamo meno occupati e più persone che non cercano lavoro. Tra i dati italiani ricordiamo che il totale dei disoccupati è di quasi 3 milioni ai quali vanno aggiunti i cassintegrati (oltre 2 milioni) e gli scoraggiati (quasi 3 milioni) computando i quali si arriva a 8 milioni di persone. Il tasso di disoccupazione è salito dall'8,5% del 2008 a quasi il 12% del 2012 con quella giovanile ben oltre il 35%. Il 2012 è stato per molti versi l'annus horribilis per i lavoratori e le imprese che chiudono e che non riapriranno. Di fronte a questa emergenza sono necessarie varie linee di di azione che richiedono subito un Governo, rispettabile e competente, determinato e durevole. Ricordiamone cinque.
Un'azione va condotta a livello europeo per ricontrattare con la Ue gli obblighi italiani al fine di ottenere una par condicio di politiche fiscali come quelle della Spagna. Inoltre bisogna chiedere alla Bce la predisposizione dell'ombrello OMTs perché il mercato dei nostri titoli di Stato potrebbe improvvisamente peggiorare. Una seconda azione riguarda un recupero della disoccupazione giovanile. Tra disoccupati (600mila) e Neet (1,5 milioni) ci sono più di 2 milioni di giovani. Stiamo buttando non una generazione ma più generazioni considerato che le difficoltà non sono minori per chi ha più di 25 anni. Bisogna inserire queste persone in percorsi formativi , di passaggio tra formazione e lavoro, di lavoro andando oltre le rigidità che le recenti norme hanno aggravato.
Una terza azione riguarda il rilancio degli investimenti ad alto contenuto di tecnoscienza che sarebbe utile in particolare ai giovani laureati e che incentiverebbe gli stessi e i tecnici diplomati (che sono pochi in Italia) a migliori qualificazioni. Colpisce che nel 2012 sono aumentati del 30% gli italiani emigrati (iscritti Aire) e di questi una quota significativa sono i laureati. Per contrastare queste dinamiche bisogna introdurre un credito di imposta del 10% almeno per gli investimenti in ricerca e sviluppo e ridurre i tempi di ammortamento dei beni strumentali ad alta tecnologia e per la ricerca.
Una quarta azione riguarda il Mezzogiorno dove bisogna dare un forte e prolungato nel tempo credito di imposta per gli investimenti innovativi e accentuati benefici fiscali per le imprese che sottoscrivono contratti di rete.
Infine bisogna semplificare la burocrazia delegando una serie di adempimenti, attraverso l'applicazione del principio di sussidiarietà, alle associazioni d'impresa, agli ordini professionali, alle Camere di Commercio. Altrimenti le inefficaci complicazioni normativo-burocratiche soffocheranno l'Italia.