nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

venerdì 24 febbraio 2023

Linea di non ritorno

Linea di non ritorno. Un anno dopo l’alba del 24 febbraio 2022, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov avverte che abbiamo raggiunto «la linea di non ritorno». Abbiamo — noi, al plurale — perché il Cremlino considera ormai la guerra in Ucraina uno scontro, forse proprio quello definitivo, con l’Occidente. Il confine fisico e metafisico che, una volta varcato, ci porterebbe all’apocalisse riguarda quindi non soltanto Volodymyr Zelensky e i suoi, ma l’intero schieramento “predatore” che — secondo la propaganda di Mosca — minaccia di incenerire in un corto circuito finale il mondo russo, i suoi interessi vitali e valori patriottici, la cultura stessa dei piccoli e grandi padri. Per questo Vladimir Putin proclama di non potersi e volersi fermare. Mobilita truppe e mezzi, non esclude l’apertura di un fronte settentrionale dalla Bielorussia, progetta un’altra offensiva che dovrebbe ristabilire il primato di Golia su Davide, data la sproporzione delle forze - demografiche, militari - in campo. […] Può mai Putin, che è causa della catastrofe, proporsi come il broker della riduzione del danno che ha provocato? Sarà mai affidabile, credibile, conseguente? È lo stesso schema di gioco internazionale che sta tentando Assad, cavalcando la disperazione assoluta seguita al terremoto in Siria, per recuperare centralità dopo 12 anni di bombardamenti e crimini contro l’umanità - l’umanità del suo stesso popolo, per altro. La risposta, 365 giorni dopo, è che fermarsi — se non indietreggiare — sarebbe più pericoloso e doloroso di non fermarsi. Torniamo allora oggi alle immagini che ci colpirono quando tutto cominciò e non eravamo assuefatti. A quella dei giovani genitori di Mariupol che corrono al pronto soccorso con in braccio il loro neonato, ferito a morte. A quella della madre con al seguito figlia e figlio adolescenti, con trolley e trasportino dei cani, tutti riversi lungo il marciapiede sotto il ponte bombardato a Irpin. E ancora a quella del padre che, a una fermata del bus di Kharkiv, stringe la mano del suo ragazzo che sbuca dal telo rosso: lo sguardo nel vuoto, vorrebbe restare lì, inginocchiato a terra, aggrappato per sempre all’ultimo contatto, pelle con pelle.Torniamo a un anno fa anche se siamo stanchi dell’orrore. O, meglio, proprio perché siamo stanchi e vorremmo scivolare in un’indifferenza collettiva che ci faccia da cuscinetto geopolitico rispetto al fronte orientale, da cuscino di piume e d’oblio quando arriviamo a casa la sera già provati dalle nostre giornate.

Barbara Stefanelli, Sette - Corriere della Sera (24/2/2023)

Canzone del giorno: Why Can't We Live Together (1972) - Timmy Thomas
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