“Carissimi operai, nell’esprimervi il mio vivo apprezzamento
per i risultati fin qui conseguiti, auguro a voi tutti di trascorrere
serenamente i due mesi di ferie previsti. Il rientro è programmato per fine
febbraio, in tempo per dare il via alla produzione per il Natale 2012. Anche
questa volta sarà un trionfo. Buone ferie a tutti”.
Un simile comunicato aziendale può sembrare fantascientifico
(due mesi di ferie?), ma anche se è stato ideato e scritto dal redattore di
questo blog, acquisisce un diverso significato se lo si legge in lingua cinese
(traduzione simultanea da Google.it):
“亲爱的工人,在表达我对迄今取得的成果深表感谢,祝大家两个月的假期提供和平。返回定于二月下旬,及时启动2012年圣诞节生产。另外这一次将是一个胜利。所有的快乐假期”.
Uno dei tanti amministratori delle 600 aziende di Yiwu,
ricchissima città cinese, avrebbe potuto, infatti, redigere una lettera
aziendale di cotanto tenore.
Molti si chiederanno il perché.
In sintesi si può dire così: tutto ciò che è stato
acquistato, da noi occidentali, durante il periodo natalizio (gadget, palle,
alberelli, decorazioni, candele, presepi, cappellini, calze, addobbi, carillon
e ogni altro oggetto che ha a che fare con il Natale), è stato prodotto nelle
fabbriche di Yiwu.
Il 98 per cento degli alberi (sintetici) e il 92 per cento dei regali
che il mondo ha acquistato nelle festività, provengono da questa città cinese.
In dieci anni Yiwu è divenuta la città più ricca della Cina e si calcola che le
sue aziende producano più di 16 mila articoli natalizi a prezzi bassissimi.
Yiwu è la città simbolo del Made in China (fino a vent’anni
fa era un semplice villaggio tra le risaie e i campi di grano) e oggi sono
tantissimi gli operai che, oltre a guadagnare molto di più di altri operai
cinesi, riescono anche a godersi due mesi consecutivi di ferie. Roba da non
credere!
Fino a pochi anni fa, in terra cinese, si sconosceva del
tutto la tradizione natalizia dell’occidente, oggi è un affare colossale.
Dalle nostre parti, d’altronde, abbiamo da tempo dimenticato il significato
spirituale del Natale e, quindi, non è proprio il caso di meravigliarsi più di
tanto.
Per il resto: è la “globalizzazione”, bellezza!