Il sol dell'avvenire
Un
opera, nel suo complesso, ad alto tasso “morettiano”, ma così intensa e
magistralmente surreale da riuscire a coinvolgere fin da subito anche chi in
passato non si è addentrato più di tanto nella particolare cinematografia del
regista.
Tutto
ciò accade perché il puzzle artistico creato (grazie anche all’efficacia di una
sceneggiatura a più mani) è un intreccio di nostalgia, delizie sarcastiche e
amore per il cinema con innumerevoli riferimenti meta-cinematografici a partire
dalle atmosfere circensi di felliniana memoria.
Moretti interpreta un regista che si appresta a girare un lungometraggio sulla rivolta ungherese del 1956 e che ha scelto come coppia protagonista della storia due attori (che coppia radiosa Silvio Orlando e Barbora Bobulova!) che però non sempre seguono pedissequamente le sue indicazioni. Nello stesso tempo egli vorrebbe espandere la sua fantasia e creatività, magari pianificando di girare una storia d’amore con sole canzoni italiane oppure progettando un film ne quale attraversa Roma nuotando fra le varie piscine della capitale. Praticamente un film che, al suo interno, contiene molti altri film.
Si riflette sul cinema, su come arte e vita spesso si confondano. In molti momenti si rimane cinematograficamente incantati dall’amara ironia emanata, come accade, ad esempio, quando il regista-protagonista si ritrova casualmente a seguire una scena di un altro film che stanno girando e si permette di bloccare il suo giovane collega regista perché questi non è in grado di capire che costruire un film e qualcosa di più che girare una banale e amorale scena violenta fine a se stessa. E fra storture della società contemporanea, crisi ideologiche imperanti, nevrosi individuali e Netflix che detta le regole, la musica e le canzoni diventano una reale boccata d’ossigeno del vivere quotidiano. Le varie sequenze musico-corali trasportano il film verso una dimensione onirica e celestiale. E se più di trent’anni fa Moretti, in “Palombella Rossa”, ammoniva infastidito (e a ragione!) che “le parole sono importanti”, oggi per evidenziare, ancora una volta, l’incomunicabilità nel nostro vivere quotidiano, si affida al titolo (e all’esecuzione collettiva con il cast e la troupe) della canzone “Sono solo parole” di Noemi (“perché la nostra vita, in fondo, non è nient’altro che un attimo eterno”). Un po’ come dire che: le parole (oltre che i gesti) sono sempre fondamentali ma diventano “solo parole” in bocca a chi parla pur non avendo concretamente niente da dire.