C’è una legge, non scritta ma ferrea: se si vuole rendere popolare una qualsivoglia causa, occorre avere cura, preliminarmente, di procurarsi come nemici, avversari, lo Stato d’Israele o gli Stati Uniti d’America. Meglio se entrambi. La conferma viene dall’Iran. Non ci si riferisce, qui, a quello che organizza e sostiene fuori dai suoi confini. Si parla di quello che si consuma tutti i giorni ai danni del popolo iraniano, tra la sostanziale indifferenza della comunità internazionale. Le prigioni dell’Iran, denunciano unanimi le organizzazioni che si occupano di diritti civili e umani, sono veri e propri «centri di uccisioni di massa». Nel solo 2023 si sono censite ufficialmente 853 condanne a morte; oltre la metà, 481 per esattezza, per presunti reati di droga. È il numero di esecuzioni più alto dal 2015. Una vera e propria carneficina; per il 2024 non andrà meglio, visto che alla data del 20 marzo sono 95 le persone condannate a morte. Nel 2023 le autorità iraniane hanno intensificato l’uso della pena di morte per seminare la paura nella popolazione e aggrapparsi al potere all’indomani della rivolta «Donna Vita Libertà». Così la pena di morte viene applicata su larga scala al termine di processi di assai dubbia regolarità. I Tribunali rivoluzionari decidono la vita o la morte di centinaia di persone Le autorità iraniane rifiutano di rendere pubblici i dati sulle esecuzioni, molte delle quali avvengono in segreto. Almeno 520 delle 853 condanne a morte eseguite nel 2023 sono state emesse dai «Tribunali rivoluzionari»: hanno competenza su un’ampia serie di reati, non solo quelli legati alla droga. Di loro competenza tutte le attività considerate «reati contro la sicurezza nazionale». Praticamente su tutto. In Iran si può essere condannati a morte anche per adulterio, blasfemia, «apostasia» e in generale per «offese al profeta Maometto». Non sono tribunali indipendenti, sono pesantemente influenzati dalle forze di sicurezza e dai servizi d’intelligence, usano regolarmente «confessioni» estorte con la tortura. Non c'è accesso alla rappresentanza legale. Dal 2023 si registra anche uno sconcertante aumento delle condanne a morte nei confronti di minorenni. Particolarmente perseguitata risulta essere la minoranza baluci. I prigionieri di quest'etnia costituiscono circa il 20 per cento dei condannati a morte. Se queste cose accadessero in Israele o negli Stati Uniti, anche una decima parte, sarebbe un fiorire ovunque di proteste, manifestazioni, inviti al boicottaggio sotto ogni forma. Accade invece in Iran. La cosa, dunque interessa poco e pochi.
Valter Vecellio Italia Oggi (11/04/2024)
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