La vicenda dell’Ilva determina conflitti sociali, problemi di
politica industriale, rischio disoccupazione per migliaia di lavoratori e pericoli
di compromissione dello stato di salute di tanta gente.
Su richiesta della Procura, il Gip di Taranto Patrizia
Todisco ha firmato, il 26 luglio scorso, il provvedimento di sequestro dell’intera
area nella quale sorge il più grande stabilimento europeo di produzione di
acciaio primario.
Per alcuni dirigenti del complesso siderurgico (tra cui i
proprietari) s’ipotizza il reato di disastro e inquinamento ambientale. I magistrati
sono convinti che i vertici dell’Ilva più volte abbiano eluso i controlli di
tecnici e politici.
Oggi esiste, di fatto, un blocco delle attività per motivi di
salute pubblica e le 20 mila persone che, direttamente o indirettamente,
lavorano grazie all’acciaieria, rischiano, se non si avvia un’immediata bonifica
o altro, il loro posto di lavoro.
"Tutelare salute e lavoro". Slogan facile da scrivere (o da
dichiarare a destra e a manca) ma difficile da tradurre in atti concreti.
Il blocco della produzione industriale è una mina vagante per
tutti.
Come conciliare i gravi problemi d’inquinamento con la
necessità di evitare una chiusura senza ritorno dello stabilimento?
Gli operai protestano, i ministri si dichiarano contrari allo
stop dell’Ilva deciso dal giudice, parte della popolazione non vuole correre il
rischio di continuare a respirare i veleni generati, i sindacati si dividono
fra chi appoggia lo sciopero dei lavoratori e chi non condivide la protesta.
Probabilmente molti anni prima, il potere amministrativo e
tecnico avrebbe dovuto eseguire controlli più attenti e responsabili.
Tanta
confusione e un cerchio difficile da far quadrare.
Canzone del giorno: Protection (2000) - Sammy Hagar
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