Eravamo ancora addolorati per la dipartita di papa Francesco quando siamo stati raggiunti dall’ assurda notizia della strage di Monreale. Tre giovani uccisi e altri feriti, in piazza, per banali, banalissimi motivi. Una lite scoppiata tra giovani senza quasi un movente degno di questo nome. Una lite da stroncare sul nascere. Invece, Salvatore, un giovane, da un solo anno maggiorenne, insieme a un amico, incapaci di gestire quella che hanno ritenuta essere un’offesa imperdonabile, incapaci di esercitare anche in minima parte la virtù della prudenza, fagocitati da quel maledetto delirio di onnipotenza che danno le armi quando vengono impugnate, hanno fatto una strage. A pochi passi di una delle meraviglie del mondo, quel Duomo normanno, patrimonio dell’umanità, i cui mosaici bizantini, di una bellezza più unica che rara, mandano in visibilio milioni di persone che da ogni parte del mondo vengono a contemplarli. Chissà se gli assassini abbiano mai passeggiato con il naso all’insù sotto quelle navate. Non aveva ancora 20 anni, Salvatore, le vecchie guerre di mafia, quindi, le conosceva solo per sentito dire. Ne era rimasto ammaliato o orripilato? […] A Monreale fu ucciso, nel 1980, proprio durante la festa del Crocifisso il capitano Emanuele Basile, un ufficiale di 30 anni. Da ieri questa città bella e sfortunata è ritornata agli onori della cronaca nera, dopo l’uccisione di Andrea, Massimo, Salvatore. Sgomento in tutta la città. Chi era il giovanotto arrestato che ha seminato terrore e sangue? Viene da uno dei quartieri problematici di Palermo, lo Zen. L’acronimo “Zen” sta per Zona Espansione Nord, un quartiere periferico senza nemmeno un nome. Pochi giorni fa ho ricevuto un messaggio da un mio confratello, parroco in uno di queste zone, che mi ringraziava perché il “Modello Caivano” aveva fatto arrivare anche nella sua periferia un po' di soldini con cui correre ai ripari degli scempi perpetuati negli anni. Sono stato contento. Lunedì scorso. Ho appena fatto ritorno da una scuola di Avellino, dove sono stato invitato a parlare agli studenti. Legalità, azzardo, bullismo, alcool, droghe, gioia di impegnarsi, valori. Occorre informare e formare i ragazzi. Non è facile, alla radice dei più ribelli e problematici, il più delle volte, manca la famiglia, prima comunità in cui si impara il rispetto e l’amore per se stessi e per gli altri. Anche noi formatori non sempre siamo all’altezza della missione. I ragazzi occorre innanzitutto amarli. Le città – tutte le nostre città – devono convincersi che o si avanza tutti insieme oppure continueremo a lamentarci. È del tutto inutile fuggire verso lidi ameni se lasciamo a se stessi i quartieri degradati; è del tutto inutile far studiare i figli nei migliori atenei, se non ci preoccupiamo anche dei ragazzi allo sbando. Si avanza insieme. Non sia mai detto abbastanza: si avanza insieme.
Don Maurizio Patriciello, Avvenire (28/4/2025)
Canzone del giorno: Emptiness (2004) - John Frusciante
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