Poi, siccome la vanità è una brutta bestia, non resiste alla tentazione di sentirsi anche un magnate, un Medici, uno Steve Jobs, un innovatore illuminato. E così si dilunga sul fascino della creazione che stupisce e spiazza. Riconosce agli altri un talento, un genio, a patto che lui ne sia in qualche modo il coltivatore, il finanziatore, il nobile ispiratore, il mecenate. Lo stuolo di servi di cui si circonda, gli autisti, i piloti di elicottero, i manager, la bella Cristina da concorso di bellezza, non sono che ovvi tributi alla sua potenza.
Alessandro Robecchi, Di Rabbia e di vento - 2016 (Ed.Sellerio)