E se si
provasse a pronunciare un “mi dispiace” anche quando si subisce un torto?
La nostra
giornata potrebbe apparire un po’ diversa se adottassimo lo stratagemma delle “scuse
inverse” suggerito da Henry Alfred, opinionista del New York Times che ha pubblicato
un umoristico libro, non ancora tradotto nella nostra lingua, dal titolo “Would
it Kill You to Stop Doing That?” (in italiano si potrebbe tradurre in “Ti
potrebbe uccidere smettere di farlo?”).
L’autore
racconta che un giorno il suo fruttivendolo, mentre metteva nel sacchetto delle
mele, ne fece cadere una per terra e dopo averla raccolta, senza pensarci più
di tanto, decise di rimetterla dentro senza scusarsi. Il giornalista decise,
allora, di scusarsi lui al suo posto: “Mi spiace, non volevo che lei facesse
cadere per terra la mia mela”. Il fruttivendolo, a quel punto, arrossì e Alfred
iniziò a sperimentare l’effetto di questa nuova forma di galateo moderno.
Quando qualcuno
incurante butta per strada la classica pallottola di carta, verrebbe voglia di
dirgliene quattro. Ma la nostra ira nei riguardi del maleducato avrebbe l’effetto
sperato di non indurlo più a compiere l’incivile gesto? O sarebbe meglio
raccogliere la carta da terra, rivolgersi al maleducato e dirgli (magari con un
sorriso di circostanza): “Ti chiedo scusa se raccolgo la tua carta per metterla
nel cestino”.
In una
società nella quale non si chiede più scusa neanche dinanzi a visibili errori e
scorrettezze, provare ad applicare il teorema delle “scuse inverse” è pur
sempre un tentativo per non sottrarsi alle proprie e alle altrui responsabilità.
Per non
dimenticare, fra l’altro, che non sempre i cosiddetti “maleducati” sono gli
altri!